I golpisti sul palco «Eltsin zar dei ladri di Foto Ansa

I golpisti sul palco «Eltsin zar dei ladri Trionfo tra le bandiere sovietiche e zariste e l'inno delTUrss I golpisti sul palco «Eltsin zar dei ladri » MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Il cinema «Udarnik» (Lavoratore d'avanguardia) è stracolmo di gente. L'attesa è quella dei grandi momenti. Sul palco due bandiere: quella rossa, con falce e martello dell'Urss, e quella tricolore, nero-giallo-bianca della Russia pre-rivoluzionaria (ben diversa da quella ufficiale della Russia di Eltsin). Suona l'inno sovietico e entrano i «golpisti di agosto». In testa a tutti l'ex presidente Janaev, poi Lukianov, Kriuchkov, Baklanov, il generale Jazov (in borghese), e il generale Varennikov (in divisa con tutte le onoreficenze e l'ordine di Lenin). Poi tutti gli altri e un codazzo di deputati del parlamento. E' l'apoteosi, il tripudio dei 1200 convenuti che hanno trovato il biglietto. Fuori ne restano altrettanti. Presentatore il direttore del giornale «Den», che ha organizzato l'incontro, Aleksandr Prokhanov, ideologo del «nazional-comunismo». Si comincia con un minuto di silenzio in onore dei «caduti» del golpe. Non i tre morti in piazza, schiacciati dal carro armato, bensì dei due suicidi post golpe: Boris Pugo e il generale Akhromeev. E comincia la sfilata. Parlano tutti, primo Lukianov. Ringraziano per la solidarietà. Il processo incombe. Ma non sembrano temerlo. Qui gli accusatori sono loro. E l'accusato è Eltsin, il «vero traditore» della patria, esclama Janaev. Con Gorbaciov, vero responsabile di «tutto il disastro successivo, in quanto iniziatore della perestroika», dice l'ex capo del Kgb Kriuchkov. Altro che golpe. «Gli eventi di quell'agosto - esclama il poeta Lukianov - furono l'ultimo disperato tentativo in extremis di salvare il paese dal baratro». Giustificarsi? Nemmeno per sogno. «Guardate in che stato hanno ridotto il paese. Il vero golpe l'hanno fatto loro». Prokhanov introduce via via gli oratori, mentre il pubblico si alza in piedi ad applaudire ciascuno. Poi è la volta di Ghennadi Ziaganov, il nuovo leader dei comunisti di Russia. E dalla storia si passa all'attualità più stringente: «Questo è un regime dove su ogni dieci persone si contano nove derubati e un ladro. Non possono reggere a lungo. Gli restano poche cartucce. Dovranno ricorrere alla violenza. Sono una banda di malfattori che spinge il paese alla guerra civile. Ma li fermeremo». Valentin Pavlov guadagna la sua razione di applausi invitando a «prendere il potere per fermare la «truffa antipopolare della privatizzazione». E Kriuchkov esclama: «se perdiamo il Congresso, perdia¬ mo la Russia». Anzi l'Unione Sovietica, perché tutti i convenuti, platea e palco, sono convinti che l'Urss risorgerà. A tutti i costi. E il clima di tensione che si respira nell'Udarnik non è poi così diverso da quello della «Casa Bianca», dove i deputati, in quel momento, stavano votando una legge speciale per dotarsi di una polizia speciale, per «difendere il Congresso», ben separata e indipendente dalla guardia del Cremlino, che difende Eltsin. Il quale, ieri, parlando a un gruppo d'imprenditori, ha lanciato un altro messaggio, questa volta pacificatore: «Sono favorevole alla fine della contrapposizione tra i poteri», ha detto, lamentando che il parlamento «respinge le mie proposte». Ieri Eltsin non ha più fatto cenno alla misteriosa «opzione finale» che avrebbe in serbo in caso le cose volgessero al peggio per lui. E ha lasciato capire che potrebbe rinunciare all'idea del referendum, avanzando l'idea di una «legge sui poteri», da approvare in extremis, per definire le competenze del Presidente, del parlamento e del governo. Ma un accordo, pur estremamente diffìcile, tra Eltsin e Khasbulatov, a questo punto, non sembra in grado di salvare la situazione. I comunisti e i nazional-patrioti sembrano intenzionati a mettere in minoranza l'uno e l'altro e a strappare la decisione di elezioni anticipate per Presidente e parlamento. Partono dalla convinzione che da qui a ottobre gli umori del paese volgeranno a loro vantaggio. Non è difficile concordare con l'opinióne di molti osservatori: dal golpe di agosto 1991 la situazione non è mai stata altrettanto pericolosa. GiùIietto Chiesa I tre capi del golpe d'agosto da sinistra Gennady Janaev Anatolij Lukianov e Vladimir Kriuchkov salutano i fedelissimi [FOTO ANSA]

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