Stavolta la corte zittisce Riina di Pierangelo Sapegno

Stavolta la corte zittisce Riina Nell'aula-bunker di Palermo i giudici impediscono al padrino il consueto show Stavolta la corte zittisce Riina // pm contesta le parole di don Totò Sarà verificato se c'è stata calunnia PALERMO DAL NOSTRO INVIATO «Io volessi cominciare come primo». Ma prego. Totò Riina ha un po' di cose da dire. Senza fretta. E Gioacchino Agnello, il presidente, si sporge in avanti. «Ho sentito dire che lei con la corte deve andare in America...» Ah sì? All'inizio sembra come le altre due volte. Una sala da tè, con Totò che spiega come stanno le cose, che cosa bisognerebbe fare, dov'è che va bene e dove no, con tante scuse all'eccellenza e al signor presidente. «Mi perdoni, ma visto che voi andate in America, mentre siete lì passate anche da Badalamenti, e chiedetegli queste cose...». Poi Vittorio Teresi, uno dei due pubblici ministeri, s'arrabbia: «L'imputato non ci insegni il mestiere». E chiede la trasmissione degli atti alla procura, per «verificare se nelle dichiarazioni di Riina ci siano gli estremi per il reato di calunnia». Improvvisamente, il clima cambia. Siamo tornati nell'aula bunker, ci sono i giudici con le toghe, c'è un signore sul pretorio, ci sono i carabinieri in piedi, tanti carabinieri. Quand'era arrivato, il capo aveva fatto appena un cenno di saluto con la mano al fratello che se ne stava sopra, in mezzo al pubblico. S'era seduto. E poi, buongiorno a tutti. Bene, cominciamo dall'altra volta. Riina-ter. «Ma signor presidente, 'ste accuse chi le fa? Sono specifiche o non specifiche? A chi debbo rispondere?». Il presidente s'è fatto una smorfia: e a chi vuole rispondere? «A lei, lo so. Ma dobbiamo partire sempre dal punto di vista dei pentiti?». Presidente, paziente: l'accusa sfrutta le dichiarazioni di Buscetta Tommaso, Calderone Antonino... «Va bene, signor presidente, così abbiamo un po' il quadro». Agnello: eh sì. Riina: «Io volessi cominciare come primo, magari per dire quello che l'altro giorno l'ho dimenticato: noi abbiamo il pentito Marsala che mi accusa e parla di una riunione in campagna da lui, ma, stringendo, quando l'avvocato Fileccia gli domanda l'altezza lui dice che sono alto quanto lui e invece io sono 1,61». Rieccolo: Riina si rialza, per far vedere bene. Il presidente comincia ad annoiarsi: «Sì sì, non c'è bisogno che si alza...». Riina, riseduto: «Ma per farlo vedere alla corte, io vedo che la corte non c'è stata qui, questa è un'altra. Giusto? Non è la corte dell'altra volta, signor presidente». Andiamo avanti. «E così abbiamo trovato che questo Marsala faceva delle bugiarderie». Presidente: va bene, vada avanti, vada avanti. E Riina, imperturbabile: «Vado avanti anche perché debbo arrivare a Marino Mannoia». Arriviamo. «Questo Marino Mannoia leggo sui giornali...». Presidente: «Se sono atti processuali va bene, ma giornali no». Non importa. Riina: «Dico quello che leggo sui giornali, poi può essere che sono fandonie o no. Mannoia si accusa di 25 omicidi, poi dice che Riina gli ha dato mandato di uccidere Caponnetto. Qui c'è un pentito che dice che io gli ho dato un compito. Ma mi dica, è 3 anni che collabora e una cosa così importante ne parla dopo che si accusa di 25 omicidi, solo ora?». Presidente: «No, dell'attentato a Caponnetto ne ha parlato prima di andare in America». Riina: «Glielo giuro sui miei figli, è la prima volta che l'ho sentito. Io l'ho sentito ora. Lui ha avuto questo compito. Dobbiamo vedere se era libero, era fuori, se andava al tribunale. Cerchiamo di chiarire». E procediamo. «Parliamo poi di Mutolo. Mi accusa di fandonie e cose che non esistono. Io l'altro giorno se non ho sentito male, ho sentito dire che lei con la corte deve andare in America, dove c'è Badalamenti. Questi uccisi sono parenti