Craxi battuto: quattro volte a processo

Craxi battuto: quattro volte a processo La giunta si spacca su ricettazione e perquisizione: 10 sì, 10 no. Il presidente si astiene Craxi battuto: quattro volte a processo L'ex leader delpsi: «Giustizia politica sommaria» ROMA. Craxi perde anche quando pareggia. Non appena entra in scena il reato di ricettazione, la Giunta per le autorizzazioni a procedere si spacca in due come una mela: dieci a favore, dieci contro, i governativi da una parte e le opposizioni dall'altra. Richiesta respinta? No, perché un curioso risvolto regolamentare prevede che, in caso di parità, prevalga la tesi opposta a quella avanzata dal relatore. Come nelle coppe di calcio, dove il gol in trasferta vale doppio. E qui il gol lo segnano le opposizioni - Ayala, Galasso, Paissan, i pidiessini - perché il relatore Roberto Pinza, democristiano, aveva proposto di non concedere l'autorizzazione per questo reato. E il motivo va molto al di là del solo Craxi: «Un accoglimento della domanda - spiega Pinza - finirebbe per evocare una sorta di responsabilità oggettiva per il segretario politico di un partito». Si arrabbiano i socialisti, che evocano Stalin e la marcia su Roma, per non parlare di quanto si arrabbia Bettino Craxi, che in un secco comunicato accusa la Giunta di «giustizia politica sommaria». Ma si arrabbiano molto anche i democristiani, e il capogruppo Gerardo Bianco arriva a prendersela con il presidente della Giunta Gaetano Vairo, democristiano pure lui. Il suo voto sarebbe stato decisivo per rovesciare l'esito della sfida. Ma Vairo si è astenuto: «Non ho votato per non venire meno a una prassi consolidata». «E invece avrebbe fatto bene a prendere posizione - lo sgrida Bianco -. Al suo posto io mi sarei assunto le mie responsabilità. Soprattutto sulla richiesta di perquisizioni personali. Sono cose ingiuste, di una gravità eccezionale. Contiamo che l'aula rovesci questa decisione». Già, perché la regola del 10 a 10 ha funzionato due volte: per la ricettazione, ma anche per un'altra richiesta avanzata da Di Pietro: quella di poter procedere nei confronti di Craxi a perquisizioni domiciliari e personali. Nel suo primo giorno del giudizio, Bettino Craxi è stato sottoposto a cinque votazioni. Due perse e due pareggiate, ma con il risultato che sappiamo. La quinta non conta. Riguarda runica richiesta non sgradita a Craxi, quella di autorizzazione a procedere per violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, sopravvissuta al weekend infernale di Conso ed Amato. Un plebiscito: venti a zero, votano «sì» anche i sociaUsti. Ma eccoci al reato di corruzione per le vicende milanesi. Il fronte compatto comincia a sfrangiarsi: ne escono i socialisti e il risultato è 17 a 3. Terzo round: ancora corruzione, ma stavolta per le vicende romane. Dal carro di Pinza si staccano altre due ruote: il liberale Biondi e il socialdemocratico Bruno, mentre la de resiste: 15 a 5. Su ricettazione e perquisizioni Pinza e gli altri quattro democristiani (Zanferrari, Perani, Balocchi e Margutti) si fanno da parte, riequilibrando gli schieramenti. Equilibrio precario: basterebbe che il presidente Vairo si schierasse con i suoi colleghi di partito. Ma già sappiamo che Vairo non l'ha fatto. I commenti, adesso. A cominciare da quello, durissimo, che Craxi affida alle agenzie di stampa: «La giustizia politica sommaria non si ferma e non si piega di fronte alla verità e al diritto. Questo mio caso è esemplare». In mattinata aveva scritto una lettera a Vairo per ribadire l'esistenza di quel «fumus persecutionis» che di lì a poco Pinza avrebbe invece negato nel corso della sua relazione. Asciutto il nuovo segretario del psi, Benvenuto: «Prendiamo atto. Spero che in aula si arrivi a un giudizio sereno. Occorre giustizia, non un processo politico». I vincitori non vogliono infierire, anche perché sanno che il risultato di ieri potrebbe essere ribaltato almeno in parte dall'assemblea di Montecitorio. E' il timore del più critico di loro, il neocomunista Severino Galante. A rovinargli la giornata è stata la decisione di Vairo di nominare il verde Mauro Paissan relatore per le due richieste di autorizzazione non condivise da Pinza e dagli altri de. «Ci voleva un magistrato o un avvocato esperto: non vorrei che fosse un incentivo a votare contro». Paissan, che come ex-giornalista del manifesto ha più pratica di penne e taccuini che di pandette, non sembra spaventato. E comincia subito a difendere la richiesta di perquisizioni domiciliari e personali, «che comprendono gli atti a sorpresa necessari all'inchiesta, come le indagini bancarie». Adesso la parola è all'aula: sarà quello il vero giorno del giudizio, ma non si sa ancora quando sarà. Alla Camera giacciono una quarantina di richieste inevase, e fra arretrati, rallentamenti e rinvii per il referendum, c'è la possibilità concreta che il voto slitti a fine aprile. Ma per Craxi i giudizi non finiscono mai. Proprio ieri è arrivata a Montecitorio la seconda richiesta di autorizzazione a procedere: e stavolta fra i reati ipotizzati da Di Pietro c'è anche la concussione continuata e aggravata. Massimo Gramellini Il presidente Vairo: «A differenza dei magistrati noi giudichiamo amici» Galante: i colleghi sotto inchiesta mi guardano come se fossi un boia cu i / COSI' HANNO VOTATO a viyp jE.. 3b b ' -•■>£ VE".?.? 3.s JfT.1 ." K Ki.l. 10c 10 AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER IL REATO DI VIOLAZIONE DELLA LEGGE SUL FINANZIAMENTO DEI PARTITI REATO DI CORRUZIONE PER «FATTI MILANESI» m ili:™ si |J7 ioc 10 ioc 10 la, li. li. li. E»! G» E»! 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