Così nasce il «partilo delle elezioni»

Oltre alla Rete, msi e Rifondazione c'è già qualcuno che ci pensa anche nella de e nel pds Oltre alla Rete, msi e Rifondazione c'è già qualcuno che ci pensa anche nella de e nel pds Così nasce il «partilo delle elezioni» Ma Spadolini, De Mita e Cossiga lo vedono come un rischio IL VOTO TRA E PAURE SROMA UI divani del transatlantico di Montecitorio in questi giorni, fans entusiasti e avversari inorriditi, leggono spesso un passo dell'ultimo libro di Nando Dalla Chiesa'. «A me sembra che a Milano - scrive il parlamentare della Rete - si respiri l'aria del 1943, quando era caduto il fascismo ma c'erano i tedeschi per strada... Sta crollando un gruppo di comando. Ma il sistema è lì e cercherà di resistere. Se poi qui il crollo del muro avrà esiti pacifici come in Germania o cruenti come in Romania questo non si può dire...». Sono analisi apocalittiche che lasciano un solo sbocco «non violento» alla crisi aperta da Tangentopoli: le elezioni anticipate subito, adesso. Il libro di Dalla Chiesa è un po' il «Corano» dei «pasdaran» delle elezioni. La Rete, infatti, insieme a Rifondazione comunista, al msi e, in parte alla Lega, è il nucleo centrale di quel partito trasversale che ha deciso di tentare il tutto per tutto per arrivare al voto anticipato sventando così tutti i tentativi di dare una legge maggioritaria al Paese, che metterebbe in grave ambasce i partiti minori, e sfruttando al massimo la fase di impopolarità dei partiti di governo o tradizionali. Fin qui il partito delle elezioni sarebbe ben poca cosa, ma questo schieramento gode, dicono in molti in Parlamento, dell'appoggio di formidabili alleati «esterni» e, tra questi, di uno particolarmente insidioso: la magistratura. «Con lo stesso obiettivo di Rete, msi e Rifondazione - spiega Marco Pannella - si muovono la magistratura e i grandi gruppi finanziari». «Certo che la magistratura - conferma atterrito un democristiano prudente come Antonio Rubbi - punta alle elezioni anticipate, eccome». «E' la tesi di chi strumentalizza Tangentopoli - rileva Francesco D'Onofrio - e per cambiare grida: mandiamo i ladri a casa». Così, i «pasdaran» contando sui loro alleati esterni, potrebbero già pensare di farcela. Ma l'elenco degli amici delle elezioni non finisce qui. ((Aspettate la prossima settimana - è la promessa di Diego Novelli, un altro dei capi della Rete - per dire l'ultima parola: intanto nel dibattito sulla questione morale ci sarà un documento che dirà basta ad un Parlamento sputtanato, che si riunisce solo per concedere le autorizzazioni a procedere. Poi, scommetto che gli altri gruppi avranno delle smagliature. Nel pds ci sono almeno trenta depu- tati che non sono d'accordo sul sistema elettorale maggioritario. E se nel frattempo arrivano altri avvisi di garanzia a personaggi eccellenti, che succede? Ed ancora: se le elezioni fossero chieste da movimenti cattolici importanti e dall'Osservatore Romano, che accadrebbe?». Sogni o meno Novelli, in realtà, qualche possibilità, questo schieramento ce l'ha, come ha anche un alleato addirittura più utile della stessa magistratura: si tratta di quell'impazzimento generale che regna negli avversari. Gli altri partiti, infatti, fino a ieri, avevano rimandato ogni ipotesi di ricorso alle urne all'indomani dell'approvazione di una nuova legge elettorale. Adesso, invece, al loro interno, egoismi di partito e interessi individuali, rendono allettante per alcuni un ricorso alle urne anticipato. E' un'atmosfera che si coglie nell'aria. E il desiderio di andare alle urne non è tanto un progetto preciso quanto, invece, la risultante di tante impotenze e di tante paure. Un atteggiamento irrazionale collettivo da ultimi giorni di Bisanzio, una sorta di «si salvi chi può». Questa «sindrome» ha di fatto già colto quei settori della de e del pds che non vogliono una riforma elettorale di segno maggioritario. Dentro c'è la sinistra del pds, che va da Ingrao a Bassolino. «Questo Parlamento - spiega quest'ultimo alla buvette di Montecitorio - non è riuscito a rinviare le elezioni di cinque Comuni ed è francamente impossibile che possa varare una nuova legge elettorale. Per questo, bisogna prendere in considerazione le elezioni». E, per lo stesso motivo, dall'altra parte dello schieramento parlamentare, ci sono de che cominciano a valutare con favore la prospettiva elettorale. «Entro l'anno si vota - confida ad esempio Agazio Loiero, uomo di Scotti e amico di Pomicino - ma, almeno per la Camera, si voterà con il vecchio sistema. Tra noi de molti si stanno facendo i conti: i deputati del Nord possono contare di tornare in Parlamento solo se rimarrà la proporzionale; mentre quelli del Sud non vogliono certo complicarsi la vita...». «Io la vedo nera - ripete l'andreottiano Puja - qui o rimettiamo in careggiata Cossiga, che è l'unico che può combattere Di Pietro, o si va al voto a settem¬ bre». «Sì, per evitare la catastrofe - ammette Baruffi - bisognerebbe portare Cossiga alla presidenza della Commissione bicamerale: Pomicino lo dice e so che anche Andreotti lo pensa. Ma è difficile...». Di questo sbandamento i gruppi dirigenti dei due partiti maggiori sembrano quasi non accorgersene. Nel pds, ad esempio, Massimo D'Alema si limita a accusare di propositi del genere la de: «Da noi, se anche ci fossero, i seguaci delle elezioni potrebbero ben poco. Andate a vedere invece nella de cosa fanno gli uomini di Andreotti». Ma al di là di quello che dice il capogruppo dei deputati nei programmi di Occhetto l'ipotesi elettorale è altalenante: compare, ad esempio, quando l'amico Draghi, l'esperto di sondaggi, fa vedere al segretario uno studio che dà al pds il 20%; e rispunta come arma letale di fronte a chi minaccia inserire la Quercia tra i partiti di Tangentopoli. Se all'indecisione del vertice del pds si aggiungono le imboscate che alcuni settori della de stan- no preparando a provvedimenti importanti del governo, come il decreto che istituisce il ministero delle Privatizzazioni, si capisce quale miscela esplosiva potrebbe essere innescata nelle prossime settimane. E forse proprio per questo ieri i moniti contro le elezioni si sono moltiplicati. «Questa legislatura deve durare fino alla fine», ha gridato Spadolini. «E' una situazione - ha spiegato De Mita - che mi ricorda quel romanzo di Cechov che si chiude con l'invito: a Mosca, a Mosca. E' un ritorno al passato che non serve...». «Temo che l'opinione pubblica - ha paventato Cossiga - se il Parlamento non trova il modo di rinnovare le istituzioni lo consideri sempre più delegittimato». Moniti autorevoli che forse, però, sono meno efficaci di altri: «Bisogna stare attenti - è il consiglio che Formigoni dà ai suoi colleghi - a tentare certi giochi: se si sciolgono le Camere davanti a Montecitorio rischiamo di trovare i cellulari». Augusto Mlnzolini Pannella: lo vogliono anche i giudici. E nella de c'è chi dice: solo Cossiga ci può salvare A sinistra Occhietto sopra Francesco Cossiga Il leader della rete Leoluca Orlando

Luoghi citati: Germania, Milano, Mosca, Romania