Ex partigiani da Praga non si torna di Giuseppe Fiori

Ex partigiani da Praga non si torna I comunisti italiani fuggiti dopo la guerra, rifiutati da tutti: romanzo-verità di Giuseppe Fiori Ex partigiani da Praga non si torna iry ROMA 1CCO «Aristide», un tipo mi «basso, tozzo, un che di I i boscaiolo», «su uno zigoMÀÌmo una rosa di piccole cicatrici come per morsicatura di cane». Poi c'è il «Chiappa, tracagnotto ma agile, una forza da bestia». E il «Tenente Kid», «bella faccia liscia di simpatico ' furfante», «pastrano di pelle su giubba di pelle, un bracciale rosso, i pantaloni infilati negli stivali, il berretto a visiera lunga da legionario e sul petto una siepe di medaglie». E ancora: «Piemontesi», «le palle solide»; il gappista «Temporale» e «il compagno Verdi», «le mani forti di ferratore di cavalli»; «Alberto Clerici», «bello, la faccia a momenti mariuola a momenti candida, il Proust di Manet», l'intellettuale, l'unico del gruppo a possedere una vestaglia di seta verde, con righe nere e cordoncino. Sono i protagonisti di Uomini ex, il romanzo einaudiano di Giuseppe Fiori che sarà nelle librerie nella seconda metà di marzo. Comunisti italiani: vivono sotto falso nome a Praga o in qualche luogo di provincia della Cecoslovacchia a «democrazia popolare», nel cuore degli Anni Cinquanta e Sessanta. Fuorusciti, espatriati per sottrarsi alle condanne dei tribunali italiani. Fosse stato per loro - nella memoria ancora vivido il ricordo del «Triangolo della morte» in Emilia e della «Volante Rossa» - «al posto di Togliatti ai fascisti l'amnistia» non l'avrebbero data. Sono partigiani che il 25 aprile avrebbero dovuto «tirare una linea» e che invece non si "sono fermati. Il pei li spedì a Praga, una delle fortezze strategicamente cruciali nella «guerra civile a dimensione planetaria» che aveva spaccato in due il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale. Immerso nella storia tragica del dopoguerra, il libro di Fiori conserva del romanzo il ritmo, le atmosfere, l'espediente letterario di un «io narrante», Franco Arquer, che mescola invenzione fantastica e notazione di cronaca. Il biografo di Gramsci, Lussu e Berlinguer torna così alle sue radici di narratore che esordì nell960 proprio con un romanzo: Sonetula. Ma non perde l'attitudine del giornalista e del saggista che in una storia «vera», la Praga rossa e fuligginosa dell'«Unione internazionale studenti», della «Federazione sindacale mondiale», della rivista del Cominform Per una pace stabile e una democrazia popolare, di Radio Praga e dei Festival mondiali della gioventù comunista inserisce riferimenti a personaggi reali che nel corso del tempo vanno in processione in quel santuario del socialismo realizzato. Ecco allora, primi Anni Cinquanta, quel «compagno toscano credo di nobili origini, marchese o qualcosa di simile» dietro cui si riconosce Carlo Ripa di Meana, allora giovane e fervente comunista, redattore della rivista Etudiants du Monde. O ancora il «biondino sassarese, studente in medicina», «finemente ironico, garbato» e per di più «gran giocatore di biliardo», che poi è Giovanni Berlinguer, segretario dell'Unione internazionale studenti. È anche, nei primi Anni Sessanta, «l'editore importante» dai baffi folti seduto in un ristorante praghese: «l'editore del Dottor Zivago», Gian Giacomo Feltrinelli. Questa storia di 466 comunisti d'acciaio rifugiati a Praga bolle da tempo nelle vene narrative di Giuseppe Fiori. «Cominciai a innamorarmi di questa straordinaria storia - racconta l'autore alla Stampa verso il 1960, quando uno dei fuorusciti, avendo beneficiato dell'amnistia, tornò in Italia. Il suo resoconto mi sembrava for¬ temente drammatico. Mi sono recato a Praga più volte, negli anni successivi. Non ne cavai fuori niente. Non potevo cavarne fuori niente. Ogni volta veniva qualcuno di loro a esaminarmi. Ed era un esame pignolissimo. Mi facevano parlare a lungo. Loro vagliavano e non si sbottonavano. Decisi di abbandonare il progetto». Poi, tanti anni dopo, l'interesse di Fiori si accende di nuovo: «Nel 1979, deputato eletto nelle liste del pei, vengo avvicinato in aula da un altro parlamentare, un uomo d'una decina d'anni più vecchio di me. Si presenta: "Sono Aroldo Tolomelli". Era lui, il Tolomelli che a Praga si faceva chiamare "Tognotti" e che era caporedattore di Oggi in Italia, la radio dei comunisti italiani a Praga. Fu l'inizio di una nuova ricerca». Ora Fiori trova finalmente i protagonisti della storia: una cinquantina tra Praga e Ferrara, Modena, Reggio Emilia. Tra molte diffidenze, il ghiaccio si rompe. Allora era il tempo del sospetto: «La spia, il nemico di classe, il sabotatore può dissimularsi ovunque», dicevano quegli uomini il cui primo articolo di fede era la superiorità del socialismo sul marcio capitalismo occidentale. Gente tosta, soda. Venivano dall'Emilia del Triangolo della morte, oppure dal Piemonte, dove «Piemontesi» (nel cui personaggio si riconosce, in filigrana, Francesco Moranino, Gemi¬ sto) non esitò a «passare per le armi» sette partigiani con \a nomea di «spie». 