«Donne, redimete i mariti mafiosi»
«Donne, redimete i mariti mafiosi» «Donne, redimete i mariti mafiosi» Appello di Michela Buscemi (duefratelli uccisi) II. CASO L'ALTRA META' DI COSA NOSTRA EM seduta in mezzo al fred™ do della sala grande dell'Albergo dei poveri, occhi tristi, cappotto verde, scarpe scure, la borsa non «firmata». E' una del «pianeta donna», una che come tante vorrebbe la sua Sicilia mutata, finalmente, e non più preda della mafia. Una protagonista, suo malgrado: gli affiliati alla disonorata società le hanno ammazzato due fratelli c ora, Michela Buscemi, osserva: «Se volessero, le donne potrebbero redimere i loro uomini». Già, «Donne e mafia»: su questo binomio inquietante è stata fatta una ricerca dalla Fondazione Marisa Bellisario in collaborazione col Censis e i risultati vengono illustrati qui a Palermo perché, dice Leila Golfo, presidente della Fondazione, «qui in Sicilia esistono tutti i presupposti per un cambiamento che è, in primo luogo, mentale e culturale e le donne, che nelle so- cietà meridionali sono protagoniste degli eventi sociali, possono avere un ruolo importante». Difficile far mutare le donne della mafia, forse impossibile, e Michela Buscemi osserva come Antonietta Bagarella, la moglie di Totò Riina, non sia una «vittima. Lei è vissuta nel benessere del sangue sparso dal marito. La sua è una vera e propria forma di complicità». Ma non soltanto lei, che è la moglie di un boss, si comporta come un'autentica donna del disonore e il giudice Antonino Caponnetto, il creatore del «pool antimafia» nel libro «I miei giorni a.Palermo», scritto con Saverio Lodato, racconta «la violenza con cui le donne, parenti di un detenuto che aveva deciso di collaborare con la giustizia e il giorno successivo aveva fatto marcia indietro, inveirono e urlarono dall'aula bunker, accusando i magistrati di pretese violenze contro il loro congiunto. Questo lo ricordo per sottolineare il ruolo attivo delle donne». Ma qualcosa sembra cambiare. «Le donne che per anni sono state testimoni silenziose adesso vengono allo scoperto, si riappropriano di un ruolo "esterno" che permette loro di esprimere il dissenso», dice Leila Golfo. Del resto, «al Sud, come in molti altri contesti di illegalità, e Tangentopoli ne è l'esempio, esistono sacche di non consapevolezza femminile, di donne che per un malinteso senso di lealtà verso la famiglia, anche per un'antica acquiescenza verso il loro ruolo di sottomissione, pur praticando raramente scelte criminali, della criminalità si fanno complici. Ma esistono anche donne come Ninetta Bagarella e Rosetta Cutolo: più che vittime designate, appaiono come "protagoniste occulte" della dinamica mafiosa». I ricercatori hanno raccolto il parere di 500 donne siciliane, fra i 26 e i 25 anni, comprese le diciannove detenute per reati di mafia. Ha risposto a un minuzioso questionario il 70,1 per cento e i pareri sono preoccupati, delusi: l'85,6 per cento, dichiara di non credere alle promesse dei politici, il 39,6 ritiene la magistratura in¬ quinata e per il 71,4 in qualche modo i partiti politici fanno comunella con la disonorata società mentre l'85,6 non crede all'impegno dei politici contro la mafia. In conclusione, quasi il 98 per cento considera il problema mafia «più grave di prima». Ma fra tante preoccupate opinioni, emerge qualche motivo di spe- ranza: per esempio, se fino a qualche anno fa soltanto una donna su tre avrebbe fornito informazioni a polizia e magistratura, à dispetto di una innegabile sfiducia collettiva oggi lo farebbe il 72,6 per cento. E il 70,1 ritiene la collaborazione delle donne capace d'«indebolire molto o, per lo meno, abbastanza la struttura mafiosa». Ma qual è il nodo più grave? «La disoccupazione». Nelle elementari di Palermo e Siracusa è stato fatto il sondaggio «Il futuro dei bambini». Per il 71,5 il mafioso è un criminale e non uno da prendere a modello. Il verbo «mafiare» sembra in disuso. Vincenzo Tessendoti Una ricerca della Fondazione Bellisario rivela che nell'universo femminile si sta sfaldando il muro dell'omertà MMH| Antonietta Bagarella, moglie di Totò Riina, non è vista come una vittima, semmai una complice Rosetta Cutolo, la donna che ha guidato un esercito di camorristi
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