Greganti a Di Pietro «Mio il conto svizzero» di Susanna Marzolla

Greganti a Di Pietro «Mio il conto svizzero» L'ex funzionario del pei è accusato di avere intascato una tangente di oltre 600 milioni Greganti a Di Pietro «Mio il conto svizzero» MILANO. «Il conto Gabbietta è mio». Nessuna clamorosa rivelazione, niente chiamate di correo per il partito da parte di Primo Greganti, l'ex funzionario del pei in carcere da una settimana. Per tre ore ha sostenuto l'interrogatorio del sostituto procuratore Antonio Di Pietro. «Ha risposto a tutte le contestazioni», dicono i suoi legali. Ma alla fine i magistrati fanno sapere di essere rimasti solo parzialmente soddisfatti. E Greganti resta in cella. «Gabbietta» è il nome di un conto aperto presso una banca di Lugano. Su quel conto sono confluiti 621 milioni pagati da Lorenzo Panzavolta, manager del gruppo Ferruzzi. Erano - ha raccontato ai magistrati - la prima rata di una tangente che mi ero impegnato a pagare al pei in cambio dell'approvazione di un appalto dell'Enel a favore della Cifa, una società del gruppo. Per quell'appalto Panzavolta doveva pagare un miliardo e duecento milioni a ciascuno dei tre maggiori partiti: de, psi e l'allora pei. Prima rata nel '90; seconda nella primavera del '92: a quell'epoca era già scoppiato lo scandalo, psi e de vennero pagati ugualmente; con il pci-pds non ci fu alcun seguito. Questo il racconto di Panzavolta, confermato però da altri imputati. Come l'ex consigliere dell'Enel, Valerio Bitetto, che dice: «Io segnalai a Panzavolta che doveva accordarsi con de e psi ed anche con il pei». Racconto confermato adesso anche dallo stesso Greganti. E' con lui infatti che il manager ha preso gli accordi. Racconta ancora Panzavolta: «Ci incontrammo in un bar e qui mi disse che dovevo dare a lui la parte di tangente spettante al pei. Mi fornì il numero di conto e l'indirizzo di una banca svizzera». Ma Greganti a che titolo richiede i soldi? E' un millantatore? «Questo è da escludere», dicono i suoi avvocati. E Panzavolta, che paga credendo di dare i soldi a un partito, è così ingenuo? E' un manager di una certa esperienza, con un lungo passato nella Lega delle Cooperative. E dunque una discreta conoscenza dei rapporti economici interni al pei, si suppone. Almeno una conoscenza tale da non spingerlo a pagare centinaia di milioni a un ex funzionario qualsiasi che dice di parlare per conto del partito. Questi i ragionamenti che hanno fatto gli inquirenti a Greganti. Ma l'ex funzionario ha fatto muro: «Il conto è mio, il partito non c'entra». Altre domande si sono incentrate su un'altra vicenda, quella del miliardo trasportato da Greganti in auto. Ufficialmente non esiste nessuna contestazione di reato, ma Di Pietro ha chiesto ugualmente chiarimenti: per capire da dove venisse una simile cifra in contanti, perchè veniva trasportata in quel modo. Sopratutto chi era la persona all'altro capo del filo, alla sede del pei a Roma, che «garantì» Greganti presso la Guardia di Finanza in modo che venisse rilasciato con tante scuse. Non si sa quali siano state le risposte dell'ex funzionario, ma anche qui pare si sia tenuto su una posizione piuttosto sfumata. In particolare non avrebbe fornito il nome di chi garantì per lui. In sostanza, anche se Greganti ha cambiato atteggiamento rispetto al primo interrogatorio, in cui si era avvalso della facoltà di non rispondere, chi si aspettava dichiarazioni clamorose che potessero portare a coinvolgimenti di dirigenti politici è rimasto senz'altro deluso. «Il conto è mio, il partito non c'entra»: sulla tangente pagata da Panzavolta Greganti ha senz'altro tenuto duro. Su altri argomenti è stato più flessibile, in particolare facendo capire che i suoi rapporti con il pci-pds erano tutt'altro che finiti quando lui smise di fare il funzionario a tempo pieno. Del resto quella frase riportata dai suoi legali, Gilberto Lozzi e Roberto Panari, dopo il colloquio di sabato scorso era significativa: «Greganti si considera a tutti gli effetti un militante del pds». Una risposta tutt'altro che implicita a chi aveva detto, nel partito, di non conoscerlo o comunque di non aver più, da anni, rapporti con lui. Ma il comportamento di ieri è stato un'altrettanto significativa risposta data a quanti pensavano che il nuovo interrogatorio sarebbe equivalso ad un coinvolgimento del partito anche ai suoi massimi livelli. Gli stessi che, mentre era in corso l'interrogatorio, parlavano già di «clamorosi» avvisi di garanzia in arrivo; di rivelazioni «inattese» e così via. Niente di tutto questo. Però gli inquirenti fanno ugualmente sapere di essere abbastanza soddisfatti, o almeno non del tutto delusi. Perchè, a quanto pare, davano per scontate certe risposte («Il conto è mio»), ma contemporaneamente sono riusciti ad aprire una breccia. Restano ovviamente molti interrogativi: se «Gabbietta» era di Greganti, quei soldi dove sono finiti? Non pare proprio nelle sue tasche, per costruirsi una villa con piscina. Perchè una cosa è certa: nell'inchiesta è finito un personaggio diverso dai tanti politici che vi sono passati. Uno che non ha cercato di ritagliarsi fette di patrimonio e di potere, che non aspirava ad «andare al ristorante tutti i giorni». ! Susanna Marzolla Per tre ore faccia a faccia con il giudice «Il partito non c'entra con quei soldi» Qui a fianco Lorenzo Panzavolta che ha versato i milioni A destra Primo Greganti interrogato dai giudici

Luoghi citati: Milano, Roma