«Italia devi far presto o il Mozambico morirà di nuovo»

Trionfo tra le bandiere sovietiche e zariste e l'inno delTUrss LETTERA DA MAPUTO «Italia, devi far presto o il Mozambico morirà di nuovo» COSA trovano i soldati italiani che arrivano in Mozambico? Certo non la situazione ingovernabile e minacciosa della Somalia, ma nemmeno una condizione di pace stabile. I mozambicani hanno fretta di voltare pagina, di lasciare alle spalle 15 anni di sofferenze incredibili (1.000.000 di morti per guerra e fame). Vogliano la pace subito. Anche i soldati delle due parti, fino a ieri in lotta, sono desiderosi di pace: se saranno aiutati concretamente, lasceranno ben volentieri le armi per un po' di terra e di futuro. Ma nonostante questo la pace è ancora lontana. Non si spara più da mesi, ma molti e nuovi sono i segnali minacciosi che si addensano nell'ex colonia portoghese. Cosa è successo, infatti, in Mozambico dalla firma dell'Accordo di Pace del 4 ottobre, raggiunta attraverso l'atipica mediazione del governo italiano, della Comunità di S. Egidio e della Chiesa mozambicana? Quasi niente. L'Accordo prevede che in un anno si tengano le elezioni. Ne è passato quasi metà ed ancora non si è avviata nemmeno la concentrazione delle truppe in luoghi concordati, primo e decisivo passo per scongiurare una ripresa della guerra. Siamo appena all'inizio. I motivi sono tanti. Soprattutto si chiamano Onu, che solo nelle scorse settimane ha inviato una buona parte degli osservatori (in tutto sono Ribelli deI osse I ades adesso poco più di 200) men- tre, tra indecisioni e ritardi, hanno appena preso ad arrivare i primi caschi blu italiani. E gli italiani sono e saranno per un po' non solo primi, ma gli unici. Serviranno intanto a mandare a casa i soldati dello Zimbabwe, problema ieri spinoso, che ha fatto penare i mediatori, ma che, certo, oggi non è prioritario. Per l'arrivo degli altri caschi blu non ci sono ancora date sicure. Tutta la più minuziosa macchina di verifica (concordata a Roma dai mediatori con la stessa Onu) prevista nell'Accordo, quindi, funziona poco o per niente. Le conseguenze ci sono e si iniziano a vedere. Il ritardo esaspera i tatticismi delle due parti, che iniziano a mettere a lato quello che unisce e prestano attenzione a quello che divide. L'esatto contrario di quello che è stato chiamato «lo spirito di Roma». Problemi piccoli e di soluzione non complicata (la casa per Dhlakama leader della guerriglia, la logistica per la Renamo in Mozambico, la distribuzione degli aiuti, lo sminamento) sono diventati terreno di scontro, verbale e politico. Se l'Onu non mantiene i patti, il governo mozambicano da parte sua può non muovere un passo più del dovuto, suscitando la reazione risentita dell'altra parte. Si delineano allora problemi di difficile composizione. Come ad esempio quello della polizia. La Renamo accusa il governo di avere di fatto spostato una parte dell'esercito nella polizia, creando così tutte le condizioni per reprimere le attività Renamo in maniera legittima. Il governo risponde invocando la lettera dell'Accordo e negando ogni addebito. La Renamo avverte che certo non si farà mettere nelle condizioni di Savimbi in Angola, cioè: «Se le cose non cambiano, torniamo nella foresta subito e non dopo le elezioni». In questi giorni ho potuto incontrare i due Presidenti, Chissano e Dhlakama, per ricreare quella trama di contatti in passato decisivi per il raggiungimento della pace, ugualmente indispensabili ora per mantenerla. Quello che serve oggi in Mozambico - e in fretta perché non scivoli verso la situazione angolana - è, sì l'immediato arrivo dei caschi blu, ma unito a una iniziativa politica forte, con una puntuale presenza della comunità internazionale. C'è, insomma, un «costo della pace» che va assunto da chi può e da chi deve, dall'Italia in primo luogo per l'eccezionale ruolo che le viene , ^riconosciuto. Senza questo tutto diventa difficile, se non impossibile. iU Nulla è perduto, ma certo tutti dobbiamo fare in fretta. don Matteo Zupp «Solo ora arrivano i primi Caschi blu E la guerra civile può riesplodere» Don Matteo Zuppi, della Comunità romana di Sant'Egidio, è stato uno dei protagonisti della trattativa di pace tra il governo marxista del Mozambico e i ribelli della Renarne Ribelli della Renamo si riposano nella savana

Persone citate: Chissano, Matteo Zupp, Matteo Zuppi

Luoghi citati: Angola, Italia, Maputo, Roma, Sant'egidio, Somalia