Tra i mille peones delle Russie di Cesare Martinetti

Tra i mille peones delle Russie Tra i mille peones delle Russie C'è anche chi invoca un Franco o un Pinochet MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Niente zucchero, «izvinite», scusate, non ce n'è neanche per il caffè del compagno Ahmetkhanov, deputato del popolo di Naberezhnie Celny, venuto qui a Mosca dal Tatarstan ad alzare la mano prò o contro Boris Eltsin, assegnato alla camera 10.080 in quest'isola sopravvissuta di socialismo reale che è l'albergo Rossia, sotto la piazza Rossa, all'ombra di San Basilio, dove ad uno ad uno stanno arrivando i mille deputati dalle Russie lontane, schedati e controllati dagli uomini della milizia proprio come si faceva una volta. Qui si veniva pronti ad applaudire e tacere nelle grandi cerimonie collettive del consenso; qui adesso nelle sale, nei corridoi, nelle stanze mal controllate dalle «dezhumaja» dei piani, si riuniscono i gruppi, le frazioni, le correnti per un happening di lingue e di umori che tra oggi e domani dirà quanta vita politica rimane al nuovo zar di Russia che gioca la partita decisiva. E' cambiato tutto, nel vecchio e formicolante Rossia dove già alle 8 di sera si vedono belle ragazze affilare le ciglia per due serate speciali davanti agli specchi della hall; non è cambiato niente nella fenomenologia della nuova nomenklatura che sbarca nel vecchio albergo scendendo dalle stesse Volga nere di un tempo. E come sempre l'approvvigionamento statale non funziona: in albergo non c'è acqua minerale e nemmeno lo zucchero per il caffè. Salimkhan Minnekhanovich Ahmetkhanov, 42 anni, davanti ad un nescafè amaro, ci racconta l'umore dei suoi 210 dipendenti della fabbrica di Vodka e alcool «Petrovskj», marchio registrato, dove si distillano 30 mila litri al giorno di liquore nazionale e dove si sperimenta la via collettiva alla società per azioni adesso che, «per fortuna», è stata accantonata l'improvvida battaglia scatenata da Gorbaciov contro il consumo di alcolici. «Cosa pensiamo? Che la Russia ha bisogno di una dittatura, di un uomo forte». Per esempio? «Pinochet, Franco o il coreano. La gente ha capito che ormai non si torna indietro, la proprietà privata non sarà più toccata, ma deve essere difesa da un uomo che rappresenti l'interesse nazionale». Ma lei che era e dice di essere ancora comunista, non si sente imbarazzato a dire che ci vorrebbe Pinochet? «E perché? Sotto il generale, il Cile si è sviluppato. Può darsi che coli un po' di sangue nei primi giorni, ma l'importante è che si salvi l'interesse nazionale». Se davvero pensano questo in Tatarstan, dove gli stipendi alla Petrovskj sono di ventimila rubli al mese, ma dove la vita co¬ sta quattro-cinque volte meno che a Mosca, cosa vorrà quel popolo lacero che lunedì mattina sfilava nella piazza vecchia sotto le bandiere rosse dei soviet di quartiere? «Certo - ci risponde sorridendo un gattopardo come Mark Matieievich Kaufman, deputato di Mosca - la gente sta male, i pensionati, i giovani, gli impiegati statali non sono stati protetti. Ma fate attenzione voi giornalisti a dare etichette: le donne che l'8 marzo sfilavano con le pentole vuote contro Eltsin non sono anti-riforme, ma vogliono più riforme». Kaufman, che teoricamente rappresenta la regione autonoma ebrea di Birobidgian, Estremo Oriente, è un esemplare del centro grigio di una nomenklatura transitata «senza rimpianti» dal pois alla democrazia e che per sua natura vota per la stabilità: «I conflitti non sono nel popolo, ma tra i politici». E «stabilità» vogliono anche gli uomini nuovi della stagione «eltsiniana» come giovani sindaci di Tuia e di Oriol, Nikolaj Tiaglivy e Aleksandr Kisliakov: «Ci ha designati Eltsin, possiamo essere contro Eltsin?» Laggiù, dicono, le riforme vanno avanti. Le vecchie fabbriche di armi di Tuia, dice il sindaco, adesso costruiscono pompe per il petrolio e per l'acqua, mobili, forni a gas: «Abbiamo concluso una joint-venture con una ditta di Terni per impiantare una fabbrica di macchine per la lavorazione del legno. Ci siamo anche gemellati con Terni, io sono venuto in Umbria, ho visto Perugia, è bella l'Italia». Bellissima, vista di qua, dal parterre dei peones nel congresso dei deputati del popolo di Russia. Cesare Martinetti Mosca: oggi comincia la sessione straordinaria del Congresso dei deputati del popolo [FOTO AP]