L'Europa unita comincia a tavola di Mirella Serri
L'Europa unita comincia a tavola La grande collana Laterza diretta da Le Goff L'Europa unita comincia a tavola C— ROMA RANDE bouffe e pane e terra, farina e ghiande, pane ed erba, pane e ba I sta. Da una parte i ricchi, dall'altra i miserabili. Una linea rossa si dipana nella storia dal Medioevo a oggi e indica che, nonostante le tante differenze tra popoli diseguali, sono cresciuti una cultura ed un linguaggio comune: quelli del rapporto con il cibo. L'immagine dell'Europa unita si legge anche nei menù e la «tavola», nei secoli, è lo specchio di tante affinità. Lo sostiene Massimo Montanari in La fame e l'abbondanza. Una storia dell'alimentazione che uscirà tra breve da Laterza. Il libro nasce all'interno del progetto «fare l'Europa», diretto da Jacques Le Goff. La collana, che è stata presentata ieri nella sede romana della Laterza, è in cantiere dal 1988: in quell'anno cinque editori - il tedesco Beck, l'inglese Blackwell, lo spagnolo Critica, il francese Seuil e la Laterza per l'Italia - si sono messi al tavolino per ideare i volumi dedicati all'Europa che adesso cominciano ad uscire in simultanea nei rispettivi Paesi. I primi titoli sono La città nella storia d'Europa di Leonardo Benevolo e L'Europa e il mare di Michel Mollat du Jourdin, a cui seguiranno il libro di Montanari e L'Europa e la lingua perfetta di Umberto Eco. Ma come nasce questa Europa unita nelle consuetudini alimentari? «Comincia dal terzo secolo e arriva alla fine del Settecento. Questo processo ha inizio con un'integrazione tra romani e barbari, tra una civiltà fondata sull'agricoltura, e cioè sul pane, ed una civiltà, come quella dei germani, che aveva le proprie risorse nella caccia e nell'allevamento, cioè nella carne. Fin dal Duecento i libri di cucina sono gli stessi in tutta Europa. Un dato costante nella storia del conti¬ nente è l'alternanza violenta tra momenti di penuria e di abbondanza che coinvolge tutti i ceti sociali, fino alla rivoluzione industriale. Il mito della pancia piena non conosce distinzione di classi: chi ha più potere mangia di più ed ostenta il cibo come simbolo di forza». Le carestie dei secoli passati hanno analogie con quella attuale del Terzo Mondo? «La povertà di oggi mi sembra molto più drammatica. Intanto, contrariamente a quel che di solito si crede, il Medioevo non è stato il periodo storico con la maggiore scarsezza alimentare. I secoli più affamati sono stati quello dei Lumi e, in parte, anche il Trecento. In entrambi i casi abbiamo assistito ad un'esplosione demografica ma non ad una maggiore capacità produttiva. Nel Trecento si è anche aggiunta la peste. Ma mentre le economie agricole del passato erano autosufficienti, oggi i Paesi del Terzo Mondo soffrono del male contrario, quello di non aver avuto uno sviluppo locale. Ed è stata proprio l'Europa, nel caso dell'Africa, ad averglielo inibito per motivi coloniali». Come si è differenziato il modo di mangiare tra l'Europa del Nord e del Sud? «E' stata la Riforma a cancellare le abitudini diffuse dalla Chiesa. E cioè l'alternanza di alimenti vegetali e animali a seconda dei periodi di astinenza. Nel contempo c'è un'altra trasformazione "unitaria" ed europea: con la scoperta dell'America le tavole dei più poveri perdono in varietà. Nel Medioevo i pasti dei meno abbienti erano anche arricchiti di frequente dalla carne. Con i prodotti che cominciarono ad arrivare dal Nuovo Mondo, con patate e mais il menù si impoverisce. I piatti sono più pieni a scapito della qualità». Mirella Serri Massimo Montanari in «La fame e l'abbondanza Una storia della alimentazione» sostiene che l'immagine dell'Europa unita anche nei menù
Persone citate: Beck, Blackwell, Jacques Le Goff, Le Goff, Leonardo Benevolo, Massimo Montanari, Michel Mollat, Montanari, Umberto Eco
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