Carro in manette pagano i carabinieri di Ruggero ConteducaEnzo Carra

Andò prima annuncia il provvedimento e poi precisa: non cerco capri espiatori Andò prima annuncia il provvedimento e poi precisa: non cerco capri espiatori Carro in manette: pagano i carabinieri L'Osservatore: «Incivile esposizione al pubblico ludibrio» Ma Miglio: «La gente li vorrebbe con casacche a righe» ROMA. La notizia piove come una bomba in Consiglio dei ministri di buon mattino: tre carabinieri, un ufficiale, un maresciallo e un appuntato, sono stati individuati come responsabili, e già sospesi dal servizio, per aver ingiustamente condotto Enzo Carra in aula con i ferri ai polsi. A mettere al corrente Giuliano Amato e gli altri componenti del governo è il ministro della Difesa, Salvo Andò, che affida più tardi un comunicato alle agenzie di stampa per spiegare come egli stesso si sia attivato dopo la trasmissione dei telegiornali della sera precedente e le sdegnate reazioni da parte di quasi tutti i gruppi politici in Parlamento. Ha inizio così una delle tante giornate tumultuose che ormai da tempo contrassegnano la vicenda di Tangentopoli e che si conclude a tarda sera con una messa a punto dello stesso ministro socialista. «Io - puntualizza Andò, dopo che da più parti si erano levate voci di sdegno contro il tentativo di scaricare tutto «sui tre poveri carabinieri» - non ho preso alcun provvedimento. Ho chiesto un rapporto che potesse chiarire come sono andati i fatti e ho chiesto di sapere se nel caso di irregolarità fossero state adottate delle misure. Si è trattato di provvedimenti presi dall'Arma dei carabinieri». «Non credo proprio che si tratti di trovare o di punire comunque dei capri espiatori». Andò approfitta di una delle tante pause di un lunghissimo Consiglio dei ministri per correggere il tiro su un provvedimento che ha sollevato polemiche violente, ma che in mattinata gli era valso i complimenti del ministro guardasigilli, Giovanni Conso, «per la tempestività delle decisioni adottate». Ma davvero, comincia subito a chiedersi qualcuno, la colpa di quelle vergognose immagini di Enzo Carra in manette e rinchiuso in aula nella gabbia degli imputati con la semplice accusa di falsa testimonianza, è da attribuirsi ai soli tre carabinieri? I primi dubbi li manifesta lo stesso ministro Conso in aula, a Montecitorio, quando ricostruisce assieme ai pochi deputati presenti, sulla base dei rapporti giunti «con insolito ritardo» da Milano, le fasi della vergognosa vicenda. Chi invece picchia duro, come sempre, è l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che è il primo a insorgere in favore dei carabinieri. «Non possiamo rendere colpevole - dice - un appuntato dei carabinieri che, in un lungo elenco, trova un detenuto che gli viene indicato "a grande sorveglianza". Carra è un mio carissimo amico, al quale voglio molto bene, ma, francamente, fare di un appuntato dei carabinieri il capro espiatorio mi sembra un modo del tutto italiano di aver paura di indicare le vere responsabilità». E già, perché secondo il comunicato del ministero della Difesa, Enzo Carra sarebbe stato classificato dalla direzione del carcere come detenuto «a grande sorveglianza». In più, stando all'indagine effettuata dall'Arma, il comandante della sezione Tribunali non avrebbe personalmente seguito le varie operazioni né avrebbe curato la puntuale applicazione delle norme in vigore. Il maresciallo e l'appuntato, infine, avrebbero disatteso le disposizioni in materia di traduzioni avendo applicato al detenuto i ferri nonostante si trattasse di traduzione individuale all'interno del palazzo di giustizia. Da qui la decisione dei vertici dell'Arma di esonerare, cautelativamente, i tre carabinieri in attesa delle sanzioni definitive che faranno seguito al procedimento disciplinare. E da qui le reazioni di quanti altri, sulle orme di Cossiga, trovano che prendersela con i tre carabinieri sia un modo molto semplicistico per chiudere il «pasticcio». «L'esonero dei tre militari dell'Arma - osserva il segretario missino Gianfranco Fini - sembra l'offerta degli agnelli sacrificali ai signori del Palazzo che hanno strepitato per il caso Carra». Insomma, come ha sottolineato anche il segretario federativo radicale, Giuseppe Rippa, i tre carabinieri di Milano sarebbero «i primi stracci che volano», «così come aggiunge - stanno per volare i funzionari del penitenziario dove Carra è detenuto». «Questi comportamenti perversi contro un presunto innocente - osserva - sono solo frutto dell'aria perversa che tira e scaricare responsabilità su carabinieri e funzionari è miserevole». E sul clima velenoso e avvelenato che circonda Tangentopoli interviene anche L'Osservatore Romano. E' andata meglio per Rima che per Carra, scrive il giornale del Vaticano. «Se è vero che la giustizia va applicata con equità utilizzando provvedimenti proporzionati al reato contestato, ebbene questa volta il criterio è stato capovolto. E ciò non è meno grave di una assurda, incivile esposizione al pubblico ludibrio». Contro queste considerazioni la Voce Repubblicana e l'ideologo leghista Gianfranco Miglio. La Voce si schiera con i giudici milanesi sottolineando come siano stati gli unici a comportarsi correttamente. Una risposta implicita a Forlani che aveva bollato come metodi da Gestapo quelli usati contro il suo ex portavoce. «Per l'opinione pubblica - taglia corto Miglio - quelle immagini sono poca cosa perché tutti i cittadini stanchi di questa classe dirigente vorrebbero vedere quei signori ai lavori forzati e con le casacche a righe come nelle vignette». Reazioni anche da parte del Cocer dei carabinieri, sondale con i colleghi colpiti, e del Sap, il sindacato autonomo di polizia. Più critico il Siulp, l'altra associazione del ministero dell'Interno, secondo cui i carabinieri «esagerano» con i «ferri». Ruggero Conteduca Enzo Carra (foto grande) A sinistra il ministro Salvo Andò Sopra Francesco Cossiga

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