Valtellina tangenti sulla tragedia di Susanna Marzolla

Finiscono in carcere imprenditori e funzionari pubblici, un avviso per Eugenio Rendo Finiscono in carcere imprenditori e funzionari pubblici, un avviso per Eugenio Rendo Valtellina, tangenti sulla tragedia Inchiesta sulla ricostruzione: dodici in manette MILANO. Calamità naturaliuguale ricostruzione-uguale appalti-uguale tangenti. L'equazione si è ripetuta anche nell'operosa Valtellina, colpita da un'alluvione alcuni anni fa. Allora l'Adda spazzò via le strade e molte aziende si misero in gara per ricostruirle. Pagarono tangenti, ovviamente, e adesso sono in carcere costruttori e pubblici funzionari. Compreso Gerardo Pelosi, dal settembre '91 direttore generale del ministero dei Lavori Pubblici: a quel posto fermissimamente lo volle l'ex ministro democristiano Giovanni Prandini, di cui Pelosi era segretario particolare. Dalla Valtellina alla Sicilia. Entra infatti nell'inchiesta la famiglia Rendo, noti costruttori catanesi, nella persona di Eugenio, figlio del cavalier Mario. Non è stato arrestato, ma nei suoi confronti esiste un provvedimento: questa mattina dovrebbe presentarsi a Palazzo di Giustizia a Milano. Rendo a parte, sono dodici gli arrestati di ieri. E a parte Luigi Doriano, dipendente dell Ansaldo a Roma, finito in carcere per tangenti pagate alla democrazia cristiana per gli appalti Acea, tutti riguardano gli appalti stradali, in particolare in Valtellina. A parlare delle tangenti nella valle era stato Mariano del Papa, ex direttore generale dell'Arias e prima ancora diri- gente dell'azienda in Lombardia. A lui avrebbero pagato tangenti (cento milioni) gli imprenditori Cariboni, con le loro ruspe considerati quasi un emblema della ricostruzione in Valtellina. Entrambi accusati di corruzione, Paride, il padre, ha ottenuto subito gli arresti domiciliari (ovvio: ha ottantatré anni); Lorenzo, il figlio, ha saputo della nuova accusa in carcere, detenuto a Verona per la locale inchiesta. Per Angelo Simontacchi, amministratore delegato della «Torno», quello a San Vittore è stato un ritorno, a quasi un anno di distanza: era stato infatti arrestato nella primavera dell'anno scorso. Uno dei primi a finire in carcere, uno dei primi a raccontare ai magistrati il sistema delle tangenti: un racconto lacunoso, evidentemente, poiché si era «dimenticato» delle tangenti Anas. E se n'era «dimenticato» anche Paolo Pizzarotti, costruttore parmense, anche lui già coinvolto nell'inchiesta, anche lui citato «ad abundantiam» per accusare politici e altri imprenditori. Stavolta è finito a San Vittore per aver dato - secondo l'accusa - cento milioni a Del Papa. Soldi al dirigente Anas li avrebbero versati anche Bruno Damonte, presidente della «Tecno sviluppo» di Roma, e Antonio Baldi, della «Carriere e Baldi» di Napoli: anche per loro le manette, con l'accusa di corruzione. Ma all'Anas sembra si pagasse a tutti i livelli. Ieri sono stati arrestati cinque dipendenti del compartimento di Milano. C'è il direttore, Natale Mina, accusato di aver preso 150 milioni dall'imprenditore bresciano Giovanni Marniga (e ci si chiede se pensava di avere un misterioso «santo protettore» in grado di salvarlo dai magistrati, visto che pare abbia incassato bustarelle fino all'ottobre dell'anno scorso). Ci sono altri quattro funzionari (Leonardo Magaraci, Roberto Tavalla, Giorgio Sottocasa, Luciano Maturi) che si accontentavano delle «briciole»: poche decine di milioni di lire, sempre dall'imprenditore bresciano Marniga. Però pare che, come brave formichine, briciola qua briciola là, abbiano messo insieme una buona provvista. Non riguarderebbe l'Anas, invece, il provvedimento contro Eugenio Rendo: si parla infatti di una tangente di duecento milioni che sarebbe stata versata a Pierfranco Faletti, ex consigliere di amministrazione dell'Enel. Repubblicano, Faletti è stato per molti anni legato ad Aristide Gunnella, il deputato che La Malfa cacciò dal partito. Che in Sicilia, come quello dei Rendo, è un nome non da poco. Susanna Marzolla

Luoghi citati: Lombardia, Milano, Napoli, Roma, Sicilia, Verona