Ebrei ed italiani d'America quei pezzi di destino comune

Il nuovo saggio di Hertzberg, storico del sionismo Il nuovo saggio di Hertzberg, storico del sionismo Ebrei ed italiani d'America quei pezzi di destino comune Va in libreria, edito da Bompiani, il nuovo saggio di Arthur Hertzberg Gli ebrei in America. Per l'edizione italiana l'autore ha scritto una prefazione, che anticipiamo. E' dedicata alla storia comune, pur nella diversità, che italoamericani e ebrei hanno vissuto dal momento in cui sono sbarcati sui moli di Hellis Island, e a come lo scontro con una società protestante ha agito sulle due comunità. MOLTI anni fa, nel 1959, pubblicai il mio primo libro, intitolato L'idea sionista, nel quale definivo — il sionismo come il più importante tentativo ebraico di affrontare l'antisemitismo e rifondare la propria cultura nel mondo moderno. Detti una copia del volume a un amico che era uno dei leader della comunità nera, il compianto Bayard Rustin. Qualche giorno dopo mi telefonò per dirmi che nel libro sarebbe bastato sostituire la parola ebreo con negro per avere una descrizione esatta del suo stesso stato d'animo. Come gli ebrei, i negri combattevano contro antichi pregiudizi e cercavano anch'essi di dare un senso contemporaneo alla loro eredità etnica. Ricordo questo episodio quando penso a questo libro, Gli ebrei in America. In sostanza, l'esperienza degli immigrati italiani in America è stata simile all'esperienza degli ebrei che qui descrivo. Esistevano, tuttavia, delle differenze. Nove immigrati ebrei su dieci provenivano dalle città; gli italiani, prima di emigrare, erano stati per la maggior parte contadini. Nel Ventesimo Secolo il fascismo rappresentò un motivo di imbarazzo per gli americani di origine italiana, ma è impossibile paragonare questo disagio con le ferite che l'era nazista inflisse agli ebrei americani. Nelle professioni liberali gli ebrei si fecero strada più velocemente degli italiani, perché si trovavano maggiormente a loro àgio nelle città in cui avevano sede le istituzioni della cultura. Queste sono differenze importanti tra i due gruppi. Le somiglianze sono tuttavia assai più significative. Circa un secolo fa, quando le grandi masse di ebrei e di italiani cominciarono ad arrivare in America, il Paese era dominato dalla cultura inglese protestante. L'Inghilterra era stata la madrepatria delle tredici colonie che si ribellarono nel 1776 per creare una nuova repubblica. Gli italiani erano cattolici e mediterranei; gli ebrei erano seguaci del giudaismo e la maggior parte di essi proveniva dall'Europa orientale. Gli ebrei e gli italiani, le due comunità di immigrati più numerose, non potevano essere più diversi per religione e temperamento. Paragonati alla maggioranza protestante erano ancor più diversi dei cattolici irlandesi, che provenivano da un Paese dominato dalla Gran Bretagna e che non parlavano il gaelico, la loro antica lingua, ma l'inglese. Nonostante i pregiudizi che allora esistevano contro gli irlandesi, tutti i tentativi di limitare l'immigrazione furono diretti essenzialmente contro gli ebrei e gli italiani. All'inizio del Ventesimo Secolo gli ebrei e gli italiani si unirono nella battaglia contro quelle leggi, ma nel 1924 furono sconfitti. Da quel momento in poi sarebbero stati ammessi pochissimi ebrei, italiani e slavi (anch'essi troppo «stranieri», troppo diversi dalla maggioranza protestante). Il sindacato fu un altro ambito in cui gli ebrei e gli italiani collaborarono. Nei primi anni di questo secolo, nell'industria tessile, nella produzione di capi di vestiario, i lavoratori ebrei erano la maggioranza dominante, ma gli italiani rappresentavano una minoranza piuttosto numerosa. Per ambedue le comunità la spinta a fondare delle organizzazioni sindacali per la difesa dei diritti dei lavoratori aveva avuto inizio in Europa. Alcuni degli immigrati di tutti e due i gruppi avevano già una coscienza di classe. Avevano abbandonato il loro Paese ed erano venuti in America per protestare contro le ingiustizie sociali: non avrebbero tollerato l'oppressione da parte dei capitalisti nel Nuovo Mondo. Una tale comunanza di idee favori la vicendevole comprensione di ebrei e italiani nei sindacati. E' ormai trascorso più di un secolo dall'inizio delle migrazioni di massa, e gli americani di origine italiana ed ebraica nati e cresciuti negli Stati Uniti si trovano adesso nella loro terza o quarta generazione. Il ricordo dell'Ucraina o della Calabria è svanito. Fatta eccezione per quei pochi che hanno imparato a scuola le lingue dei loro antenati, i nipoti e 1 pronipoti degli immigrati non parlano più yiddish o italiano. Eppure, queste due identità non sono state dimenticate; ciò vale anche per quegli esponenti dell'una e dell'altra co¬ munità che hanno raggiunto i vertici socialmente più alti: Mario Cuomo è il governatore di tutti i cittadini dello Stato di New