«In quella cella l'hanno ucciso»
«In quella cella l'hanno ucciso» Madre-detective riapre il caso del ragazzo morto in prigione a Biella nell'aprile '92 «In quella cella l'hanno ucciso» Fotografie del corpo per dimostrare l'omicidio UN SUICIDIO SOSPETTO ABIELLA PRILE 1992: nel carcere alla periferia della città muore un detenuto. Si chiama Pierangelo Marani, ha 27 anni, è di Voghera. Disgrazia, dirà l'autopsia, forse suicidio; delitto sostengono invece i parenti. Domani saranno ospiti a «I fatti vostri» su Rai 2 per raccontare la loro storia, ma soprattutto per chiedere giustizia. Pierangelo Marani, muratore, era finito in cella per una storia di droga. Era entrato nel giro a 16 anni, aveva tentato più volte di uscirne, dedicandosi con passione allo sport: calcio e pugilato. Un primo risultato concreto l'aveva ottenuto durante il servizio militare. «Dodici mesi di naja gli avevano fatto bene - dice Giovanni Appello, padrino del ragazzo ma al ritorno a casa aveva ripreso a frequentare le vecchie amicizie e la droga era ricomparsa nella sua vita». Qualche tentativo non riuscito per disintossicarsi, i primi guai con la giustizia, poi una condanna e il carcere a Biella. Giovanni Appello, 65 anni, due figlie, fa il muratore (ha insegnato lui il mestiere a Pierangelo): il ragazzo è praticamente vissuto a casa sua, tutti in famiglia gli erano affezionati. Il ricordo di Pierangelo è ancora molto vivo nella piccola casa di Voghera ed è quel ricordo, l'amore che nutrivano per il ragazzo che li spinge a chiedere con decisione la riapertura del caso. Pierangelo è stato trovato in cella ormai senza vita la sera del 14 aprile. L'autopsia stabilisce che la morte è avvenuta per asfissia, probabilmente dovuta all'inalazione di gas butano da una bomboletta che alimenta un fornellino. Le indagini avanzano una spiegazione: forse Pierangelo Marani ha voluto uccidersi, o forse ha inalato il gas per cercare sensazioni forti (una pratica diffusa tra i tossicodipendenti in carcere) ed è rimasto ucciso. La procura di Biella chiude il caso. Ma per Giovanni Appello e Mirella Sammataro, la mamma del giovane, la vicenda è tutt'altro che chiusa. Il padrino si improvvisa detective e, all'obitorio di Biella, fotografa il corpo di Pierangelo. Poi chiede la consulenza del professor Antonio Fornari, ordinario di Medicina Legale dell'Università di Pavia. Racconta Giovanni Appello: «Pierangelo aveva attorno al collo segni bluastri, come se qualcuno lo avesse strozzato. Altre ecchimosi erano visibili sul petto vicino ad un tatuaggio che Pierangelo si era fatto fare tempo prima. Ho letto i risultati dell'autopsia: si fa riferimento al tatuaggio a forma di pipistrello, lo si descrive nei dettagli e non si fa cenno alle ecchimosi quasi vicine. Ma soprattutto si ignorano i segni attorno al collo». Ma gli elementi del giallo sono altri due. Continua Giovanni Appello: «In base alla ricostruzione dell'accaduto, Pierangelo è morto alle 23,45, ma nel suo stomaco c'era del cibo non digerito: come è possibile, se in carcere l'ora di cena è alle 19? Non mi convice la tesi del suicidio per un altro motivo: Pierangelo era in carcere da tre mesi, ma ormai era disintossicato: non credo avesse bisogno di procurarsi sensazioni forti inalando del gas in alternativa alle sostanze stupefacenti». Giovanni Appello aveva potuto vedere Pierangelo qualche giorno prima. Ecco la testimo¬ nianza di quell'incontro: «Ero stato in carcere il 4 aprile, il giorno del suo compleanno: abbiamo parlato dei parenti, degli amici, del futuro, di quando sarebbe uscito di prigione. Era tranquillo. Sono soltanto un muratore, ma conoscevo bene il ragazzo e non ho avvertito tensioni tali da sfociare in un suicidio». Domani, in Rai, Giovanni Appello racconterà queste cose, parlerà di Pierangelo, solleverà i dubbi, presenterà i risultati della controperizia firmata dal professor Fornari di Pavia secondo il quale potrebbe sussistere l'ipotesi di «strozzamento o morte forzata per opera di terzi». Intanto un primo risultato Giovanni Appello e Mirella Sammataro l'hanno già ottenuto: la procura della Repubblica di Biella riprirà il caso sulla morte di Pierangelo Marani: se ne occuperà il sostituto procuratore Federico Panichi, acui è affidato il caso. Daniele Cabras «Nell'autopsia non hanno esaminato i segni sul collo» Di fianco il carcere di Biella. Sopra il magistrato Federico Panichi
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