Truffatore? Il truffato sono io»

Truffatore? Il truffato sono io» Truffatore? Il truffato sono io» Bologna, Michele De Mita per ore dal giudice BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Via il cappello blu, via il giubbotto di pelle: «Ma quale truffatore? Il truffato sono io!». Alle sette di sera, in quella mansarda che è l'ufficio del giudice Leonardo Grassi, su al terzo piano, entra un Michele De Mita ghiacciato e furibondo. Non ha bisogno di domande, sa già cosa rispondere e si scalda. Non è vero niente, ripeterà fino a notte. Guardate queste carte, queste lettere spedite dall'avvocato Tonino Castellano di Avellino, mio nipote. Quei signori di Padova, i fratelli Ardina, quelli che mi hanno commissionato la costruzione della fabbrica, mi devono un sacco di soldiMichele De Mita truffato, dunque. Michele De Mita indignato. E stanco dopo tre giorni di galera e un pomeriggio allucinante: l'attesa dell'interrogatorio è stata lunga tre ore, chiuso in un blindato dei carabinieri, giù in Piazza dei Tribunali: dallo spioncino ha visto i curiosi passare, la folla di fotografi in attesa, e là in fondo, proprio davanti alla vetrine di «Tentazioni», boutique del'intimo, il gruppetto di parenti arrivati da Nusco. Otto carabinieri l'hanno scortato dal cellulare al portone. Fotografi delusi: flash per un fagotto, nascosto da bavero e cappello. Al giudice Grassi, il gip che de¬ ve convalidare l'ordine d'arresto, Michele De Mita ha cominciato a raccontare la sua storia. E' tutto abbastanza chiaro, o almeno così assicurano Francesco Bricola e Vincenzo Siniscalchi, i suoi difensori. Certo, per i due avvocati quest'inchiesta resta strana, strano soprattutto che indaghi la Procura di Bologna, e una bella istanza di incompetenza territoriale è già pronta. Ma alla difesa di De Mita, che non può dimenticare il De Mita più illustre, Ciriaco, ciò che preme è mettere in chiaro il ruolo del geometra Michele: un truffato. E allora ecco una valanga di carte e cifre, date e cambiali, numeri di assegni e copie di contratti. La «Sgai», la società dei fratelli Ardina, deve a Michele De Mita almeno un 600 milioni. Lo provano, lo proverebbero, più di una lettera di sollecito, l'ultima del 13 novembre. Da più di un anno De Mita aspettava i soldi. Ma perché mai, è la domanda del giudice, se i rapporti erano questi, rapporti tesi, non ha avviato un'azione giudiziaria? Perché, è la risposta, in questo modo non sarebbe più arrivata una 1 ira, e le banche avrebbero chiuso i rubinetti con la «Sgai». Ineccepibile, secondo la difesa. Ma il giudice Grassi ha confermato l'ordine d'arresto, e il pubblico ministero Libero Mancuso, che a sorpresa ha iniziato il suo interrogatorio già ieri sera, si è mostrato più che tranquillo. L'altra notte, dopo ben otto ore aveva concluso l'interrogatorio dei fratelli Ardina. Di sicuro hanno parlato parecchio, di sicuro hanno inguaiato almeno un altro imputato, il commercialista napoletano Luigi Manco, già assessore de. A Michele De Mita verrà chiesto conto di due mesi di intercettazioni telefoniche: «E sì che chiamavo gli Ardina, non mi pagavano!». I due avvocati, ieri, si aspettavano un interrogatorio breve, poco più di una formalità. Invece è andata diversamente, e fino a tardi, in Piazza dei Tribunali, è rimasto in attesa il gruppetto di parenti saliti da Nusco. Impacciati, lontani dal portone e dal cellulare, nervosi. Nervosi, ed è comprensibile, come Enrico De Mita, il fratello professore arrivato da Milano. Per lui l'attesa è stata appena più agevole, nello studio dell'avvocato Bricola di via Barberia, a cento metri da quella che era la federazione più famosa e potente dell'ex partito comunista italiano. «Cosa volete che dica? Da una cosa così, dal carcere, non ci si riprende. E per me Michele resta il fratello minore, come un bambino...». Enrico, mentre Michele era ancora nel cellulare, ad aspettare l'interrogatorio, era davvero in ansia. Così come Ciriaco, collegato da Roma via telefono. E qui, alle 10 di sera, hanno saputo che l'interrogatorio è davvero lungo. Dal tribunale, Michele è stato portato in carcere, per le domande del pm Mancuso. Ma nel solito gioco delle parti nessuno mostra timori. Dice l'avvocato Siniscalchi: «Siamo soddisfatti. Abbiamo chiesto la scarcerazione per mancanza di indizi». E se il gip Grassi la dovesse respingere? «Arresti domiciliari, come minimo». Giovanni Cerniti «Mi devono un sacco di soldi: 600 milioni» Bologna: in attesa dell'interrogatorio dei giudici Michele De Mita cerca di sottrarsi ai flash dei fotografi

Luoghi citati: Avellino, Bologna, Milano, Nusco, Padova, Roma