Manette per l'imputato Carro

Feroci polemiche alla prima udienza del processo contro l'ex portavoce della segreteria de Feroci polemiche alla prima udienza del processo contro l'ex portavoce della segreteria de Monelle per l'imputato Carro E in tribunale spunta il nome di Forlani MILANO. «Ma come avvocato, ancora cinque giorni a San Vittore...». Abbassa la voce, Enzo Carra. Un leggero inchino ai signori del Tribunale che se ne vanno: il processo riprende martedì. Torna in cella a leggere Dostqjevski e anche oggi, come si è promesso dal 19 febbraio, giorno dell'arresto, non leggerà un giornale. Non leggera-questi resoconti della prima udienza, il primo vero processo a un eccellente come lui, la «Voce della de», l'ex portaparola di Arnaldo Forlani. Non leggerà l'indignazione del Palazzo. Ma sa bene che c'è. Si aspettava un processo, al peggio del peggio una condanna lieve e la libertà. E invece c'è il rinvio, e una condanna sente d'averla già subita. L'hanno visto tutti, dentro e fuori aula, questo arrivo con ferri e catene. Lui, a testa alta, che va incontro a quel plotone di esecuzione che sono i flash e gli zoom. La ressa e la rissa: un cameraman che cade, un carabiniere che si rovina una spalla. E poi l'ingresso in aula, un'aula troppo piccola per un interesse così grande, e i carabinieri che lo mettono in gabbia. Flash!, urla, flash!, urla, flash! urla. «Ma glieli volete togliere quei ferri!», grida ai carabinieri un cronista di Tangentopoli. Arrivano i pm Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo: «Tiratelo subito fuori!», ordinano. Carra, impassibile, testa alta, barba ben curata, fa una smorfia di ringraziamento: «Venga, dottor Carra, si accomodi vicino ai suoi avvocati». Che intanto se la son già presa a sangue. Con i fotografi: «Ogni foto è abusiva, sarete perseguiti!». E con i giudici: «La traduzione in manette è vietata!». Di Pietro e Davigo: «Purtroppo non dipende da noi, è arrivato con altri detenuti». Giudici e avvocati non hanno tempo per litigare. Pausa nell'udienza, e Carra si sfoga: «Che stretta al cuore. E' stato peggio dell'arrivo a San Vittore. Mi hanno portato qui alle sette del mattino, e adesso sono le due del pomeriggio. Quando mi hanno stretto i lucchetti ai polsi ho avuto un tuffo al cuore, letteralmente. Il rumore delle catene, mentre ti portano via, è insopportabile, angosciante». Saluta i giornalisti amici, si presenta ai cronisti di Tangentopoli. I fotografi non ci sono più, e con Di Pietro ci scappa una stretta di mano. Con un'altra stretta di mano, inosservata, si apre anche il processo. Quasi nessuno, in aula, conosce Graziano Moro, una vita nella de in Piazza del Gesù, qualche settimana in carcere, buon amico di Carra. Ma se Carra è qui, se è nei guai, lo deve proprio a Moro. «So per certo che per Enimont sono stati corrisposti 5 miliardi alla segreteria De. Lo so per certo perché ne ho parlato con Carra e perché, parlando delle polemiche fra due consiglieri de dell'Eni, ho saputo che uno dei due era favorito perché aveva fatto avere al partito 5 miliardi». Carra è a San Vittore dal 19 febbraio. «Ciao Enzo». «Ciao Graziano». Coperti da un avvocato si danno la mano. «Mi spiace, mi spiace davvero», dirà poi Graziano Moro. E, lentamente, il processo va a cominciare da qui. La ricostruzione del Pm Davigo, le eccezioni dei difensori, la replica del Pm, la came¬ ra di consiglio che le respingerà tutte mentre il tribunale decide di trasferirsi in un aula più grande, la più grande di Palazzo di Giustizia. Sotto con i testi, con Maurizio Prada cassiere della de milanese, il de Giovanni Cavalli, il psi Rolando Coltrerà, l'industriale Ottavio Pisante e Graziano Moro. Testimoni interrogati, come dice Davigo, «per stabilire il contesto che rende possibile il finanziamento di 5 miliardi per l'Enichem». Carra in un primo momento ha negato quella frase, poi genericamente non l'ha esclusa: per i giudici mente. Si sentono, per la prima volta in un'aula, i nomi di Craxi e Forlani: «si erano accordati» per la divisione delle tangenti, secondo Cultrera. Si ascoltano spezzoni di altri processi. «Cavalli rappresentava Forlani», sempre secondo Cultrera, già colla¬ boratore di Giorgio Ruffolo al Ministero dell'Ambiente. Dino Bonzano, Domenico Contestabile e Alessandro d'Ippolito, i tre difensori di Carra, al nome di Forlani alzano la voce: «Ma questo è il processo a Carra o alla De?». Dirà poi Carra: «Colpire me per colpire Forlani? Sono un falso obiettivo». In un angolo c'è Roberto Mongini, altro de di rango finito a Tangentopoli: gli spiace per Carra, ma sorride. Poi il rinvio, la delusione di Carra che torna a San Vittore: adesso senza manette. Non commenta l'indignazione del Palazzo: «Per i ferri e le catene? Non posso, sono solo un detenuto in attesa di giudizio». Commenta, ma poco, il pm Davigo: «E' stato trattato come tutti i detenuti». E si rivedranno martedì. Giovanni Cerniti Gli avvocati «Quelle catene sono illegali Una umiliazione inutile» Di Pietro: è arrivato con altri detenuti Non si poteva fare altrimenti : Sopra: il ministro della Giustizia Giovanni Conso Sotto: il presidente della Camera Giorgio Napolitano Sopra: l'ex leader della de Arnaldo Forlani L'ex portavoce di Forlani Enzo Carra nella gabbia degli imputati al processo per reticenza e falsa testimonianza Antonio Di Pietro, il magistrato di «Mani Pulite»

Luoghi citati: Milano