Diventa farsa la crisi dell'ex Bel Paese di Enrico Benedetto

SULLA QUERCIA Una rete televisiva voleva scoprire il «volto nascosto» dello Stivale, ma è scivolata nel vaudeville Diventa farsa la crisi dell'ex Bel Paese L'Italia «spaghettara» ridicolizzata alla tv francese e tedesca PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La crisi italiana diventa farsa per il sollazzo dei telespettatori francesi e tedeschi. Martedì sera, la tv culturale «Arte» ha diffuso in entrambi i Paesi un lungo programma monografico sulla Penisola. Titolo, «Bella Italia». L'idea era buona: mettere insieme un film talentuoso quale «Mery per sempre», due intervistine - Leoluca Orlando (che en passant paragonava Andreotti ad Honecker, Marcos e Ceausescu) e Mario Segni - il bel documentario sulla tipologia Nord-Sud a firma Carlo Cresto Dina e Franco Fornaris, più vari altri tasselli. Per complessive 4 ore. Ma «Spaghetti clandestini», il programma d'esordio (dunque fiore all'occhiello) ha fatto scivolare l'iniziativa nel più bieco vaudeville. Autori, Jenny e Bernd Schùtze, due tedeschi che - informava la pubblicità televisiva su «France Soir» - «vivono nell'Italia setten¬ trionale». La loro intenzione, a metà fra denuncia e satira, era far conoscere l'ex Belpaese oltralpe con gli occhi veraci d'un italiano, Alberto. Azzardiamone il profilo. Piccolo, grassoccio, sguaiato, prevaricatore, melodrammatico, truffaldino, assenteista. Mangia la pasta con le mani, beve in continuazione (nell'ordine Cynar, un dubbio Martini con limone e grappa quale aperitivo prima di rituffarsi sugli spaghetti: auguri per l'ulcera). Dimenticavamo: pratica il turpiloquio (la versione francese annovera due «merde!», una «rottura di coglioni», nonché l'impagabile «qui bisogna pagare le tasse anche per mingere») - e maneggia revolver. La sua famiglia - «unica consolazione, in Italia» e scoppia a piangere - comprende «il nonno», una donna (la moglie?) relegata a fare il caffè, silenziosissimi figli. Ed ecco arrivargli in casa un reporter tedesco (baffi, impermeabile, papillon, ebetudine doc) che vorrebbe scoprire il viso nascosto dell'Italia. Alberto lascia un attimo l'identikit da buzzurro per rimprovergli la storica copertina «spaghetti con pistola» apparsa su «Der Spiegel» quando infuriava il terrorismo, cita l'ex ministro Moelleman (dimessosi per clientelismo) e, sull'onda, Laurent Fabius. Il pubblico lo credeva analfabeta: trova un politologo di respiro europeo. Ma l'intervallo è breve. Per spiegare la sua Weltanschauung, estrae un revolver e l'infila sotto la pasta. Geniale esperienza, stile uovo di Colombo. Valeva la pena inzaccherare i polsini con il ragù: l'ospite ammutolisce e ammira l'inimitabile estro italico. Segue un lungo tour estemo. Tema, l'arte di arrangiarsi. Il cicerone mostra case abusive dissimulate, cani feroci e suonerie anti-Finanza, code clientelali in municipio, postini-muratori, ferroviericapimastro, serre fuorilegge che vivono grazie ai quattrini Cee («gli ecologi protestavano, li abbiamo "sponsorizzati" e ora va meglio»). Il Leitmotiv: «Roma non ci avrà mai». Perché Alberto, oltre a difendere l'illegalità di massa come un qualunque mafioso, ha un'ideologia - e lo dice - «da guerra partigiana». Anziché cacciare la Wehrmacht, come nel '43-'45, vorrebbe abolire lo Stato. Su una malconcia «Fiat 127» rossa porta al Brennero il pallido interlocutore. Estenderete la battaglia di Liberazione all'Europa?, gli chiede quello. Replica: «Voi non ci sapete fare». L'elenco potrebbe continuare ancora, sino al cartiglio finale in cui la regia annuncia «Qualunque identificazione è arbitraria». Se la trasmissione aspirava all'ironia graffi ante, l'insuccesso non saprebbe essere più totale. Ma viene il dubbio che gli Schùtze inseguissero un qualche realismo. E allora il discorso, se possibile, peggiora. Possiamo consolarci leggendo che l'audience di «Arte» non raggiunge il 5%. Enrico Benedetto

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