0 da Milano, dove era nata la Volante Rossa guidata dal «Tenente Kid», Giulio Paggio: giubbotti di pelle invernali e giacche a vento di tela de! malines trovate nei residuati bellici vicino ad Ancona, drappo rosso con la dicitura «Volante Rossa» arcuata all'ingiù, «pattuglia di sangue» con tesserini, autocarri. E poi gli Sten nascosti nei depositi per mandare avanti il «lavoro illegale» seminando il terrore dal '45 al '48: «repulisti» di fascisti, l'occupazione della Prefettura di Milano, la politica fatta con le armi, gli appostamenti, le uccisioni, 1 alfabeto Morse, le catture di «prigionieri» quando la guerra è conclusa, che la giustizia repubblicana definisce puramente e semplicemente «sequestri di persona». La fuga, il rifugio praghese coperto dal pei, la prospettiva di non tornare più in Italia. Uno dei capitoli più delicati della storia degli ex partigiani comunisti Lino, Tom, Santino, Otello, Tino, Dodo, Luisot, Balilla («tipi svegli, rivoluzionari decisi» che rifiutavano quell'etichetta di ex) acquista la fisionomia di un protagonista di quella stagione di sangue, quel «Tenente Kid» Giulio Paggio che per la prima volta racconta a Fiori la sua versione di quei fatti. E nel romanzo si racconta di un giovane «dirigente nazionale del Fronte della Gioventù» venuto alla cerimonia d'apertura del circolo che doveva rappresentare il livello «legale» della Volante Rossa. «Un magrolino pettinato a spazzola, gli orecchi ad alettoni, la fronte corrugata in faccia liscia, le spalle afflosciate»: «un sardo breviloquente» dietro cui è impossibile non riconoscere la fisionomia del giovane Enrico Berlinguer il quale, investito dalle lamentele di uno della Volante Rossa che gli dice «La rivoluzione l'avete mandata in soffitta», risponde brusco: «Il tuo non è comunismo, è ribellismo». Tragedie, suicidi, improvvise scomparse, interrogatori pesanti si alternano nel romanzo di Fiori alle incrinature ideologiche che si aprono nel gruppo degli italiani. Si diffonde l'illusione della «riformabilità» del sistema comunista e quando a Praga si avvertono i primi segnali che annunciano la primavera di Dubcek, il gruppo degli italiani si schiera coi riformatori. Con l'occupazione sovietica del 1968, la redazione di Oggi in Italia, in passato «spacciafavole» delle veline di regime, diventa per qualche giorno punto di riferimento per i cecoslovacchi. Dalle pagine di Fiori traspare così l'altra faccia dell'occupazione dei tank del Patto di Varsavia. Gli efficientissimi sovietici si dimostrano un'Armata Brancaleone «imprevidente» e «confusa», con i soldati che, affamati e assetati, affogano «nelle loro diarree». Il mito sovietico si dissolve, anche per questi uomini tozzi e tarchiati. «Che hanno parlato con me - racconta Fiori - in modo torrentizio, come in un flusso liberatorio. Gente nostalgica di un periodo che coincide con la loro giovinezza e che adesso, tornati in Italia, si sentono sradicati, emarginati, messi da parte dal nuovo pds che dimostra di non amarli e di non volersi ricordare di loro». Gente che nella nuova Praga della «rivoluzione di velluto» non si troverebbe più bene e però ha conservato un rapporto indelebile con la Cecoslovacchia. Uomini ex. Come dice l'io narrante: «Sognavamo che il socialismo avrebbe creato l'uomo nuovo. Mi ritrovo a essere soltanto l'uomo ex. Ex tutto». Pierluigi Battista Fra i giovani che andavano da loro negli Anni 50 il «compagno marchese» Carlo Ripa diMeana e il «biondino sassarese» Giovanni Berlinguer I A destra una sfilata della «Volante rossa». Sopra Gian Giacomo Feltrinelli A destra una sfilata della «Volante rossa». Sopra Gian Giacomo Feltrinelli A sinistra un comizio di Enrico Berlinguer nel 1948. Sopra Giulio Paggio (a destra) con Luigi Comini, comandante politico della «Volante Rossa». In alto Carlo Ripa di Meana e, a destra, Francesco Moranino Giuseppe Fiori, autore del romanzo «Uomini ex» (Einaudi):' «Ho incontrato " gente nostalgica: adesso, in Italia, si sentono sradicati, emarginati, messi da darte dal nuovo pds che dimostra di non amarli e di non volersi ricordare di loro»