York e il regista cinematografico Steven Spielberg è forse la personalità più famosa di una moltitudine di personaggi hollywoodiani che si sono distinti a livello mondiale nel campo dell'industria dello spettacolo. I rappresentanti della generazione di Cuomo sono ancora consci della loro eredità culturale italiana e i coetanei di Spielberg ricordano le loro radici ebraiche. Ma cosa rappresentano queste memorie per gli americani che sono anche ebrei e italiani? Non lo sappiamo ancora, ma alcune indicazioni ci fanno presagire cosa accadrà in futuro. E' probabile che. tra un paio di generazioni una grossa fetta della comunità-avrà dimenticato le proprie origini. La percentuale di matrimoni misti tra italiani e americani la cui origine non è italiana, o che addirittura non sono cattolici, è molto alta: più della metà di tutti i matrimoni contratti dai nipoti di immigrati. Le stime più recenti riguardanti gli ebrei rivelano che proprio in questo gruppo, composto da figli e nipoti di immigrati, vengono contratti matrimoni misti nella percentuale del cinquanta per cento. In ambedue le comunità, tra i figli nati da queste coppie miste, l'identità con il proprio passato etnico è drammaticamente sempre più debole. D'altro canto la società americana sta attualmente subendo una sostanziale trasformazione. Adesso le porte dell'immigrazione sono più che aperte, e ogni anno giungono in America circa due milioni di nuovi immigrati che provengono da tutto il mondo. Ogni nazionalità del Sud America, dell'Asia e dell'Africa è rappresentata da comunità sempre più numerose. La società americana sta diventando un insieme di minoranze etniche; gli europei di razza bianca sono ancora la minoranza più cospicua, ma non sono più la maggioranza. L'identità etnica è diventata più importante per tutti, anche per i gruppi di più lontana immigrazione, poiché gli americani sono costretti a rinegoziare i termini secondo i quali possono, e scelgono, di vivere insieme. A dispetto della nuova situazione, esistono delle sostanziali differenze tra gli italiani e gli ebrei. La prima riguarda il problema dell'antisemitismo. Questo singolare pregiudizio non ha un parallelo. Colpisce gli ebrei anche quando sembra che abbiano raggiunto un certo livello d'integrazione nella società in cui vivono. Vi è prova certa che negli Stati Uniti non sia scomparso, e inoltre gli ebrei d'America sono molto preoccupati per la nuova ondata di antisemitismo che imperversa in Europa. Ovunque queste manifestazioni si verifichino, ricordano agli ebrei che sono diversi da tutte le altre minoranze americane e che soltanto il loro popolo ha subito il genocidio. La seconda differenza tra ebrei e italiani d'America, per quanto mi consta, non è mai stata veramente definita. Riguarda la fondamentale consapevolezza che ognuno di questi gruppi di immigrati ha portato dal proprio Paese. Gli italiani arrivarono negli Stati Uniti - o in Argentina convinti che la continuità con la cultura italiana fosse rimasta al sicuro nella madrepatria e che ognuno avesse il diritto di seguire il proprio personale destino. A Roma, Milano, Firenze o Napoli nessuno ha mai pensato che i milioni di italiani oltreoceano potessero dare un sostanziale e continuo contributo alla difesa dello spirito italiano. Gli ebrei, invece, hanno conservato le loro tradizioni per molti secoli in un mondo in cui sono sempre e ovunque stati una minoranza. Giunsero negli Stati Uniti con la convinzione che per una parte della Diaspora ebraica questo Paese fosse un'altra patria. In questa terra essi avevano l'obbligo di fare tutto ciò che era nelle loro possibilità per salvaguardare la religione e la cultura ebraica. Anche la creazione dello Stato d'Israele, quarantacinque anni fa, non ha sollevato gli ebrei americani da questa responsabilità. Al contrario, la nascita d'Israele ha contribuito a rafforzare la convinzione che gli ebrei americani hanno l'obbligo fondamentale di difendere la loro ebraicità e di aiutare gli ebrei di tutto il mondo. Da queste considerazioni, ora che Gli ebrei in America viene pubblicato in Italia, emerge la mia convinzione che sia necessario uno studio comparativo dell'immigrazione italiana ed ebraica. Posso solo sperare che questa edizione italiana ispiri delle riflessioni sul significato che remigrazione di massa ha non solo per quelle società che ricevono gli emigranti ma anche per le società dalle quali essi provengono. Spero che i lettori di questo libro siano stimolati a pensare non solo all'America e agli ebrei, ma anche agli italo-americani e a se stessi. Arthur Hertzberg Insieme nei sindacati, insieme nella lotta alle leggi che limitavano l'immigrazione Cuomo e Spielberg, due simboli della «diversità» Un angolo italiano nella New York delle immigrazioni: una pizzeria accanto al quartiere ebraico Steven Spielberg e (accanto) Mario Cuomo Nella foto a lato: rabbini americani