«Vado al processo Mosca tremerà»

M . ■ :.. ■ LE CARTE SEGRETE DELL'EX LEADER «Dal carcere i golpisti mi scrissero: ce lo meritiamo. E ora Eltsin li libera e accusa me» «Vado al processo, Mosca tremerà» Gorbaciov: ecco perché ho voluto il disarmo M to. MOSCA ikhail Gorbaciov è elettrico, irritato, indigna¬ li «processo popolare» celebrato contro di lei dal Fronte di Salvezza Nazionale ha avuto una vasta eco sui media russi. «Mi hanno condannato alla esecrazione perpetua e non alla fucilazione, bontà loro. Li conosco bene. Non mi preoccupano. C'è da preoccuparsi per qualcos'altro. C'è una regia accorta che guida una strana orchestra, con strani musicanti». Tra un mese e mezzo comincia il processo ai golpisti, quello «vero», e lei affila le armi. Pensa che sarà battaglia dura anche per lei? «Attendo con impazienza il processo. Lo considero necessario e vi parteciperò. Come politico e come giurista so bene che sarà difficile, ma non voglio parlare di questo per non dare carte a quelli che vorrebbero silurarlo prima ancora che cominci». Ma chi dirige l'orchestra? Chi vuole silurare il processo? «Il gioco è grosso. E' ovvio che i golpisti cercano di scaricare su altri le loro colpe. E vogliono spaventare i giudici e ottenere il rinvio. Ora che sono tutti in libertà (e non le pare strano?) il processo non lo vogliono più. Fin qui tutto è chiaro. Non intendono rispondere del danno criminale che hanno arrecato al Paese, della disintegrazione che hanno provocato. Logico che bisogna incanalare lo scontento della gente contro qualcuno. Ed ecco Gorbaciov! Meno chiaro è perché i loro avversari fanno la stessa cosa. Per esempio, come si spiega che i golpisti hanno avuto a disposizione le pagine di molti giornali democratici, dei canali televisivi di Stato, per vomitare accuse contro di me? Intanto tutti liberi. Erano malati? Io non sono un sadico e non auguro a nessuno di morire in prigione. Ma adesso vediamo che non erano affatto malati. Hanno scritto libri e memoriali e ora fanno comizi, conferenze stampa, rilasciano interviste. Ho l'impressione che quelli che li hanno lasciati andare in libertà volevano coprirsi le spalle, ingraziarseli. Non si sa mai. Poi vengo a sapere che Ziuganov e Poltoranin, nemici per la pelle, comunista nazional-patriottico il primo, ultra-radical-democratico il secondo, prendono il té insieme. Naturalmente un té a 40 gradi. Allora mi viene da pensare che anche i democratici hanno paura. Hanno preso il potere e non sono stati all'altezza, anzi hanno combinato un disastro. Anche loro sentono che saranno chiamati a rispondere. Ed è qui che i loro interessi coincidono con quelli degli altri: vogliono evitare il giudizio. Ecco perché i secondi hanno regalato ai golpisti così tanto spazio sui media. Non è casuale. Insisto che da qualche parte c'è un abile direttore d'orchestra». ero no enti Gorbaciov si alza dalla poltrona e va alla scrivania. Torna con la ventiquattr'ore nera che porta sempre con sé. E' piena di fascicoli, cartelline rosse e gialle. «Qui dentro c'è quanto basta per tutti». Sfoglia in fretta. «Qui c'è una lettera di Kriuchkov. Me l'ha scritta dopo l'arresto. Dice: ce lo siamo meritato. Adesso si sente un eroe, ma questa la leggerò al processò e vediamo se se la ricorderà». Apre un'altra cartella gialla. «E qui ci sono gli stenogrammi del Soviet supremo, subito dopo il golpe, quando Lukianov diceva che i golpisti erano dei criminali e che lui aveva cercato di fermarli. Adesso ha cambiato idea e cammina a braccetto con loro, li considera eroi. Vedi come cambiano i tempi?». Altra cartella, più gonfia. «Ricorda che ho detto che i consiglieri di Eltsin avevano preparato il piano di scioglimento dell'Urss con largo anticipo? Voglio che lei veda bene il documento originale. Eccolo qui...». Una decina di cartelle fitte, che riesco solo a scorrere in fretta. Mikhail Gorbaciov me le toglie di mano. «Le leggo io i punti cruciali. C'è tutto quello che proclamarono a dicembre, dopo l'incontro nel bosco vicino a Brest. Ma questo documento è dell'inizio di settembre. Vedi? C'è scritto che la vittoria sta sfuggendo loro di mano, che Gorbaciov sta recuperando. Vedi qui? C'è una nota a mano: Gorbaciov non è d'accordo». Ma chi sono gli autori? «Burbulis certamente. Ma credo che anche Shakhrai ci abbia messo le mani». Estrae un'altra cartellina. «Hanno sciolto l'Urss e dicono che era inevitabile. Ma guarda qui: questo è il documento di Novo Ogariovo, il patto dell'Unione. E queste note sono di Boris Eltsin.» Guarda qui. Quasi nessuna cancellatura. Era d'accordo su tutto, o quasi. Dettagli insignificanti, secondari. Dopo tre mesi proclama che l'Urss non deve più esistere...... Adesso capisco perché lei porta sempre con sé la valigetta, sotto gli occhi vigili delle guardie del corpo. Può commentare qualcuna delle accuse echeggiate nell'aula del processo popolare e, davvero stranamente, an- che nelle parole del procuratore generale di Russia, Valentin