Mazzette e inquisiti

Mazzette e inquisiti Applausi solo per Spadolini: «La questione morale è la più grande questione politica» L La Bocconi fischia il «dottor Sottile» Ma il premier esalta il sentimento nazionale: ci salverà Slogan a favore di Borrelli, procuratore di Mani Pulite MILANO. «Via ragazzi, siamo in un'aula universitaria, questa è una lezione». Fa il professore, Giuliano Amato, presidente del Consiglio in visita alla Bocconi per chiedere un po' di silenzio agli studenti che affollano le ultime file dell'aula magna e che lo accolgono urlando. Fischiano dall'alto gli studenti. Sotto, dai banchi dove siedono i docenti della più famosa università italiana e i personaggi del mondo dell'industria e della finanza, partono gli applausi. Fischi, urla, applausi. Passa da qui, da un'aula della Bocconi, la tensione di un lunedì che nella storia di Tangentopoli viene dopo la domenica più drammatica, più intensa, più difficile. Doveva essere la lezione finale di un ciclo sulle responsabilità politiche della classe dirigente dell'economia, questa di Amato. Così doveva essere, secondo un programma bocconiano che tutto aveva previsto tranne gli imprevisti di Mani pulite. Ma come poteva essere rispettato, nella forma e nella sostanza, questo programma in un lunedì di passione come quello di ieri? No, non era possibile far finta di niente. Neppure qui, in questa oasi dorata del pragmatismo e dell'efficientismo. Mai, i bocconiani avevano fischiato i loro ospiti, men che meno quelli illustri. Questa volta è successo. E prima dei fischi sono addirittura arrivate le scritte: uno, due, tre «Ladri, ladri» tracciati a vernice rossa proprio sulla staccionata davanti all'ingresso dell'aula magna, dove Amato doveva per forza di cose passare. Gli studenti l'aspettano. Ma pochi minuti prima che il presidente arrivi, le scritte scompaiono .sotyo la vernice bianca. Fischiano i bocconiani. Per Spadolini invece solo applausi ma, si sa, in Bocconi Spadolini è prima di tutto il presidente dell'università, prima ancora che seconda carica dello Stato. Battono le mani, i bocconiani, quando Spadolini interviene e dice che «la questione morale è la più grande questione politica», quando aggiunge che «dobbiamo avere la massima fiducia nella magistratura e nel Parlamento». E quando sottolinea l'importanza della trasparenza concludendo: «Cerchiamo di esserne degni per riportare l'Italia a essere quello che sognammo fin dagli anni della Costituente, una casa di vetro, dove ogni cittadino possa guardar dentro senza timore di arrossire». Poi tocca a Mario Monti, il rettore, introdurre la lezione di Amato. Auspica, Monti, la formazione di una classe dirigente con una cultura «vicina a quella dell'economia sociale di mercato». E si prende anche lui la sua buona dose di applausi quando auspica che l'attenzione per i problemi dell'economia «non vada in alcun modo a scapito di un'impostazione di trasparenza, di rigore, di rispetto profondo della legalità in tutti i campi». I bocconiani aspettano. Ma di tanto in tanto fanno capire chi è per loro l'eroe del momento: «Borrelli, Borrelli», è lo slogan ritmato che parte piano e si fa quasi boato. Francesco Saverio Borrelli, il procuratore generale, il capo del pool Mani pulite, l'uomo che ha firmato insieme a tutti gli altri giudici del pool la protesta contro il decreto Conso, è seduto in prima fila. Quando Amato prende la parola, alle cinque e mezzo, per metà sono applausi, per metà sono fischi. Poi il presidente fa il professore: «Siamo in un'aula universitaria, via ragazzi, questa è una lezione». E lezione è davvero. Paria del flJff: i" siiiìb aia» I perché non si è mai formata una classe dirigente in Italia, Amato. Spiega come si sono create difficoltà di comunicazione - tra, .amministraaione pubblica, società civile è impresa. Ricorda come tra Stato e imprese non ci sia mai stato contatto se non a livello individuale, tra persone, un rapporto questo che ha favorito «l'appiattimento della classe dirigente» e ha poi datowita alle «degenerazioni». Risultato: il personale politico in Italia è diventato «personale ammini- • W i ■ ì strativo», di scarsa qualità, con scarsa presenza negli organismi internazionali, con poco peso nella comunità europea, con scarsa cultura. Una cultura che va adesso costruita puntando sulla formazione. Ma anche sul «sentimento nazionale», chiude a sorpresa Amato. Sì, proprio sul sentimento che, dice, «deve servire a fare un'Italia migliore». Sono meno degli applausi, i fischi, quando Amato lascia la Bocconi. Il discorso del «professore», anche se non ha convinto tutti i contestatori, ha lasciato il segno. Agnelli lo sottolinea:' «Un messaggio di ottimismo, di necessità, di formazione: ci sono le possibilità di fare». E Borrelli concorda: «Ho molto apprezzato la parte finale non tanto per le note di italianità ma per quelle di speranza e ottimismo», dice. Quando se ne va.'per lui è di nuovo uncoro: «Bravo, bravo». . Armando Zeni li presidente del Consiglio Giuliano Amato alla Bocconi di Milano con Giovanni Spadolini (sotto) e Francesco Saverio Borrelli (a destra) In basso: la manifestazione davanti al Palazzo di Giustizia

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