Quattro domande di Lucio Magri di Lucio Magri
Quattro domande di Lucio Magri LETTERA Quattro domande di Lucio Magri Caro Direttore, ho spesso rappresentato posizioni politiche minoritarie ed estreme ma, per temperamento e forma mentale, ho anche concesso sempre molto poco alle manifestazioni plateali di protesta, alla frase scarlatta. Anche ora, come capogruppo alla Camera, se mi capita dì sbagliare, è più per un tono troppo misurato e una ingenua fiducia nel valore delle argomentazioni. Tuttavia mi ha stupito, e un po' amareggiato, l'editoriale con il quale il professor Bobbio ha criticato a tal punto le proteste sollevatesi in Senato, da arrivare alla conclusione che sono queste a delegittimare moralmente il Parlamento e che, dopo di esse, avrebbe votato a favore delle dichiarazioni del governo. Per spiegare il perché mi sia consentita qualche osservazione, in forma di domanda. 1) Se il compagno Libertini, rinunciando a gridare, avesse sommessamente svolto il migliore discorso della sua vita, e il migliore in tutto il dibattito, avrebbe ottenuto un piccolo resoconto sulla Stampa, e l'onore di una replica del professor Bobbio? Non voglio dire che per essere ascoltati dentro e fuori il Parlamento anziché ragionare occorra sempre gridare. Voglio dire solo che una corretta vita democratica, per essere reale, avrebbe bisogno del rispetto delle tesi anche delle minoranze, e di non essere soffocata da una informazione manipolata: la violenza della censura non è meno grave di quella delle gazzarre. 2) C'è o non c'è oggi una delegittimazione morale delle istituzioni che nasce anzitutto e soprattutto dall'emergere del fatto che per molti anni in Italia è esistito un sistema di potere, di cui erano protagonisti i massimi vertici della politica e della economia; che ministri e parlamentari della maggioranza sono inquisiti, e che, ciò nonostante, a governare il Paese restino gli stessi uomini, gli stessi partiti, la stessa maggioranza? Che non si sia neppure tentato un ricambio, e il solo rinnovamento sia quello imposto dalle inchieste giudiziarie? 3) E' vero o no che proprio un governo così compromesso abbia tentato una «soluzione politica» della vicenda tangentopoli più o meno nel segno di un colpo di spugna e di un declassamento dei reati e delle pene? Che contro tali misure ci sia stata una sollevazione dell'opinione, una protesta della magistratura espropriata, poi via via un pronunciamento di tutta la stampa, alla fine una dissociazione del Capo dello Stato? E che il governo, anziché dimettersi di fronte a una tale sconfitta abbia riproposto la stessa linea solo aggirando l'obiezione costituzionale rivolta al decreto per il contrasto che interveniva con un referendum già convocato? 4) Infine, la pretesa che sia un siffatto Parlamento ad assumere il ruolo supremo di assemblea costituente, e a riscrivere le regole prima di una verifica elettorale, non costituisce una forzatura anche agli occhidi chi la ritiene necessaria e dunque non legittima proteste e non solo obiezioni da parte di chi la rifiuta? Ecco perché quella di Bobbio non mi è parsa solo una critica, ma un rovesciamento della responsabilità, che contraddice la sua fama di intellettuale serio e di politico equanime. Ludo Magri
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