Stepankov? I comunisti ortodossi l'accusano, per esempio, di aver disarmato unilateralmente l'Urss. E Stepankov annuncia che c'è un'inchiesta ufficiale in corso sullo stesso tema, concernente i missili «Oka» a media gittata. E Kriuchkov che accusa Aleksandr Jakovlev di essere un agente della eia... «Macché Jakovlev, questo serve per dare addosso a Gorbaciov. Il trucco è vecchio e funziona solo con le anime semplici che hanno perso la memoria. E' vero che Kriuchkov venne da me per espormi il suo dossier. Ma cosa mi portò? Materiali che in gran parte erano già noti al suo predecessore, Cebrikov. Il quale doveva avere avuto dei dubbi perché non li aveva mai usati. Si parlava di una organizzazione antisovietica cui avrebbero partecipato eminenti intellettuali di Mosca e Leningrado. C'erano i nomi. Di Jakovlev si diceva che era il padrino, il punto di riferimento di quella gente. Niente di più. Che fosse un agente della Cia non fu neppure adombrato. Leggendo i materiali provai una sgradevole impressione: di essere stato trasportato negli Anni 30, ai tempi del terrore staliniano. Gli dissi: senti, io non dò nessun permesso di andare avanti su questa strada. E seppellimmo tutto. Poi aggiunsi: tu e Jakovlev siete amici. Parlatene, chiarite la cosa. Tutto qui. Il fatto è che io sapevo che il Kgb stava da tempo lavorando per seminare sospetti, gettare ombre sugli uomini della mia squadra. Ci avevano già provato con Shevardnadze...». E sull'accusa di cedimento all'America sui missili? «Ah, questo è molto interessante. Non ne ho mai parlato, ma ormai si può, perché questi missili sono stati distrutti, sia quelli americani che i nostri. Ne abbiamo fatto penne a sfera e altri souvenir, grazie a Dio. Ne parlo per la prima volta, ma non dirò tutto. Basti questo. Ci furono riunioni di esperti e scienziati, nei pressi di Mosca, dove studiammo tutti gli aspetti. Ci rendemmo conto che contro i Pershing-2 non avevamo risposta. In 5-7 minuti potevano arrivare sui nostri centri vitali, erano precisi al centimetro. Niente da fare. Era una pistola col grilletto «Quper Eltslo st alzato puntata alla nostra tempia. Così decisi e rilanciai l'opzione zero. Gli occidentali ne furono sorpresi, qualcuno anche ne fu scontento. E qui qualcuno mi accusò di cedere più di quanto cedevano gli occidentali. Ma non sapevano come stavano le cose. E io non potevo dire la verità: che non avevamo nessuna difesa. Adesso ritirano fuori l'accusa. Facciano pure, ho gli argomenti per replicare. Feci un atto responsabile per spingere l'Occidente a fare altrettanto. E fu nell'interesse della nostra sicurezza e di quella dell'Europa». Lei dunque vede un nesso tra la crisi in corso nel Paese e il processo ai golpisti? Un uso politico del processo? Contro di lei? «Certo. Eppure il processo si deve fare. La partita in corso è molto pericolosa. Il presidente continua a tirare la corda, per giunta nella direzione sbagliata. Parla di referendum, di assemblea costituente. Ma la gente è stanca, esasperata, non reagisce più a queste dispute. E lui pretende di rafforzare ancora i suoi poteri, che non ha saputo usare. Il fatto è che non c'è una linea, non c'è una proposta unitaria. E lui non è capace di formularla. Sarebbe necessario che capisse che non può più appoggiarsi ai radicali, che non hanno più alcun seguito reale nel Paese. Non ne farei una questione personale. Questo anno e mezzo ha dimostrato che gli estremi sono inaccettabili, invece noi tutti, mairosti-leninisti nel sangue, continuiamo a considerare il centrismo come una palude, peggio del revisionismo. Invece il centrismo è consenso, concordia nazionale. Quello che occorre oggi, urgentemente, per tagliare fuori i pazzi forsennati, di destra e di sinistra, che vogliono l'avventura». Lei, dunque, è contro il referendum? «Sì. Categoricamente. Si faccia il Congresso e si dia una risposta concreta al Paese». E se il Congresso non riesce a definirla? «Allora approvi una nuova legge elettorale e si vada a elezioni in autunno, non oltre». Elezioni anticipate del presidente e del Congresso? «Sì, assolutamente, di tutti. Il presidente, il Congresso e il Soviet Supremo sono stati eletti quando c'era l'Urss. Ora tutto è cambiato. Se il Congresso è delegittimato, anche il presidente lo è». E Gorbaciov cosa farà? «Non ho progetti di tornare a ricoprire cariche statali». Ma potrebbero chiederglielo... «Rispondo così: la Russia mi sta a cuore non meno di prima. Se c'è la chiamata di leva andremo tutti sotto le armi. Se l'opinione pubblica russa me lo chiederà... vedremo. Ma io non ho piani del genere, voglio che tutti lo sappiano». Giulietto Chiesa «Lanciai l'opzione zero quando mi spiegarono che eravamo impotenti contro i missili Usa» «Questo è il piano per sciogliere l'Urss Eltsin e i suoi lo stesero a settembre» Sopra il golpista Kriuchkov A destra il pg Stepankov II celebre alterco tra Eltsin e Gorbaciov in Parlamento dopo il golpe In alto Anatolij Lukianov