Dei graffiti e delle pene

La Banda Osiris all'Erba e Barberio Corsetti al Teatro Settimo La Banda Osiris all'Erba e Barberio Corsetti al Teatro Settimo Pei graffiti e delle pene «Il caso Robinson» tratto da Kafka: storia un po'faticosa di emigrati «Il ritorno di Buttetfly» intelligente oltraggio e bricolage musicale TORINO. Scatenati graffiti musicali con la Banda Osiris (all'Erba) e pensose pene kafkiane (al Garybaldi di Settimo). Nell'affollata programmazione teatrale della settimana che si conclude si sono insinuati due spettacoli diversissimi per tensione e per presa sul pubblico. Il Kafka ospitato dal Teatro Settimo consiste nel «Caso Robinson», siglato da Giorgio Barberio Corsetti e interpretato da Roberto Rustioni. E' l'ultima tappa di una ricerca che Barberio Corsetti va compiendo da alcuni anni sulla gran ragnatela narrativa di Kafka e che qui si addensa su «America», il romanzo che ha attratto persino il talento cinematografico di Federico Fellini. «Il caso Robinson» è affidato a un attore solista che, dopo aver fatto capolino da un pannello bianco con angolazioni che sembrano sfidare la legge di gravità, viene a raccontarci l'avventura di un emigrato a New York e di suoi due compagni, Delamarche e Rosman. Tre poveri disgraziati, quasi tre barboni. Ma uno di loro trova un impiego in un albergo e perciò inorgoglisce, acquista una sua minuscola crudeltà. Sono un uomo: nessuna cosa che riguarda l'uomo mi è estranea. ( Terenzio) ENZO BIAGI conduce Di solito si dice "tocca a lei" adesso invece tocca a noi. Enzo Biogi scavo nel cuore degli avvenimenti per cercare di comprendere che cosa sta capitando agli italiani. DA STASERA OGNI DOMENICA AUE 21,40 PAIUIMO Rai. Di tutte, di più. L'altro si fa servitore di una cantante, che finalmente accetta al proprio servizio anche Robinson. Il monologo si srotola fra le durezze metropolitane, le sopraffazioni, le speranze, le minuscole gioie e le delusioni di chi ha ingaggiato con la vita un duello così assurdo da sconfinare nel grottesco. E Rusticoni è il motòrè-di tutta l'avventura, ne è la voce trafelata e irritata; indossa abiti sempre diversi, anche femminili, si lascia inghiottire dalle fessure del pannello come se volesse scomparire nella nostalgia del ventre materno. Interessante. Ma meno di quanto ci aspettassimo. Quasi assente la «griffe» di Barberio Corsetti, molta fatica d'attore ed educata rassegnazione dello spettatore. Tutt'altro discorso per «Opera omnia - Il ritorno di Butterfly», che ha concluso ieri sera le sue poche recite. La Banda Osiris ce lo ha proposto con quello stile musical-clownesco che ne ha decretato la fortuna non solo italiana. Musica colta e popolare, sevizie ai grandi compositori, gag e sberleffi proditori, strumenti martoriati: procedendo come kamikazen, Sandro Berti, Gianluigi Carto¬ ne, Roberto Carlone e Giancarlo Macrì sembrano mescolare tutto alla rinfusa, passano dall'opera lirica alla chitarra hawaiana lasciandosi guidare dall'estro maligno di un'improvvisazione che è in realtà studio meticoloso, metronomo mentale. A far le spese di tanta irriverenza è nientemeno che la «Butterfly», anzi il figlio fanatico di Cio-Cio-San che, al grido di «vendetta, tremenda vendetta», vorrebbe farla pagare a quel fedifrago di Pinkerton. Lo cerca e, cercandolo, viaggia tra le associazioni più libere. Passa per la «Carmen», per «Bohème», per il «Don Giovanni», ma anche per Carosone e per il festival di Sanremo. In questa sorta di marinettismo musicale il quartetto infila battute del tipo «quatto quatto non fa otto», «ha l'alito un po' pesante, ha mangiato risi e tisi»; gioca alla corrida tra un clarinetto e un bassotuba. Con un'energia allegra e fragorosa contagia il pubblico che, alla replica cui abbiamo assistito, era numeroso e divertito. Intelligente oltraggio e bricolage musicale: saprebbero spianare anche gli umori più saturnini. Io. g.]

Luoghi citati: New York, Sanremo, Torino