Scalfaro: non sono un voltagabbana di Renato Rizzo

Scalfaro: non sono un voltagabbana Il Capo dello Stato a Modena: i corrotti se ne vadano per sempre dalla vita politica Scalfaro: non sono un voltagabbana «Con i bubboni il bisturi è indispensabile» MODENA DAL NOSTRO INVIATO La voce è l'amabile rìnghio di chi non si sottrae alla polemica e, anzi, la attizza: «So che a certi pare strana la coerenza - scandisce Oscar Luigi Scalfaro - eppure io non ho cambiato idea. Lascio ai commentatori il diritto di valutare le cose come ritengono opportuno: io ho parlato di fatti concreti e credo che il pensiero del Capo dello Stato sulla realtà di sofferenza che viviamo non abbia lasciato dubbi a nessuno». Parte quasi a freddo, il Presidente, incontrando, nella residenza del prefetto, 37 sindaci della provincia di Modena che gli consegnano un documento in cui si dichiarano contrari alle autoassoluzioni di quanti hanno degradato le istituzioni. Vuole dire: nessun voltafaccia, da parte mia, sul decreto bocciato; nessun «tradimento» nei confronti del Guardasigilli dopo aver fiutato, come hanno chiosato alcuni, il vento contrario dell'opinione pubblica e, soprattutto, l'avverso parere del pool milanese di «Mani pulite». Si difende contrattaccando, il Capo dello Stato, in queste ore di visita a Modena. E, per avallare l'orgogliosa fermezza di idee e di princìpi, ricorda il filo logico che lega il suo messaggio di fine anno al discorso tenuto un paio di settimane fa agli studenti del collegio Ghislieri di Pavia: «Chi è incappato nel codice penale - aveva ammonito la sera del 31 dicembre - deve pagare. E' un tema che non tollera incertezze né colpi di spugna». Un «no» a soluzionicandeggina ribadito nel botta e risposta con i ragazzi lombardi: «I corrotti restituiscano il maltolto e se ne vadano lasciando per sempre la vita politica». Il filo, afferma Scalfaro, non si è strappato in questi concitati giorni in cui egli non ha voluto firmare la soluzione politica per Tangentopoli avanzata dal governo. Anzi: il rifiuto è, per il Presidente, una ulteriore tappa di questa coerenza perché - si intuisce tra le pieghe di questa querelle - lui non ha né spinto né, in qualche modo, avallato «quel» decreto prima di bocciarlo. Non un voltagabbana e neppure un sognatore perso dietro un ottimismo di maniera: Oscar Luigi Scalfato trova altra vis polemica anche nei confronti di quanti l'accusano di vedere troppo rosa oltre la siepe della crisi. «Io non parlo mai di sógni - dice -. Parlo della situazione in cui tutti viviamo, dove c'è una parte ammalata, ma, grazie a Dio, pure molte parti sane. Dico che bisogna difendere questa libertà, questa democrazia, che mostra momen- ti anche gravi di malattia, facendo forza sui valori fondamentali e su una ferma volontà. Soltanto così questo periodo sarà superato». Annunciando queste certezze, il Capo dello Stato disegna il volto di un'Italia il cui «patrimonio di ricchezze e di sangue» non deve andare disperso. E' l'Italia che, oggi, lotta contro la peste di Tangentopoli e guarda con angoscia «i bubboni» del proprio male: «Certo, i bubboni ci sono ed hanno bisogno dell'incisione del bisturi». E, certo, non possiamo mentire a noi stessi dicendo che i chirurghi intervengono sul tessuto sano e non su quello infetto: «Dobbiamo avere l'umiltà di riconoscerlo e di trarne le conseguenze. Ma guai a dire che tutta la nostra patria è marcia: non è vero». Un altro soffio di questo ottimismo vissuto con i piedi per terra Scalfaro lo regala ai 300 cadetti dell'Accademia Militare che prestano il loro giuramento nell'antico cortile di Palazzo Ducale: «Sentitevi parte di un popolo che ha ricchezze morali senza fine e che, fino a quando sarà capace di chiamare male il male, vivrà nella verità». Ma non dimentica che, schierati in armi davanti a lui e al ministro della Difesa, Andò, ci sono ragazzi di 20 anni attanagliati dall'emozione. E che, sulle tribune, si sente, palpabile, la commozione di genitori e fidanzate. «Penso alle dolci lacrime di mia madre quando mi vide, soldatino, andare sotto leva», dice Scalfaro. Ma, subito dopo, l'elegia scompare lasciando il posto alla prosa di una realtà che, come osserva il gen. Zignani, coman¬ dante dell'Accademia, mostra «una nazione percorsa da sentimenti di sconcerto e insidiata da suggestioni disgregatrici». Il Capo dello Stato ribadisce l'invito all'impegno, al piccolo, affascinante «coraggio che si rinnova ogni ora». E, nel pomeriggio, di fronte ad altri ragazzi, studenti dell'università, riporta in vetrina l'ottimismo: «Non fatevi deprimere dai nostri errori». Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Renato Rizzo «Guai a dire che tutta la nostra patria è marcia» II presidente Scalfaro all'Accademia militare di Modena con il ministro della Difesa Andò. Sopra il ministro • della Giustizia Giovanni Conso

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