Spogliati e massacrati nel bosco

Cantù, i due fratelli assassini hanno confessato di aver ucciso il complice, la sua fidanzata e un amico Cantù, i due fratelli assassini hanno confessato di aver ucciso il complice, la sua fidanzata e un amico Spogliali e massacrati nel bosco Per non dividere con loro i soldi della droga CANTU' DAL NOSTRO INVIATO Tutti e tre nudi, con le teste sfondate dai pallettoni, lasciati lì, tra le foglie e il fango del bosco di Varenna, in balia dei cani randagi che li avrebbero fatti sparire per sempre. Lei, ragazzina di 19 anni, Silvia Puorro, «tossica», vagabonda; lui, Antonio Borgone, 32 anni, balordo con la faccia dura, uscito un mese fa dalla galera di Como, traffico di droga; l'altro, Ottavio D'Onofrio, 29 anni, arrestato una volta sola per spaccio di soldi falsi. «Neanche il più dannato di noi ha mai visto uno spettacolo del genere», dice uno dei carabinieri che l'altra notte, ore 4,30, nel nero ghiacciato del bosco, ha illuminato quel che rimaneva dei tre corpi. Sono saliti in venti - lasciando le camionette sulla provinciale che corre tra Figino e Cantù - tutti in fila sul sentiero coperto di robinie e fango, con le pile a illuminare la salita e le mitragliene puntate sui due fratelli Forcellini, Gianluca, 25 anni e Angelo, 22, che di questa strage, di questo massacro consumato per droga, soldi e crudeltà, si sono dichiarati colpevoli. Sono loro - più un terzo uomo che i carabinieri hanno identificato, ma non ancora catturato che alle 22,15, nel parcheggio davanti al municipio di Figino, sotto casa propria, hanno incontrato l'Antonio Borgone. Adesso che era uscito di galera, rivoleva un bel po' di milioni dai due fratelli soldi per una partita di eroina - e perciò li tallonava, li minacciava. L'appuntamento dunque. Ci arriva con la sua Dyane scassata e si porta dietro la nuova fidanzata, Silvia, e l'amico, il D'Onofrio, pizzaiolo, balordo anche lui. I due fratelli scendono al parcheggio, piazzetta deserta, circondata dai cubi grigi delle case popolari. Borgone è lì, esce dalla macchina. Piove. Qualcuno, dalla finestra guarda la scena: il litigio, le spinte, lo sparo. Confesserà Angelo Forcellini: «Ho avuto paura di Borgone e ho fatto fuoco». Accerteranno i carabinieri: l'arma è una pistola lanciarazzi modificata, in grado di sparare cartucce a pallettoni. Al pronto intervento una telefonata: «Venite, si stanno sparando». La ragazza e l'amico, ancora in macchina, cercano di scappare. Borgone è per terra, ferito alla nuca. Lei, terrorizzata, mette in moto. Uno dei due fratelli, sale sulla Peugeot 205 e li insegue. Cento metri: Silvia entra in una stradina senza uscita, va a sbattere, il vetro in frantumi. Vengono tirati fuori dalla Dyane, riportati al parcheggio, dove Angelo ha caricato il corpo di Borgone sulla sua Al 12 nera. Ora sono tutti e cinque in una sola auto: loro, il ferito, i due ostaggi, diventati testimoni. I due fratelli hanno già deciso di ucciderli tutti. Partono. E dietro si lasciano tutte le tracce possibili. Quando nel parcheggio arriveranno i carabinieri, troveranno tracce di sangue sull'asfalto, troveranno la Dyane aperta e dentro la borsa con i documenti di Silvia. Troveranno la Peugeot di Gianluca Forcellini. Via radio le targhe e i docu¬ menti segnano la pista. I due Forcellini non sono pregiudicati, ma in caserma ci sono due fascicoli che li riguardano: «sospetti trafficanti, in collegamento con Borgone Antonio, libero dal 31 gennaio scorso». «Puorro Silvia, tossicodipendente» . Sì, li hanno già identificati tutti, mentre la Al 12 imbocca la provinciale verso Cascina Varenna, gira verso il bosco di castagni, entra in una strada sterrata che sale per mezzo chilometro, verso il folto. Quello che accade nei minuti successivi lo confesseranno, dopo tre ore di interrogatorio, nella caserma di Cantù. Borgone viene trascinato giù dalla macchina. Angelo Forcellini ha ricaricato la sua lanciarazzi e a D'Onofrio dice: «Spoglialo». D'Onofrio ubbidisce. Quando ha finito, Angelo si avvicina e gli spara in faccia. Poi il colpo di grazia a Borgone. La ragazza, in quei secondi di terrore, deve aver tentato di scappare perché il suo corpo è stato trovato una ventina di metri più in su, graffiato dai ce- testa spugli, spogliato, mezza portata via dai pallettoni. I due fratelli hanno finito le esecuzioni. Non sanno che una dozzina di pattuglie li stanno cercando, non immaginano che arrivando a casa troveranno carabinieri e manette. Sono sporchi di sangue e di fango, devono cambiarsi prima di tornare a casa. Per i corpi che si lasciano dietro non hanno problemi, ci penserà il bosco a farli sparire. Dove siano andati a cambiarsi ancora non 10 hanno confessato. Anche in questo particolare c'entra il terzo complice. A mezzanotte la cattura. Alle 3,50 il verbale della confessione: «E' venuta la madre in caserma a convincerli». Poi 11 ritrovamento dei corpi. Mai tanto sangue, da queste parti, dove si viaggia per paesi senza colori, tutti affogati nella pioggia e nella stessa cronaca quotidiana di spaccio, scippi, trafficanti. Eppure, nella mattina del dopostrage, davanti al bar di Figino dove i protagonisti di questa storia erano tutte facce note, un vecchio si gira e fa: «Che si ammazzino. Con gente così, non abbiamo perso niente». Pino Cornas Il luogo del ritrovamento dei corpi, denudati e massacrati, in un bosco nei pressi di Cantù e, da sinistra, le tre vittime: Antonio Borgone, 32 anni, ex detenuto. Silvia Puorro, di 19, tossicodipendente, e Ottavio D'Onofrio, di 29, con precedenti per spaccio di denaro falso Angelo Forcellini (22 anni) che, insieme con il fratello Gianluca (25 anni), ha confessato l'omicidio. E' stata la madre dei due a convincerli a dire la verità

Luoghi citati: Borgone, Cantu', Cantù, Como, Varenna