Giorgione, Tiziano, Tintoretto l'età d'oro di Venezia a Parigi

Giorgione, Tiziano, Tintoretto l'età d'oro di Venezia a Parigi Capolavori da tutto il mondo in mostra da oggi al Grand Palais Giorgione, Tiziano, Tintoretto l'età d'oro di Venezia a Parigi 1 PARIGI INAUGURA oggi al Grand Palais di Parigi, e protrarrà sino al 14 si giugno, la mostra Le siede de Titien. L'àge d'or de la peinture à Venise: quasi 170 dipinti, più di 100 disegni, da Giorgione e Tiziano fino a Tintorett'o.Veronese, al tardo Bassano «notturno». E' una rassegna oggi difficilmente pensabile altrove, resa possibile dal potenziale di reciprocità del Louvre, che ha permesso di far affluire opere da Berlino, Dresda e Monaco, Vienna e Anversa, Ottawa e Malibu, New York e Washington, Londra e Glasgow, Oxford e Windsor, Budapest e San Pietroburgo, Firenze e Venezia, Roma, Napoli e Milano. Proprio il direttore del Louvre e grand patron della mostra, Michel Laclotte, presenta orgogliosamente il tutto come un grand-opéra. E grand-opéra lo è davvero, senza particolari sottolineature che rimandino alla storia, alla società, alla sottile e complessa cultura veneziana del '500 (a parte le amplissime, minuziose schede del catalogo): pittura e solo pittura - e grafica vibrante di lumi e ombre e trasparenze pittoriche lungo le 19 sale della mostra, quale mai né prima né dopo il mondo vide con tale densità e intensità e coerenza fra artisti maggiori o minori o, per meglio dire, massimi e grandi. Perché tutti grandi furono in scienza e materia della pittura, Palma Vecchio e Bonifacio Veronese, Pordenone e Cariani, Romanino e Savoldo, Dosso e Moretto, Bordon e Schiavone, tutti in laguna e dalla gran provincia di cultura veneta che correva da Ferrara al Friuli, da Bergamo alla Dalmazia. Alle spalle, in vari modi, tutti sentirono il peso dolce o drammatico, luminoso e denso, delle rivoluzioni impresse alla forma pittorica da Giorgione e Tiziano, Sebastiano del Piombo e Lotto: quest'ultimo però, pur con pezzi superbi come il S. Nicola in gloria dei Carmini a Venezia, con uno dei paesaggi più emozionanti della storia dell'arte, e la grande Sacra Famiglia del Louvre, rimane un poco in secondo piano. Tutti reagirono a loro modo: alcuni abbandonandosi alla pura gioia della naturalità colorata, come Palma Vecchio; altri con supreme sottigliezze e brividi luminosi, come Savoldo - emozionante il colloquio in mostra fra L'Uomo armato del Louvre e la Donna come Santa Margherita della Pinacoteca Capitolina di Roma -; altri ancora con gli estri bizzarri, antinaturalistici di Romanino e di Dosso, quest'ultimo con la fantasia stregata di Pan ed Eco del Museo Getty di Malibu. La mostra è innanzitutto il racconto semplice, diretto, pausato per autori e tempi generazionali, dei percorsi di quei modelli guida e di quelle reazioni, fino alla «crisi», alla svolta drammatica del maturo e tardò Tiziano e della comparsa sulla scena del melodramma nuovo e diverso di Tintoretto e Veronese, balenante di altre luci, vibrante di più freddi e sofisticati colori. « S'intende che, lungo un arco così vasto e soprattutto così intenso, tutto fondamentalmente giocato sui «valori» della grande pittura, a momenti e zone di qualità assolutamente eccezionale si alternano talora presenze più problematiche, sulle quali la discussione filo¬ logica rimane aperta, o situazioni e personalità meno focalizzate. Subito all'inizio,'la necessaria premessa dedicata all'estrema fase di Giovanni Bellini apre belle e intelligenti prospettive problematiche, con la «giorgionesca» Derisione di Noè riconosciuta da Longhi nel Museo di Besancon e da lui proclamata la «Prima tavola della pittura moderna» e la ripresa da parte di Laclotte di proposte precedenti, volte a riferire al vecchio maestro, con aiuti, la Madonna del Museo Jacquemart - André. In effetti, ed è una delle tante occasioni di confrontò offerte dalla gran mostra, parrebbe una sua filiazione dolcemente indorata la Sacra