«Chiese in rovina vendiamole» di R. Cri.

Adesso nasce la pubblicità-bestiario «Le cederemo a patto che non diventino palestre o discoteche» «Chiese in rovino, vendiamole» La proposta del responsabile italiano PERUGIA. Vendere le chiese non più aperte al culto per evitarne il degrado: è l'ipotesi che sta prendendo corpo in seguito alla costante diminuzione delle parrocchie e di fronte all' eventualità che le chiese non più officiate vadano in rovina. Ieri il presidente della Consulta della Chiesa per i Beni culturali, monsignor Pietro Antonio Garlato, intervenendo a Perugia al convegno organizzato dal Fai (Fondo italiano per l'ambiente) sul riuso dei beni monumentali, ha detto che «dopo il calo delle parrocchie da 27.500 a 25.000, la Chiesa sta valutando quella che è ormai più che un'ipotesi: vendere, a determinate condizioni, i luoghi di culto non più tali, pur di evitare che vadano in rovina». Da qualche anno, con schede compilate in collaborazione con l'Istituto centrale per il catalogo, la Chiesa ha promosso un inventario generale dei propri beni culturali, che sono «la gran parte - ha detto monsignor Garlato - di quelli italiani». Solo al termine di questo complicato lavoro di catalogazione si saprà quante saranno, delle oltre 95 mila chiese italiane, quelle da porre eventualmente in vendita: «Ma una prima, sommaria stima - ha rilevato il prelato - ci fa prevedere una percentuale del 10 per cento». All'atto di questa «che sarà comunque una vendita "obtorto collo", la Chiesa porrà "condizioni ferree" sul riutilizzo dell'immobile non più sacro». Sono le condizioni contenute nella «carta» sul riuso che la commissione pontificia emanò nel 1987, e che, in generale, vietano usi «sconvenienti» e auspicano gli usi di carattere «strettamente culturale». «Certo - ha osservato monsignor Garlato - tra questi mi pare non possa rientrare, com'è successo a Pesaro e a Venezia, l'uso di ex chiese come palestre di pugilato o di basket, o, come si è proposto in qualche occasione, per sfilate di moda: resta comunque il fatto che il riuso è l'unico modo per evitare il degrado degli edifici non più di culto». Monsignor Garlato ha parlato di «sensibilità crescente» della Chiesa per la tutela dei beni culturali, ricordan¬ do che risale al 1820 un editto del cardinale Pacca al quale si ispirarono poi le norme sulla materia in vari paesi europei. «Tra i sacerdoti forse - ha aggiunto - quelli anziani erano più sensibili su questo fronte: ora l'arte sacra non fa più parte dei programmi di formazione sacerdotale». E' del 1990 però l'istituzione di un corso biennale all'Università Gregoriana di Roma sulla tutela delle opere d'arte, mentre è recente una circolare della commissione pontificia a tutti i vescovi del mondo per sensibilizzare gli aspiranti sacerdoti su questi temi. «E noi auspichiamo - ha concluso monsignor Garlato - che in ogni diocesi ci sia un referente su questa materia». Anche in Gran Bretagna suscita dibattito il riuso cu vecchie chiese e abbazie, che vengono vendute come edifici in rovina. L'ultima polemica riguarda l'Abbazia di Revesby, che verrà messa all'asta il 24 marzo e si calcola che renderà appena 100 mila sterline (circa 250 milioni di lire). [r. cri.]

Persone citate: Garlato, Pacca, Pietro Antonio Garlato

Luoghi citati: Gran Bretagna, Perugia, Pesaro, Roma, Venezia