Goethe e il cipresso

Goethe e il cipresso Nel magnifico Giardino Giusti di Verona Goethe e il cipresso Grotte, labirinti in bosso e una trattoria centenaria INCREDIBILMENTE alti e aguzzi, piantati in tutto il giardino, danno al luogo l'aspetto di uno di quei posti in cui i maghi tengono il Sabba»: sono i cipressi del Giardino Giusti di Verona, come li descrive Charles de Brosses nelle sue «Lettere dall'Italia» del 1740 e come li si può vedere anche oggi. Superata la soglia del giardino, ecco di fronte il lungo viale dei cipressi che collega il palazzo Giusti al colle di San Zeno, la rupe che ne segna il confine. In fondo al viale si intrawede l'ingresso di una grotta, sovrastata da un grande, diabolico mascherone con le fauci spalancate, dalle quali il conte Giusti, per impressionare i suoi ospiti, faceva uscire lingue di fuoco. La grotta, scavata nella rupe, era un antro nel quale giochi di specchi, eco di voci e scrosciare di acque confondevano il visitatore, il quale, se riusciva a ritrovare l'uscita, incontrava poi sul suo cammino altre grotte, tutte ormai abbandonate, e un labirinto in bosso nel quale rischiava ancora di smarrirsi, come capitò a De Brosses. E' un labirinto piccolo, ma dal tracciato molto complicato, uno dei più antichi d'Europa, attualmente in fase di restauro. Le sue pareti in bosso, per evitare guai con i visitatori, sono state ridotte a poco più di un metro d'altezza. Anche Goethe, quando passò per Verona, nel 1786, per prima cosa volle andare a visitare il celebre giardino, giunto intatto fino a noi, secondo lo schema voluto nel Cinquecento dal conte Agostino Giusti. Un giardino che già allora aveva suscitato l'ammirazione dei veronesi. Goethe, come tutti i visitatori, staccò dai cipressi alcuni rametti, perché considerati dalla tradizione po- polare efficaci amuleti, protettori della virilità. Fra i vecchi cipressi, il più grande si trova proprio all'ingresso del giardino. Alto 25 metri e con una circonferenza di 4 metri, è noto come il «Cipresso di Goethe», l'albero sotto il quale vengono a farsi fotografare ogni giorno molte coppie di giovani sposi veronesi, in omaggio all'antica tradizione. L'età del cipresso, secondo i calcoli dello stesso Goethe, dovrebbe superare i 500 anni e sarebbe quindi stato piantato nel Quattrocento, quando il giardino era poco più di un orto, prima della radicale trasformazione voluta dal conte Giusti. «Il cipresso è molto più vecchio, ha almeno 900 anni - insisteva con noi l'anziano giardiniere, recentemente scomparso, Guido Filippini, aggiungendo forse qualche anno di troppo all'albero che amava più di ogni altro e al quale accompagnava tutti i visitatori - sono stato io a curarlo quando gli esperti lo davano ormai per spacciato. Nel 1980 l'ho ripulito e ho riempito la cavità, che si era creata negli anni, con 27 quintali di ghiaia e 6 di cemento». Cura drastica, ma efficace, che ha ridato vita al cipresso, a dispetto del micidiale «cancro dei cipressi», che decima questa specie. A Verona non mancano certo grandi alberghi e ottimi risto- Verona. Il cipres ranti, i prezzi però sono alti. La trattoria da segnalare, quella preferita dai veronesi, è «Ciccarelli», in via Mantovana 171, tel. 045/953.986, a Madonna di Dossobuono, alla periferia della città. Una trattoria gestita per duecento anni dalla stessa famiglia che oggi l'ha ceduta ai suoi vecchi dipendenti. Pochi piatti, sempre gli stessi, nel menù: pasta e fasoi, tagliatelle ai fegatini di pollo, al pomodoro o al sugo di carne, un carrello di arrosti e di bolliti con pearà, salsa verde e salsa al rafano, creme caramel o frutta cotta. Il locale conserva un'atmosfera casalinga e anche i piatti sembrano usciti dalla cucina di una vecchia zia, di quelle di un tempo che custodivano gelosamente i segreti delle loro ricette. I vini della casa, Soave o Valpolicella, sono sinceri e il conto non supera mai le 40 mila lire. Tutto questo spiega il successo della trattoria dove, senza prenotazione, è impossibile entrare. Federico Peiretti Verona. Il cipresso detto «di Goethe», nel Giardino Giusti