Martini: ho visto da vicino l'Aids

Per amore di un carcerato Il cardinale di Milano ha raccontato la vicenda di un giovane morto un anno fa Martini; ho visto da vicino l'Aids «Mi scriveva: a che cosa serve tenere in vita uno come me? Si sentiva solo e considerava la malattia come una colpa» MILANO. A cosa serve tenere in vita uno come me, scriveva Renato al cardinale Martini, visto che la guarigione è impossibile, un'agonia lunga e dolorosa è alle porte, e i costi per assistermi, che sono tanti e alti, sono destinati a pesare sull'intera società? Non sarebbe il caso, s'interrogava allora, di «cambiare la morale nei confronti della morte»? Intendeva di praticare l'eutanasia a persone nelle sue condizioni. Renato è morto da più di un anno. Era un malato di Aids; quel nome, per riservatezza estrema, gliel'ha inventato il cardinale ieri mattina, leggendo le sue lettere a un convegno organizzato dalla Fondazione Aids-Aiuto. Prima gli inviò la lettera della disperazione; gualche mese dopo, poco prima di morire, scrisse quella della speranza. Il cardinale legge con voce alta e chiara, nella platea c'è un grandissimo silenzio. Medesimo tono controllato, denso, per porgere le sue considerazioni: «Manca, oggi, l'ars moriendi», afferma. Un tempo, a morire ci si preparava. La fine della vita, ammonisce Martini, non è solamente un fatto biologico, bensì un'esperienza del singolo nella quale molta importanza hanno i sentimenti «che devono essere orientati, plasmati e governati per potere affrontare quel momento in modo umano». Appena il male lo aggredì, Renato era terrorizzato all'idea del morire. Ed era solo, la gente intorno associava la malattia con la colpa. «Va certamente cambiata la morale nei confronti della morte», prosegue il cardinale, «ma non in senso negativo, perché se la solitudine è la ragione profonda del senso dell'angoscia e della sofferenza, non si risolve il problema eliminando l'individuo, ma essendo prossimi a lui». Il «farsi prossimo» che caratterizza tutta la filosofia morale di Martini è questa volta rivolto ai malati di Aids. Il loro destino si inserisce in una società nella quale si muore generalmente soli, magari in ospedale, sottratti alla vista di chi continua a vivere: «Il morente è una sconfitta degli ideali e degli stili di vita della nostra società». Benessere e consumi hanno sconfitto solidarietà e vicinanza. Eppure la morte può rivelare tratti essenziali della vita, come la sua finitezza, il nostro stato di creature subordinate al creatore, la constatazione che l'esistenza è un bene ricevuto anche per utilizzarlo al servizio degli altri. Ma, oltre a provocare una reazione di terrore, la morte può suscitarne anche una di desiderio; i riferimenti biblici tramandano che ciò può avvenire a causa di una vita troppo amara, o di «un'acuta e pessimistica percezione della vanità del tutto», o per colpa morale, o per ricerca del bene maggiore. «Sia la paura che il desiderio della morte devono essere illuminati nelle loro motivazioni profonde per ricevere un aspetto umano», afferma Martini commentando quella prima lettera. Ma ecco la seconda, scritta quando il male infieriva e il tempo della vita stava per finire. Lo sgomento era passato. Solamente ora, raccontava Renato, «sto prendendo la mia vita dannatamente sul serio, ho preso consapevolezza di quella vita che ho sempre disprezzato e che non ho mai amato». Era un eroinomane, nemmeno per amore era riuscito a smettere, nemmeno dopo avere scoperto di essere sieropositivo: perciò «anche se fossi guarito non sarebbe servito a nulla». Ma durante l'ultimo anno e mezzo di vita non si bucò. «Dio», così continuava quell'ultima lettera, «mi ama attraverso la sofferenza fisica e spirituale mia e di coloro i quali mi stanno vicino, vuole che io gli renda un'anima che sia pura come subito dopo il battesimo». E subito dopo: «Non credermi matto, sono totalmente cosciente di ciò che scrìvo e nel pieno possesso delle mie facoltà mentali». Anche nelle sofferenze più profonde, conclude il cardinale, c'è un senso: «Tutti siamo chiamati a comprenderlo in spirito di fraternità e di amicizia». Ornella Rota Il cardinale Martini è intervenuto ieri ad un convegno organizzato dalla Fondazione «Aids-Aiuto» e ha letto alcune lettere inviate da un giovane

Persone citate: Ornella Rota

Luoghi citati: Milano