La lira vacilla ma tiene di Francesco Bullo

La lira vacilla ma tiene Il ministro Barucci: rientreremo nello Sme appena possibile La lira vacilla ma tiene Modigliani: «Svalutare ancora» ROMA. La lira vacilla, ha il fiato corto, ma non precipita. Neppure all'annuncio delle manette ai presidenti Agip, Snam, Saipem, ha piegato le ginocchia. Il terreno pare si stia spianando di fronte ad una riduzione dei tassi tedeschi. Nella seduta di ieri ha prima contenuto la flessione e poi ha «compensato». Conclusione: il marco ha chiuso a 965 lire e il dollaro a 1611,6 (dopo aver toccato quota 1618,5). La situazione è difficile ma non sembra drammatica. E il ministro del Tesoro, Barucci, manda un chiaro segnale di fiducia: «La lira rientrerà nel sistema monetario europeo appena possibile. La sua caduta non è che un fenomeno passeggero che non riflette lo stato di salute di un Paese in via di risanamento». Ottimismo, dunque, seppur cauto. Il ministro, in un'intervista al quotidiano francese «Le Figaro», si è soffermato anche sulle privatizzazioni assicurando che la «quota del Credito Italiano sarà ceduta interamente, che toccherà alla Merryl Lynch fornire la soluzione, forse con un nocciolo duro del 30% e che, in generale, non c'è alcun ritardo nell'attuazione del piano di privatizzazioni». L'esperienza di altri Paesi - ha aggiunto - insegna d'altra parte che «è molto difficile realizzare un programma di questa portata in meno di 12-14 mesi». Il ministro del Tesoro ha riconosciuto che «ogni nuova perturbazione politica e giudiziaria provoca la perdita di qualche punto nella quotazione della lira, soprattutto di fronte al marco, ma in un campo di variazioni ben definito». D'altra parte Barucci ha tenuto a sottolineare alcuni elementi positivi nel quadro economico italiano: «L'inflazione in costante diminuzione, il bilancio dello Stato che per la prima volta, dopo trent'anni, ha registrato un'eccedenza al netto degli interessi, le imprese che cominciano a riprendere fiato. Certo, il tasso di disoccupazione è consistente, ma non superiore a quello dei nostri partner europei». Per l'Italia la via non è facile. «Per riportarla sulla strada giusta - dice il premio Nobel Franco Modigliani - è necessaria una nuova svalutazione». E aggiunge: «In queste condizioni, la svalutazione è inevitabile, è nell'interesse del Paese, e deve essere accettata con i sacrifici che l'accompagnano, che sono sacrifici di salario reale e sacrifici di potere d'acquisto compresi i salari. Questo vuol dire accettare il fatto della svalutazione per tornare sulla strada giusta». Eppure, secondo le statistiche Cee, l'Italia resta la quinta potenza industriale. Una statistica che convince solo a metà gli industriali. Il presidente della Fiat Gianni Agnelli, a margine della giunta confindustriale, invita a distinguere: «Si continua a dire che l'Italia è la quarta o la quinta potenza. La realtà che conta è il prodotto. La Cee fa la media "prò capite", ma quello che è importante, anche in un'azienda, non è il fatturato ma l'utile: se si misura solo il fatturato, noi siamo davanti all'Inghilterra. E' un gioco che si fa spesso, ma non è importante». Meno pessimista l'amministratore delegato della casa di Torino, Cesare Romiti: «Se Eurostat dice che siamo la quinta potenza industriale, ci si può credere». De Benedetti, dal canto suo, non crede alle classifiche, „ nemmeno quando sono positive: «Ogni tanto c'è in giro troppo pessimismo, e ogni tanto troppo ottimismo. Le classifiche è meglio lasciarle perdere, quando abbiamo cominciato a farle abbiamo visto che le cose andavano peggio di come si credeva». Francesco Bullo Piero Barucci

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