Mp, messa per l'imputato di Tangentopoli

Mp, messa per l'imputato di Tangentopoli Il sacerdote invita a pregare per Marco Bucarelli, detenuto. «Intercediamo per lui davanti a Maria» Mp, messa per l'imputato di Tangentopoli In basilica mille giovani: «Perdona la nostra fragilità umana o Signore» E uno dei fedeli al microfono: golpe strisciante, i giudici sono i padroni ROMA. «Siamo qui, davanti alla Madonna, a pregare per Marco». Una messa per un imputato di Tangentopoli. Succede anche questo e succede per Marco Bucarelli, il leader romano del Movimento Popolare - braccio prosaico di Comunione e Liberazione - in carcere da venerdì scorso. Basilica di Santa Maria Maggiore, le nove di ieri sera, freddo cane. Mille ciellini dentro i cappotti, mille facce preoccupate che guardano verso l'altare, dove don Giacomo Tantardini ha appena cominciato a pronunciare l'omelia. «Perdonaci per la nostra fragilità umana, Signore». Don Giacomo è la guida spirituale di Bucarelli e di CI romana. Ogni due settimane dice messa al suo gregge in questa basilica restaurata di fresco. Ma stavolta l'arresto di «Marco» ha fatto anticipare la cerimonia al lunedì. Il sagrato della chiesa ha cominciato ad animarsi verso le otto e mezzo. Moltissimi giovani, bocche cucite, sguardi diffidenti. La tensione esplode all'arrivo delle telecamere del Tg3. Quasi nessuno vuole parlare ma i pochi che accettano di farlo dicono cose durissime: «Questo è un golpe strisciante. - grida un ventenne dentro il microfono -. Qui nessuno è più sicuro di niente, possiamo tutti essere arrestati da un momento all'altro. Quattro o cinque magistrati la stanno facendo da padroni. Sarebbe invece ora che tornassero a fare il loro mestiere». Un signore più anziano continua a borbottare che deve «parlare assolutamente a Vittorio». «Vittorio» è Sbardella, lo Squalo già ferito da due avvisi di garanzia. Non si farà vedere. Né lui, né gli altri politici legati al suo giro e a quello di CI, come Moschetti e Giubilo, l'ex- sindaco di Roma. Alle nove si entra in chiesa. Organizzazione straordinaria, con il servizio d'ordine che smista i fedeli sulle navate, canti gregoriani, sacerdoti che ascoltano le confessioni standosene in piedi, in mezzo alla folla. Don Giacomo esordisce con un bra- no del Vangelo di Luca dedicato al perdono. Poi parla per dieci minuti, senza mai un fremito nella voce. Non chiama mai Bucarelli per cognome, ma sempre e solo «Marco». «Qualche giorno fa dicevo a Marco che il 1978 è stato un anno drammatico per la Chiesa. Non per lui, però. Perchè è nel '78 che Marco e altri ragazzi cominciarono a vedere l'unica cosa bella della vita: la grazia. E il mondo non può non odiare chi reca in faccia i segni della grazia». Nessun riferimento alle vicende giudiziarie, agli ap¬ palti per l'Università di Tor Vergata, che fra l'altro è proprio la parrocchia di don Giacomo. «Il mondo odia chi ha la grazia in volto», insiste il prete di CI. E il suo «Marco», par di capire, è molto odiato. Ma che importa. «Si può stare in prigione avendo davanti il volto dei santi», lo benedice don Giacomo. Mentre «chi non ha quella compagnia è disperato anche da libero». E per questi disperati, parola che fa rima con magistrati, don Giacomo chiede alla folla di esercitare il più cristiano dei doveri: «Perdoniamo chi ci odia. Chiediamo alla Madonna che ci dia la forza per farlo. Che la dia a noi e a Marco. Prima di entrare in galera ha chiesto a sua moglie di dirmi che mi voleva tanto bene. Ma non è a me che vuole bene, ma alla Srazia. Senza quella grazia, cuore degli uomini diventa pietra». E don Giacomo si siede di schianto, nel silenzio generale. Poi il coro ricomincia a cantare. Massimo Gramolimi Marco Bucarelli vicepresidente del Movimento Popolare

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