«Arrestate Craxi e Martelli» Panico, ma era un equivoco di Giovanni Bianconi

«Arrestate Craxi e Martelli» Panico, ma era un equivoco Accusa di bancarotta fraudolenta per l'ex leader psi e il suo delfino: «Hanno truffato Calvi» «Arrestate Craxi e Martelli» Panico, ma era un equivoco ROMA. La voce è corsa velocissima, creando il panico in Parlamento; in pochi minuti era sulla bocca di tutti: i giudici di «Mani pulite» hanno chiesto l'autorizzazione all'arresto per Craxi e Martelli. Dopo un'ora però s'è sgonfiato tutto, con la stessa velocità, il tempo di leggere attentamnte le carte arrivate da Milano: no, nessuna richiesta di arresto, era tutto un equivoco. Di Pietro e colleghi hanno semplicemnte domandato di essere liberi, in futuro, di qualificare giuridicamente gli stessi fatti contestati finora, cambiando se necessario le ipotesi di reato. Ma le trentaquattro pagine arrivate a Montecitorio, siglate dal procuratore di Milano Borrelli, dall'aggiunto D'Ambrosio e da quattro sostituti, sono ugualmente un atto d'accusa pesantissimo contro Craxi e Martelli. I destini dei.due ex-leader del psi - ieri alleati e oggi nemici - vengono accumunati nell'accusa di bancarotta fraudolenta: per i magistrati sono tra i principali protagonisti della vicenda del conto Protezione e di una vera e propria truffa ai danni del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. In quelle carte ci sono le deposizioni di Silvano Larini, di Licio Gelli, di Florio Fiorini e di altri testimoni o imputati che ricostruiscono la vicenda della tangente da sette milioni di dollari versata al psi. Era la fine d'ottobre del 1980, e Larini si vide accreditare sul proprio conto n. 633369 dell'Ubs di Lugano, 3 milioni e mezzo di dollari. «Mi allarmai - ha raccontato Larini ai magistrati - e chiesi spiegazioni all'on. Craxi... Craxi mi disse che in realtà si trattava di un finanziamento al psi effettuato sull'estero dal Banco Ambrosiano... L'accredito di 3,5 milioni di dollari non esauriva il finanziamento, ma ne costituiva solo la prima metà. Aggiunse che Claudio Martelli aveva concordato che il Banco Ambrosiano facesse pervenire la cifra complessiva di 7 milioni di dollari... Craxi mi spiegò che il partito aveva una posizione debitoria particolarmente rilevante nei confronti del Banco Ambrosiano, e che per tale ragione era stato concordato un sostegno sull'estero, onde consentire al partito di ridurre siffatta posizione debitoria nei confronti della banca milanese». La storia, in sistensi, è tutta in queste battute: Craxi e Martelli registi di un finanziamento che servirà a ripianare un debito concesso dallo stesso creditore. Roberto Calvi infatti dava i soldi al psi all'estero per riaverli in Italia. In cambio di che? Di un finanziamento di 50 milioni di dollari da parte della Tradinvest del gruppo Eni al Banco Ambrosiano Andino. Dell'operazione - col ruolo di tramite tra il psi e Calvi - secondo le indagini si occupò anche Licio Gelli. L'exGran Maestro della P2 - riferiscono i magistrati milanesi che l'hanno interrogato il 17 febbraio - «ha evidenziato di aver discusso dell'argomento anche con l'on. Craxi. Ha aggiunto altresì di aver ricevuto direttamente dall'ori. Martelli, presso l'hotel Excelsior di Roma, le indicazioni relative ai dati del conto bancario svizzero, dati successivamente da lui comunicati al Calvi». Martelli nega quest'ultima circostanza, così come nega di essere un protagonista dell'operazione finanziaria: Craxi, presente Larini, gli comunicò i dati del conto Protezione, ma solo per farli trasmettere ad Antonio Natali (ex-senatore psi, deceduto). Larini, di fronte alle dichiarazioni di Martelli, ribatte: «Conoscevo Natali, e lo frequentavo non meno, ma anzi di più, di quanto potesse fare l'on. Martelli... Davvero non vedo proprio perché mai l'on. Craxi, per comunicare i dati di un mio conto svizzero a Natali, dovesse passare attraverso l'on. Martelli». Il contratto del finanziamento della società Eni al Banco Andino di Calvi venne firmato il 1° dicembre 1980. Quando poi nell'81, tra le carte di Gelli, fu trovato l'appunto sul conto Protezione, in casa Eni scattò la controffensiva. Scrivono i magistrati di «Mani pulite»: «Il Fiorini, all'epoca direttore finanziario dell'Eni, era stato incaricato dal Di Donna (all'epoca vicepresidente dell'Eni, ndr) di intervenire presso il presidente dell'Ubs affinché venisse svolta ogni opposizione possibile alle richieste della magistratura italiana di conoscere il nome del titolare del conto Protezione. A dire del Fiorini il Di Don- na gli raccomandò tale intervento dicendogli che il titolare del conto era un alter ego dell'on. Craxi, e che quest'ultimo era particolarmente preoccupato giacché il problema del conto Protezione rischiava di compromettere la sua attività politica... Il predetto Di Donna, dal canto suo, si sarebbe incaricato di ottenere l'archiviazione del processo in Italia». Il segreto svizzero sul conto Protezione è durato fino al gennaio '93, l'inchiesta della magistratura romana fu archiviata dieci anni prima, nel giugno 1983. Giovanni Bianconi Bettino Craxi Alla Camera 34 pagine firmate dal procuratore di Milano Borrelli dall'aggiunto D'Ambrosio e da 4 sostituti con l'accusa di bancarotta fraudolenta

Luoghi citati: Don, Italia, Milano, Roma