Famiglia di Giorgione di Washington: comune alle due opere è l'ampio risvolto dùreriano del manto della Madonna. La grande sala di Giorgione, con ben 18 pezzi, curata da Alessandro Ballarin, è una di quelle zone eccezionali di cui ho detto: gli studiosi continueranno certo a discutere su questa o quella attribuzione al maestro, ma l'aura generale che promana da quelle «mezze figure», fra un colore impalpabile nei trapassi di luce e insondabili profondità psicologiche sotto il segno di una sublime «melancolia», offre impressioni indimenticabili. - Dopo la forte tappa dedicata a Sebastiano del Piombo, con lo schieramento delle quattro ante d'organo da S. Bartolomeo a Venezia, rivaleggiami con Giorgione e Tiziano, ma già desiderose di grandezze romane, e con il problematico, ma affascinante, Giudizio di Salomone di Kingston Lacy, quasi un Bramantino approdato in laguna, altri indimenticabili momenti sono offerti dalla sala dedicata al giovane Tiziano. Anche qui si tratta di opere lungamente discusse dalla critica fra Tiziano, Giorgione, Sebastiano del Piombo, ma il vedere riuniti Jacopo Pesaro presentato a S. Pietro del Museo di Anversa, Susanna e Daniele del Museo di Glasgow, la Madonna e Santi del Prado e il Concerto campestre del Louvre offre, al di là di problemi filologici, la sensazione della na¬ scita primaverile di una pittura moderna che arriverà fino alle soglie del nostro secolo. In essa i prati, il cielo, i panni e le sete fanno parte della stessa sfera e pulsazione vitale, in cui calore e colore e luce colorata sono tutt'uno. La radice prima e intima di questa vitalità è offerta nella sala in penombra che ospita uno straordinario schieramento, mai visto credo con tale ampiezza, di disegni e incisioni di Giorgione, Tiziano giovane e nella fase centrale, Domenico e Giulio Campagnola (con begli esempi di Palma Vecchio, Bordon, Savoldo, Romanino): farà discutere la rivendicazione a Giorgione da parte del curatore Konrad Oberhuber di fogli già attribuiti ai Campagnola - disegnatori e incisori di altissimo livello - ma ancora una volta ciò che conta è l'evidenza di un senso profondamente nuovo della natura, parallelo ma diverso da quello che promana dai fogli di Leonardo, assai vicini invece al grande Dùrer. Dopo le sale dedicate agli influssi di Giorgione e Tiziano giovane, in cui sono ancora da ricordare due opere eccezionali del bergamasco Cariani, il Concerto di collezione privata a New York e il Ritratto di Giovanni Antonio Caravaggi di Ottawa, riprende il gran discorso di Tiziano nella fase della maturità, impreziosito dai risultati degli appositi restauri della Madonna del coniglio e dell'Incoronazione di spine del Louvre e della Venere con l'organista e della Danae del Prado. La recentissima mostra del Bassano ha certamente limitato la sua presenza a pochi ma stupendi «pastorali» della maturità e ai notturni finali, e l'impatto sempre impressionante dell'ultimo Tiziano è all'incirca il medesimo della mostra veneziana di due anni fa, ma con le novità dell'Ecce Homo di Saint Louis, dell S. Margherita di collezione Kisters e del grande S. Gerolamo dell'Escoriai. In questa parte finale il senso del profondo, drammatico mutamento portato nelle primavere veneziane dal Concilio tridentino emerge soprattutto dalle cupe, affocate, tempestose cromie delle due grandi Crocifissioni, di Tiziano da S. Domenico di Ancona e del Veronese da S. Lazzaro dei Mendicanti a Venezia. Quanto al Veronese, il visitatóre deve solo spostarsi al Louvre nell'altrettanto clamoroso salone in cui trionfa la pienezza solare dei capolavori giovanili raccolti intorno al discusso, ma comunque eclatante, restauro delle Nozze di Cana. Marco Rosei Pezzi d'eccezione, c'è anche la celebre «Derisione di Noè» del Bellini, «prima tavola della pittura moderna» LfcgdSrtGd Due dei dipinti in mostra a Parigi: Tiziano, «Sacra conversazione», (Fondazione Magnani Rocca) e Dosso Dossi «Pan ed Eco» (Paul Getty Museum, Malibu)