Conso «è sfata tradita la giustìzia» di Enzo CarraFabio Martini
Il Guardasigilli in Parlamento: un fatto grave le catene durante il processo ad Enzo Carra Il Guardasigilli in Parlamento: un fatto grave le catene durante il processo ad Enzo Carra Conso: «P sfata tradita la giustìzia» «Un episodio che disonora il Paese, è caccia all'untore Ce bisogno di nuovi chiarimenti e di provvedimenti» ROMA. Il rito va in frantumi a mezzogiorno in punto: nell'aula di Montecitorio si presenta Giovanni Conso al suo debutto e invece della rituale risposta in politichese alle interrogazioni sul caso Carra, il ministro di Grazia e Giustizia propone un racconto palpitante, minuto per minuto, delle sette ore trascorse in catene da Enzo Carra. La relazione del ministro diventa l'anatomia di un misfatto. Lo stesso episodio Conso lo racconta da tre visuali diverse, sulla base di tre relazioni diverse: comando dei carabinieri, carcere di Milano, procura. E di quelle relazioni, riferite testualmente, via via Conso mette in luce le contraddizioni, dando un giudizio severissimo di quel che è accaduto tre giorni fa nel tribunale di Milano: «E' stata tradita la giustizia». Un racconto in diretta quello del Guardasigilli. E' mezzogiorno e venti, Conso sta parlando da venti minuti, quando si interrompe e fa un annuncio irrituale: «Finalmente! La relazione del procuratore generale di Milano che mi era stata promessa ieri per stamani, mi è arrivata in questo momento, alle 12,24. Ero quasi rassegnato a doverci rinunciare. Ora potremo leggerla insieme...». Giovanni Conso ha parlato per un'ora e venti: molti fatti, ma anche molta passione civile: «L'episodio disonora l'im- magine del Paese», perché «la giustizia non può essere caccia alle streghe, gazzarra, caccia all'untore». Le responsabilità? Conso non sembra persuaso che siano tutte dei carabinieri: «Nel miscuglio di competenze è possibile che si affacci lo scaricabarile». Uno stile quello di Conso che, per una volta, ha messo d'accordo tutti: alla fine si sono dichiarati «molto soddisfatti» i partiti di governo, ma anche le opposizioni: «Lei ha fatto onore al Parlamento», ha detto il repubblicano Galasso, il pidiessino Bargone ha ringraziato Conso «per il linguaggio di verità al quale non siamo abituati», o per dirla col verde Boato perché ha risposto «con l'opposto di certi mattinali». Ieri mattina a Montecitorio c'erano pochi deputati - circa 70 - ma per «festeggiare» l'infortunio dell'inchiesta Mani pulite erano accorsi a Montecitorio parecchi onorevoli «indagati»: tra gli altri Sbardella, Tabacci, La Ganga, Dell'Unto, Pomicino, Signorile. Il ministro Conso, già presidente della Corte Costituzionale, ha iniziato il suo racconto a mezzogiorno. La prima relazione citata è quella del carcere di Milano: Enzo Carra esce dal carcere in catene perché assieme a lui ci sono altri 51 detenuti e in questi casi «ci sono esigenze non facilmente superabili». Ma oltre a questo Carra risulta nell'elenco dei detenuti come «grande sorvegliato». Spiega il direttore del carcere: «La valutazione della pericolosità del detenuto non spetta a noi». Ma qualche minuto dopo Conso leggerà la relazione del procuratore della Repubblica di Milano Catelani che su questo punto spiega che sta all'autorità penitenziaria stabilire la «pericolosità» del detenuto. Commenta amaro Conso: «E così la sigla grande sorvegliato la mettono a tutti. E questo non va». Ed è «intollerabile» che manchino «norme precise» su chi debba decidere a chi spettino le manette. Carra sale sui furgoni dei carabinieri e passa sotto la loro giurisdizione e qui Conso cita la relazione del comando generale: si racconta del tragitto in furgone, dell'arrivo al tribunale, dove Carra viene trasferito nella «camera di attesa dei processi». E qui Conso fa il suo commento: «Una di quelle camere disadorne e cupe, nelle quali si aspetta per ore il momento del giudizio, quando arriva qualcuno che dice: è l'ora di sabre». E l'ora scocca alle 13,57: il maresciallo capo chiama Carra, che a questo punto non è più assieme ad altri detenuti e, secondo la legge, dovrebbe essere liberato dalle manette. Non è così. Racconta il ministro: «Attraverso un lungo tragitto, portato in berlina», Carra viene trasferito verso l'aula da 4 carabinieri e commenta il ministro «di solito ne bastano due...». Di nuovo la relazione dei carabinieri: «La scorta deve farsi largo lungo il corridoio di obbligato passaggio», tanto che la pressione di telecamere e giornalisti lacera la divisa e provoca lo schiacciamento del torace di un carabiniere. Finalmente la scorta entra nella sala d'udienza, Carra, sempre in manette e bersagliato dai flash, viene messo nella gabbia e solo a questo punto «un po' tardi per consolarci», arriva «il primo atto di civiltà»: il pubblico ministero libera Carra dalle manette e lo fa sedere accanto ai suoi avvocati. Alla fine restano tanti enigmi insoluti, tante zone grigie. Per esempio: chi si occupa del trasferimento dei detenuti all'interno dei palazzi di giustizia. «Non è possibile che non ci si curi di questo problema», dice Conso, alludendo a possibili responsabilità della magistratura. E conclude: «Il fatto accaduto è tanto grave da richiedere ulteriori chiarimenti e provvedimenti». Fabio Martini Giovanni Conso, nuovo ministro di Grazia e Giustizia ha parlato per un'ora e venti
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