De Mita: è tutto un casino

De Mita: è tutto un casino De Mita: è tutto un casino E per la poltrona della Bicamerale spunta il nome di Nilde lotti «Fosse solo la Bicamerale. Qui c'è il casino generale». Sembra Funari, invece è De Mita. Dimesso dall'incarico ma non nell'umore, l'ex-presidente della Bicamerale riappare a Montecitorio. Fra una passeggiata con Castagnetta e una battuta con Pennella, trova il tempo di rispondere a due emozionati studenti universitari che gli chiedono cos'è la pace. «Non è la non-guerra, ma ordine morale e civile», scandisce De Mita in demitiano stretto. Poi, però, si lascia andare. Sul pds, che non lo ha difeso con compattezza: «E' sempre stato così, le loro divisioni interne non sono nuove. Ma la mia decisione era precedente». Sulle sue prime sensazioni da ex. «Cosa provo? Un senso di liberazione». E rieccoci al «casino generale». «Nella Bicamerale le tensioni si acuiscono - ammette De Mita -. Ma il problema non è la Bicamerale, è il tutto». Un De Mita catastrofista? Naturalmente no: «L'errore sarebbe pensare che andando a votare si possa risolvere qualcosa. Chi alimenta questa illusione sbaglia. Chi inneggia alle elezioni mi ricorda Cechov: "A Mosca! A Mosca!". Ma è solo un ritorno al passato. Un ritorno che non serve». E De Mita riprende a stringere mani, distribuire sorrìsi e incassare consensi illustri per la sua decisione di dimettersi: Spadolini gli esprime «gratitudine», l'Osservatore Romano «apprezzamento», mentre l'ex-amico-nemico-orachissà Francesco Cossiga riconosce: «Ha compiuto un atto nobile, soprattutto perché non necessario». Intanto alla Bicamerale si combattono due lotte: una per sopravvivere, l'altra per la successione a De Mita. La prima è stata vinta, almeno per ora: Camera e Senato hanno prorogato i poteri della commissione fino al 9 marzo. La «grande coalizione» che sei mesi fa battezzò la Bicamerale ha però perso un pezzo importante: la Lega Nord, passata a ingrossare le file di chi, anche con linguaggio colorito, pretende la chiusura della supercommissione. «E' come imbalsamare un topo morto», è il giudizio vagamente macabro del neocomunista Libertini. E Mi¬ glio: «Da un corpo morto non può uscire l'infante di una nuova Repubblica». «Mettano un cartello sulla porta: chiusa per fallimento», tuonano i missini. «Un po' di lavoro è stato fatto - taglia corto Bossi -, ma adesso la Bicamerale non serve più». Incitati da Spadolini e Napolitano, i grandi partiti invece non hanno intenzione di mollare. E' già iniziato il gioco del cerino sul nome del nuovo presidente che verrà eletto martedì prossimo. Il socialista La Ganga mette in pista Martinazzoli, mentre Novelli conferma che «gira la voce di Mattarella». Ma se saltassero i giochi e non fosse eletto un de? Il liberale Patuelli chiede «un presidente di garanzia, fuori dalle vecchie logiche». E così, mentre il pidiessino Barbera si organizza, c'è chi coglie la palla al balzo e prepara un nome a sensazione... «Ci vuole una figura istituzionale», dice il vicepresidente socialista Labriola a Bassanini. Un padre della Patria. Meglio, una madre... Labriola si avvicina a Nilde lotti: «Tienti pronta». E lei: «A votare?». «No, a presiedere», (m. gra.) L'on. Nilde lotti

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