E' Lucchese il re dei killer

E' Lucchese il re dei killer E' Lucchese il re dei killer Cinquanta delitti, preferito dal superboss ROMA. Da Carlo Alberto Dalla Chiesa e sua moglie, Emanuela Setti-Carraro ai commissari Montana e Cassare. E poi ancora, l'eliminazione degli altri due superkiller Pino Greco e Mario Prestifilippo, quella del capo dei «perdenti», Salvatore Inzerillo, e decine e decine di altri omicidi. A guidare il «gruppo di fuoco» più temuto di Cosa Nostra c'era sempre lui: Giuseppe Lucchese, detto «Lucchiseddu», il killer più fidato di Totò Riina. Il suo nome figura al primo posto nella tragica «hit parade» dei killer di Cosa Nostra. Trentaquattro anni, di Palermo, nato e cresciuto in una strada dal nome significativo - via dei Picciotti- Lucchese, arrestato due anni fa, è attualmente indicato dai pentiti come capo della famiglia di Ciaculli e componente della commissione provinciale. Per questa sua carica, nonostante fosse già detenuto, è accusato di essere uno dei mandanti dell'uccisione del deputato democristiano, Salvo Lima. Uno stile di vita completamente diverso da quello dei «paesani» di Corleone o di San Giuseppe Jato, attaccati alla proprietà e alla terra, il «cittadino» Lucchese amava girare per la penisola alloggiando nei migliori alberghi. Capace di spendere anche più di un milione a notte, ma sempre pronto a correre a Palermo per eseguire le «sentenze di morte» emanate dai capimandamento. I pentiti lo accusano di essere direttamente responsabile di oltre cinquanta omicidi. Più o meno quanto quelli commessi dagli altri due «superkiller» Pino Greco e Mario Prestifilippo, da lui stesso eliminati. Molto distanziati in questa macabra classifica, arrivano, sempre stando ai pentiti, altri «boia» di Cosa Nostra. Da Nino Madonia, figlio di «don Ciccio», a Giuseppe Giacomo Gambino, ad Agostino Marino Mannoia, a Giovanbattista Pullara, agli stessi pentiti Giovanni Drago e Pino Marchese. Segue, più distanziato, Pietro Aglieri, detto «U' signurinu» l'unico ancora latitante. Tornando a Lucchese, è lui a guidare il gruppo che fa fuori tre «amici» scomodi: Franco Mafara, Antonio Grado e Francesco Marino. Ed è sempre lui che organizza l'uccisione di An¬ tonio Casella, quella dell'ex presidente del Palermo calcio, Roberto Parisi, lui a «liquidare» Leonardo Rimi, ad uccidere nel febbraio 1989 il barone Antonio d'Onufrio e ad eliminare due mesi dopo Antonino Mineo, il «patriarca» di Bagheria. Il primo a inchiodarlo è Francesco Marino Mannoia, che lo accusa di ben 37 omicidi. L'odio di Mannoia per Lucchese deriva soprattutto dal fatto che «Lucchiseddu» è il responsabile dell'agguato nel quale vengono uccise la madre, la sorella e la zia. E' il 23 novembre 1989. Tra i killer c'è anche Giovanni Drago, che poi si è pentito ed ha raccontato tutto agli inquirenti. All'interno di Cosa nostra la sua ascesa incontra qualche opposizione. E' il caso di Vincenzo Puccio, che cerca invano di organizzare una fronda anti-corleonese. Durante la sua detenzione, criticando la decisione di Lucchese di incendiare la casa di Pino Greco, Puccio dice ad altri picciotti: «Quando esco dal carcere gli faccio saltare la testa». Finirà col cranio sfondato da una bistecchiera. [Adnkronos] Da sinistra il generale Dalla Chiesa e il commissario Cassare, uccisi da Lucchese, il killer più fidato di Riina

Luoghi citati: Bagheria, Corleone, Giovanbattista Pullara, Palermo, Roma, San Giuseppe Jato