«Il ginecologo ha l'Aids», è panico di Gabriele Beccaria

«Il ginecologo ha l'Aids», è panico Emergenza nel Kent, istituito un «numero verde», terrore di un contagio in massa «Il ginecologo ha l'Aids», è panico A rischio 18 mila ex pazienti: fate subito il test Nel Kent i telefoni hanno cominciato a squillare alle cinque del pomeriggio dell'altro ieri. Una sequenza di trilli che si è rapidamente infittita, quasi a raggiungere il parossismo. Dall'altra parte del filo, migliaia di donne terrorizzate. Il ginecologo che le ha avute in cura, le ha fatte partorire e le ha assistite negli ultimi dieci anni ha contratto l'Aids. La notizia del suo ricovero ha fatto scattare un'ondata di panico. Ora l'angoscia di tante pazienti assume i tratti di un possibile contagio di massa. La ragione di questo «sos» ha il nome del direttore del reparto di ginecologia e ostetricia dell'ospedale «Ali Saints Hospital» di Chatam, Terence Shuttleworth. «Sta molto male», è la voce che si è diffusa tra le corsie e si è allargata alla Contea. E' ricoverato, ma la località resta segreta, anche dopo l'annuncio ufficiale, diffuso venerdì scorso. I sanitari hanno deciso di contattare attraverso un centralino creato per l'occasione l'esercito delle 18 mila donne che - secondo i primi e affannosi accertamenti - sono passate nell'ultimo decennio per lo studio e la sala operatoria di Shuttleworth. La risposta non si è fatta attendere. Poche ore sono bastate per far scattare la processione delle ex pazienti. A tutte è stato promesso un esame anti-Hiv, con risultati disponibili in un tempo record di 24 ore dal momento dell'esame. Ma i laboratori possono analizzare appena 50 campioni al giorno e si stanno avvicinando al collasso. L'emergenza ha colpito anche un secondo ospedale, 1'«Alexandre Hospital», dove Shuttleworth ha esercitato dall'84. A rischio, qui, sono 900 donne. Mentre i centralinisti rispondono ai telefoni e digitano nomi e dati anagrafici sui videoterminali, le autorità cercano di evitare un'epidemia della paura anche più incontrollabile di quella biologica. Ann Palmer, la responsabile per la Sanità del distretto di Medway (dove sorgono i due ospedali), si è affrettata a dichiarare che i rischi di infezione «sono estremamente bassi». Il virus - ha ricordato e ripetuto - si trasmette per contatto di sangue e ciò può avvenire durante un parto o un'operazione chirurgica solo se il medico si taglia o si ferisce. E per calmare gli animi, la dottoressa è ricorsa anche alle statistiche, come ha riportato il quotidiano «The Guardian». «I dati non contemplano alcun caso di un paziente che sia stato infettato da un medico o da un infermiere o infermiera». Ora, Shuttleworth sembra come essersi volatilizzato, almeno per i cronisti che si sono messi sulle sue tracce. Sul come e sul quando il ginecologo si sia infettato e si sia scoperto sieropositivo è sceso il silenzio. Si sa soltanto che è sulla cinquantina e che viveva in una grande casa a Rochester. L'annuncio della sua malattia è emerso venerdì scorso, quando lo staff che lo sta curando ha deciso di informare il ministero della Sanità britannico, che ha girato la notiziabomba alle autorità di Medway e all'<(A11 Saints Hospital». Ha detto il portavoce dell'ospedale: «I medici non sono obbligati a rivelare al loro datore di lavoro le proprie condizioni sanitarie, e meno che mai se hanno contratto l'Hiv». Ma comunque - ha aggiunto - qui abbiamo a che fare con persone responsabili. E che Shuttleworth lo fosse, lo ha assicurato al «Daily Tele graph» un'ex paziente, la quarantatreenne Jacqui Harman. «Lui non aveva mai fatto mistero di vivere con un amico maschio. Sono sconvolta per ciò che gli è successo. E' un medico eccezionale». La signora è stata visitata almeno una decina di volte nella villa del ginecologo, prima e dopo l'operazione all'utero che ha subito quattro anni fa. Ha aggiunto di essersi sottoposta al test l'altro ieri, ma di non essere preoccupata più di tanto. «So che, se un dottore si punge o si taglia sul lavoro, al suo paziente si chiede di fare un controllo nello spazio di pochi giorni. Ma una chiamata del genere io non l'ho mai ricevuta». Gabriele Beccaria