I delusi, primo partito tedesco di Emanuele Novazio
I delusi, primo partito tedesco Se si andasse alle urne per il Parlamento trionferebbero Destra e astensioni I delusi, primo partito tedesco // voto in Assia conferma: cresce la protesta BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Se i veri sconfitti, nel voto di domenica in Assia, sono i socialdemocratici - scesi di quasi 8 punti e mezzo, dal 44,8 di quattro anni fa al 36,4 per cento - i vincitori sono soprattutto due: i «Republikaner» di Franz Schoenhuber, l'estrema destra «in doppio petto» che ha compiuto un balzo di quasi otto punti, passando dallo 0,7 all'8,3 per cento; e il «partito dell'astensione». Rispetto alle elezioni del 1989, la partecipazione al voto è infatti diminuita di quasi sette punti, dal 78 al 71,3 per cento. In entrambe i casi la consultazione locale di domenica ha confermato una tendenza nazionale: se si votasse oggi per il rinnovo del Pai-lamento federale, avvertono i sondaggi, i «Rep» otterrebbero una percentuale analoga a quella raggiunta l'altro giorno nel centro finanziario del Paese. Ma in caso di voto nazionale, sarebbero proprio i «Nichtwaehler», le astensioni, a imporsi come primo partito. Un recentissimo sondaggio dello «Spiegel» offre i contorni allarmanti di questa protesta silenziosa destinata a favorire, nei fatti, l'avanzata dell'estrema destra xenofoba. I «non votanti» sarebbero in tutto il Paese oltre diciotto milioni, e i due partiti «popolari» resterebbero ben distanziati: 15 milioni e 700 mila sarebbero i voti - certi o probabili - dei socialdemocratici, 14 milioni e 800 mila quelli della Cdu del Cancelliere Kohl. Rispetto alle elezioni del dicembre 1992, le prime «pantedesche» subito dopo l'unificazione, i democristiani perderebbero dunque cinque milioni e mezzo di voti. Il partito delle astensioni ne guadagnerebbe altrettanti, ma non si tratterebbe di un semplice travaso: il panorama politico tedesco è in ebollizione. Molti voti prima dispersi, per esempio, si concentrerebbero sulla destra estrema e sui Verdi, che già in Assia hanno ottenuto un successo significativo passando dal 9,1 all'11 per cento. Scenderebbero i liberali, compagni di Kohl nella coalizione di governo. Ma sarebbero le astensioni a vincere, e con un massimo storico. Vent'anni fa votava regolarmente oltre il 91% dei tedeschi; a disertare le urne erano soltanto i malati, le persone anziane e pochi giovani «in movimento», dicono le indagini ufficiali. Nel dicembre del '90 aveva votato quasi il 78%. Che è suc¬ cesso da allora? Sull'onda delle difficoltà economiche e sociali del dopo-unità, è esplosa la disaffezione di ampi settori della società tedesca - la borghesia, ma anche gli strati operai - per i partiti cossiddetti «popolari», tradizionali raccoglitori di voti nelle classi medie e medio alte. Sono due, forse, i fattori scatenanti di questa crisi di fiducia. Un certo profumo di scandalo, intanto: una semplice brezza che non ha paragone con le tempeste italiane, ma che ha coinvolto anche personaggi di primo piano, ministri, presidenti regionali, perfino il leader nazionale dell'Spd Bjoern Engholm. E poi, soprattutto, l'indecisione generalizzata della classe politica, maggioranza e opposizione, di fronte a scelte decisive per il futuro del Paese: dalla riforma del diritto d'asilo per frenare l'ondata di immigrazione clandestina, alla ricostruzione delle regioni orientali attraverso un «patto di solidarietà» nazionale, in sostanza i sacrifìci della gente, «quarto far pagare a chi». Un gran chiacchiericcio, una gran confusione che finisce per disorientare. Scriveva di recente sulla «Zeit» l'ex cancelliere Helmut Schmidt: «Invece di sentire concetti, il cittadino percepisce una cacofonia selvaggia: ognuno suona le proprie note, e il direttore va a orecchio». Emanuele Novazio
Persone citate: Bjoern, Engholm, Franz Schoenhuber, Helmut Schmidt, Kohl, Paese, Spiegel, Verdi
Luoghi citati: Assia
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