suoi. Vogliamo domandargli se ha avuto contatti con me, se questi suoi parenti abbiano potuto fare delle marachelle o se sono stati uccisi per altri motivi nel suo paese?» A questo punto, insorge Teresi: «L'imputato non può insegnare il mestiere ai giudici». Riina leva l'indice: «Ma io non insegno mestiere...» Teresi: «Non è il modo di difendersi, non può dire ai pubblici ministeri quello che debbono fare o che hanno fatto». Riina: «Io non insegno niente a nessuno». Guarda la corte come a cercare conforto: «E' giusto che siano fatte queste cose, è giusto che si approfondiscano. A me i pentiti mi accusano». Ma la prima parte del processo è già bell'e finita. Il presidente è secco: «Andiamo avanti. Con Mutolo abbiamo chiuso?». E Riina: «Desidero che questi pentiti vengano esaminati bene. Debbo ripetere che c'è un'altra corte. La verità è che i pentiti dicono fandonie. Si tengono per mano, si fanno forza. Ma per condannare un padre di famiglia ci vogliono prove. Non sono qui per lesinare, ma per un segno di co¬ scienza. Sono un pluricondannato». Difatti. Da dove chiude lui, comincia l'accusa. Il pm De Francisci: «Vorrei sapere dall'imputato se è a conoscenza che ci sono state nei suoi confronti 2 sentenze ormai definitive. Due ergastoli». Riina: «Sì, perché le ho avute annunciate già a Roma». Tocca a Teresi: «Ancora una volta abbiamo assistito a dichiarazioni dell'imputato che travalicano quello che è il normale nonché tollerabile diritto di difesa. L'imputato in questo processo ha lo status passeggero di imputato, ma lo status irrevocabile è quello del condannato». Riina: «Eh, l'ho detto pure io che sono un condannato». Teresi, senza guardarlo: «Io a lei non l'ho interrotto. Gradirei che lei non interrompesse me». Pausa. «Ancora una volta abbiamo assistito a una linea difensiva dell'imputato che cerca di minare la credibilità della principale fonte di accusa a suo carico, cioè le dichiarazioni dei pentiti. Mentre qualcuno dei loro familiari e degli stessi collaboratori è stato barbaramente ucciso». Presidente: «Vuole passare alla domanda?». Pm: «No, presidente. Questa è una richiesta di trasmissione di atti». Presidente: «Pensavo che...». Teresi: «L'imputato ancora una volta ha ripetuto la tesi che i pentiti vanno a braccio. E ancora una volta ha detto, o alluso, che tale comportamento sarebbe ispirato da chi li gestisce... Il pm ritiene necessario verificare se le dichiarazioni non siano andate oltre il normale e legittimo diritto di difesa e se non si configura il reato di calunnia. Lo Stato inoltre deve tutelare i suoi funzionari che svolgono un lavoro così delicato. Per questo, chiedo la trasmissione degli atti». Ormai, la nuova linea, invocata da Arlacchi e da Violante, e annunciata da Caselli, è passata. Riina adesso viene contestato appena apre bocca. Chiede la parola: «Vero è che sono conda nato per il maxiuno, ma è pure vero che per il maxiter il presidente Prinzivalli, ove ero imputato per parecchi omicidi...» Agnello: «Che vuol dire parecchi?». Riina: «Non ricordo. Più di uno. Le carte non le ho lette.. In quel processo sono stato as solto per la cupola, per l'associazione, ed ero accusato dagli stessi pentiti». Presidente: «No. Quello che dice non è esatto» «Ma mi scusi. Mutolo, questi qui, non sono gli stessi?». Tere si: «Signor presidente, richiedo di acquisire anche quella sen tenza». E così avviene. Totò Riina è come se fosse ancora più dimesso. Quando si alza, non si volta più verso il fratello, lassù. Questa volta, fa un giro appena un po' più lungo, e passa davanti a Teresi, trascinandosi appresso i due carabinieri Un cenno del capo. Ossequi. Pierangelo Sapegno Il superboss Totò Riina nell'aula bunker del processo di Palermo che lo vede imputato per una catena di omicidi

Luoghi citati: America, Marsala, Palermo, Roma