«Il Congresso vuole giustiziare Eltsin» di Cesare Martinetti

«Il Congresso vuole giustiziare Eltsin» Non passa l'impeachment ma si discuterà l'abolizione dei poteri speciali del Presidente «Il Congresso vuole giustiziare Eltsin» I servizi segreti americani e europei «Non è mai stato tanto in difficoltà» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Solo, immobile come una statua di cera, muto come il bersaglio di un tirassegno, Boris Eltsin ha vissuto ieri dall'alto dell'ultimo banco della tribuna riservata al governo la sua giornata più difficile e drammatica. Davanti a lui il congresso ostile dei mille deputati di Russia che minuto dopo minuto gli ha sparato addosso critiche, accuse e contumelie che probabilmente si tradurranno oggi nell'approvazione di una risoluzione destinata a ridurre ulteriormente i suoi poteri ed il suo prestigio. Non sarà l'impeachment per il primo presidente democraticamente eletto, ma un sensibile azzoppamento: forse solo cedendo ancora posti di governo all'opposizione centrista potrà conservare il suo trono traballante. Ma fino a quando? Solo una volta abbiamo visto un movimento del presidente, paralizzato in un'impressionante catalessi umana e politica. E' stato quando la deputata Valentina Domnina, dopo l'intervento più applaudito, si è arrampicata sullo scranno presidenziale per consegnargli le lettere dei suoi elettori che sostanzialmente dicevano: «Boris Nikolaevic, possiamo vivere ancora un anno senza la nuova Costituzione, ma non senza mangiare». Eltsin, imbarazzato, ha stretto la mano alla deputata tra gli applausi ironici del congresso che in quell'istante rispondeva così alla sfida che lui stesso aveva lanciato chiedendo di approvare un referendum che gli desse più potere. Per difendere quello che gli è rimasto, invece, Boris Eltsin ha mandato in campo nei corridoi dell'assemblea e in altre stanze chiuse del potere il suo uomo Serghej Shakraj impegnandolo in una trattativa con l'Unione civica, quel «centro» politico moderato costituito da nuovi imprenditori e vecchi direttori delle aziende di Stato che da tempo condizionano le scelte del governo chiedendo più moderazione nella modernizzazione radicale dell'economia e nella privatizzazione selvaggia. Se intesa ci sarà, sarà proprio sui posti di governo. Shakraj ha parlato con Vassilj Lipizkj, del partito che fa capo al vicepresidente Rutzkoi e che fa parte dell'Unione civica. Per ora, nell'arena del congresso, i deputati dell'«Unione» hanno dato segni contraddittori: da un lato non hanno consentito alla proposta dell'estremista Mikhail Astafiev di mettere subito sotto processo Eltsin, dall'altra molti voti di Unione civica si sono uniti a quelli del calderone dell'opposizione per mantenere all'ordine del giorno del congresso la minaccia dell'impeachment. Eltsin è passato da un rovescio all'altro. Di prima mattina aveva chiesto con una lettera ai deputati di ritirare dall'ordine del giorno il secondo punto, quello sulla costituzionalità delle decisioni del potere esecutivo (che potrebbe portare alla sua destituzione) ma i deputati gli hanno detto no: 480 contro 358 e 49 astenuti. Poi 418 (contro 341) hanno detto sì alla proposta Astaviev di mandare subito il presidente a processo: una maggioranza notevole, ma non sufficiente (avrebbero dovuto essere 689 voti, i due terzi) per un voto che manifesta comunque l'esitazione del Congresso verso scelte estreme. Infine il colpo più duro, la conferma di quell'ordine del giorno che il presidente non voleva: 693 voti contro appena 131 e 16 astenuti. A questo punto il portavoce di Eltsin, Viacheslav Kostikov, è comparso nella sala stampa del Cremlino rosso in viso e palesemente scosso. «Il congresso sta giustiziando il presidente: molti si accaniscono ad alzare barricate invece di cercare l'intesa». Il presidente rinuncia al referendum? «No - ha detto Kostikov -, ma è disponibile a rimandarlo». E infine: «Siamo ad un punto pericoloso, il fragile equilibrio trovato nello scorso congresso, a dicembre, è in bilico. Se cadrà, sarà possibile una contrapposizione di forza tra i poteri». Il rischio di un golpe? Kostikov non ne ha parlato, ma Moskovskje Novosti ha rivelato ieri che comitati illegali di sciopero sono nati nelle forze armate tendenti ad alimentare un clima da colpo di Stato. E anche da Washington e dalla Germania rimbalzavano a Mosca notizie drammatizzanti. Cia e servizi segreti europei, ha rivelato al New York Times un dirigente dell'intelligence Usa, sono in allarme: Eltsin non è mai stato in così forte difficoltà, non è impensabile un colpo di stato militare. Per il giornale americano, il presidente russo ha bisogno più che mai che l'Occidente gli faccia quadrato intorno, non solo con nuovi aiuti, ma con continui attestati di appoggio politico. D'altra parte Clinton (che vedrà Eltsin a Vancouver il 4 aprile) sta premendo sui «sette grandi» per un mini-piano Marshall a favore dell'ex Urss. Il segretario di Stato Christopher ha reagito alle voci pessimistiche dichiarando che «Eltsin è un tipo deciso, pensiamo che possa farcela». Tempestato da telegrammi da tutta la Russia («Salvate il popolo semplice e conservate il socialismo», ha scritto da Minsk, per esempio, la famiglia Uliashenko), il Congresso dei deputati ha impietosamente stritolato tutte le mosse di Eltsin, compresa quella di formare una commissione «per il consenso». La «risoluzione» del congresso è già pronta: no al referendum, via i poteri supplementari concessi a dicembre. Stamattina toccherà anche al presidente della Corte Costituzionale Zorkin dire la sua sull'impeachment. Potrebbe essere il giustiziere di Eltsin che uscendo dal Cremlino ha calato l'ultima carta: «Com'è il congresso? Normale. Domani (oggi, ndr) parlo io». Cesare Martinetti Uno dei pochi dimostranti filo-Eltsin con un poster del Presidente davanti al Congresso dei deputati, ieri a Mosca [foto epa]