Lo scomodo D'Artagnan di Sarajevo di Gabriella Bosco
Lo scomodo D'Artagnan di Sarajevo Lo scomodo D'Artagnan di Sarajevo Morillon, un generale tra scandali e polemiche UN FRANCESE COL CASCO BLU Lg PARIGI W ardimento il generale Morillon deve averlo imparato leggendo «I tre moschettieri». Cappa e spada, indomito, è disposto a tutto purché non gli leghino le mani. Ma alla guida dei Caschi blu Onu la figura dell'eroe guascone gli sta stretta. Fare lo Schwarzkopf in Bosnia non è facile, e il modo di agire del gen. Morillon suscita nell'opinione pubblica francese critiche continue. Per il raid di sabato a Cerska ad esempio, non sono piaciute per nulla le dichiarazioni fatte al ritorno. «Nessuna traccia di massacro» ha affermato il generale, specificando - ed ecco dove le sue parole soprattutto non sono piaciute -: «Non ho sentito odore di sangue. Con l'esperienza da vecchio militare che ho, è difficile che mi sbagli». La città musulmana messa a sacco dai serbi conterebbe un certo numero di feriti seri, ma non i 500 dichiarati dai responsabili municipali alla delegazione Onu. Prioritario «non provocare un sentimento di panico che determinerebbe un esodo», per il generale. E siccome, brutale constatazione: «Non c'era più niente da fare a Cerska», meglio concentrare gli sforzi su Srebrenica. Non è il contenuto di quello che fa il generale a non piacere. La sua carriera è senz'ombra e tutti paiono consci della posizione estremamente scomoda, agli ordini delle Nazioni Unite, posato il berretto nero della sua Arma francese per quello blu Onu. Ma i modi e le parole urtano. «Ottimista di natura, dopo l'incursione a Cerska sembrava tornato da un'escursione», diceva ieri un commentatore televisivo. Non ha creduto che potesse trattarsi di una messa in scena da parte dei serbi: «Li abbiamo presi di sorpresa», ha affermato il generale. E tanto basti. Così in occasione dell'incidente a Sarajevo in cui perse la vita il vice-premier bosmaco, mentre si trovava su un autoblindo Onu. Il gen. Morillon assunse ogni responsabilità per l'accaduto scaricando il col. Sartre (che guida le forze francesi ed era sul mezzo) e affermando che non ad altri che a lui sarebbe spettato «prendere maggiori precauzioni». Ma dichiarò che era quello il giorno più brutto della sua vita e che d'altra parte le visite dei politici mettevano in grave difficoltà i militari. Le Pen lo accusò di disonore per la Francia, e non gli risparmiò duri attacchi. Ma non fu il solo. Allora si citò, e si continua a farlo, che il gen. Morillon si è offerto volontario per la missione a Sarajevo. Si era creduto nell'eroe ó tout prix, mentre sta venendo fuori una sorta di antieroe che invece di rispondere alle aspettative fa in ogni caso di testa sua e non misura le parole. Ha sempre manifestato opposizione assoluta a un intervento militare degli occidentali in Bosnia. «Perché troppo oneroso», la ragione. «Una guerra dev'essere condotta al minimo prezzo e al minimo danno. Se no il rimedio è peggiore del male. E io non conosco nessun chirurgo che assumerebbe i rischi di un'operazione senza chances di riuscita». Sposata totalmente la causa Onu, azione umanitaria, via dei negoziati: un po' già come avesse venduto l'anima. Ma il colmo, dal punto di vista dell'immagine rispetto all'uomo comune francese, lo toccò quando comparve in un telegiornale delle 13, per rispondere sui tentativi di aprire la via per un cessate-il-fuoco. Lo fece esprimendosi in inglese. Su «Le Monde» del giorno dopo si leggeva: «Con le quattro stelle che ha, ha dimenticato che il francese è una lingua internazionale parlata nei cinque continenti?». Tanto valga a dimostrare il carico di tensione nei suoi confronti. L'Eliseo e Joxe non perdono occasione per sostenerlo, e si è cominciato a sentir parlare di riscatto per il personaggio. In francese, lui ha mandato a dire che in ogni modo non sarà mai d'accordo con chi ha il gusto della guerra. Gabriella Bosco Il generale francese Morillon comandante dei Caschi Blu in Bosnia [foto afp]
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