Le manette fermano i «corrieri» dei clan

Le manette fermano i «corrieri» dei clan Blitz dei carabinieri nel regno della nuova mafia di Agrigento: emessi cinquantatré ordini di cattura Le manette fermano i «corrieri» dei clan In carcere sono finiti i riciclatori di narcomarchi L'operazione condotta assieme agli agenti tedeschi AGRIGENTO NOSTRO SERVIZIO In un'operazione denominata «Quadrifoglio» i carabinieri del gruppo Agrigento, del Ros e la Dka, la polizia tedesca, hanno stretto nella morsa 53 presunti mafiosi e membri dell'organizzazione parallela delle «stidde» che ha provato con successo a soppiantare i boss di Cosa nostra. Tra ieri notte e l'alba 19 arresti, dieci sono sfuggiti alla cattura e ad altre 24 persone gli ordini di custodia cautelare sono stati notificati in carcere. Si indaga anche tra Francoforte, Colonia e Monaco di Baviera, nelle colonie di emigrati agrigentini dove i boss riciclano fiumi di narcolire e narcodollari che, investiti, diventano narcomarchi. Soldi ricavati non solo dalla droga, ma pure da estorsioni, rapine e appalti. Spuntano come funghi, così, pizzerie, discoteche, ristoranti-bar, negozi di abbigliamento. Si parla di una «pizza conne¬ ction» come quella scoperta agli inizi degli Anni 80 nel New Jersey e per la quale le corti federali statunitensi hanno inflitto pesanti condanne, una delle quali a Gaetano Badalamenti, l'arcigno boss di Cinisi in conflitto con Totò Riina e da questi detronizzato da presidente del tribunale della mafia. La nuova operazione è stata denominata «Quadrifoglio», come hanno spiegato gli ufficiali dei carabinieri e il procuratore di Palermo Giancarlo Caselli nella qualità di responsabile della locale direzione distrettuale antimafia, per un «dovuto omaggio» a quattro illustri caduti nella guerra ai mafiosi: i giudici Paolo Borsellino, Antonino Saetta, Rosario Livatino e il maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli. Tutti assassinati in spietati agguati. Ultimo dei quattro a essere ucciso il procuratore Borsellino: indagava sulle ramificazioni della criminalità mafiosa agrigentina in Germania. For¬ se Borsellino si era convinto che nella strage Falcone il 23 maggio dell'anno scorso avessero agito anche alcuni «picciotti» dei gruppi agrigentini fedeli all'ortodossia del clan dei corleonesi. Nella «Quadrifoglio» sono stati inclusi 13 mafiosi «puri» e 40 dei gruppi emergenti delle «stidde». Fra questi ultimi un fratello e un cugino di Gaetano Puzzangaro, di Palma di Montechiaro, estradato in Italia dalla Germania nei mesi scorsi e indicato come uno dei proba¬ bili killer del giudice Livatino (21 settembre 1990), delitto per il quale la corte d'assise di Caltanissetta ha già inflitto l'ergastolo a Luigi Pace e Paolo Amico, altri due giovani paimesi sospettati di essere pendolari del crimine fra Germania e Sicilia. «Stiddari» gli investigatori definiscono anche Bruno, Giuseppe e Carmelo Grassonelli (già in prigione i primi due, latitante il terzo), appartenenti all'omonimo clan di Porto Empedocle. Sono state determi- nanti le rivelazioni di 11 pentiti, uno dei quali dell'Agrigentino. Sarebbe Gioacchino Schembri che, decidendo di lasciare le cosche, ha cominciato l'anno scorso a Mannheim a collaborare con la giustizia. I 53 sono accusati di associazione mafiosa finalizzata a omocidi, rapine, estorsioni, commercio di droga e appalti pubblici. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state firmate dal giudice per le indagini preliminari Renato Grillo su richiesta dei sostituti Maria Teresa Principato, Ambrogio Cartosio e Vittorio Teresi. L'operazione, che Caselli ha definito «molto importante», è il naturale seguito delle precedenti «Gattopardo» e «Mastino», così denominate l'anno scorso perché centrate su Palma di Montechiaro, il paese di Giuseppe Lanza Tornasi, l'autore del celebre romanzo, e perché il maresciallo Guazzelli era ritenuto, appunto, un vero mastino. Antonio Ravidà Nella rete dei carabinieri sono finite diciannove persone