«Non ci possiamo credere» Al circolo del compagno G

«Niente tangenti Sappiamo che il pei faceva investimenti» LA «BASE » «Non ci possiamo credere» Al circolo del compagno 6 LTORINO O conoscevo. Certo» dice Achille Canavera, 52 anni, ex operaio delle Ferriere. «Ero un compagno di lavoro di Primo Greganti. Fu lui che mi portò nel sindacato e nel partito». Tra i 300 soci del circolo Garibaldi di via Giuria, zona semicentrale di Torino dove forse si trasferirà la federazione da piazza Castello, si coglie un malinconico stupore. Qui ogni giorno passano decine di pensionati e di iscritti al pds; qui il vecchio pei si è riunito per tante decisioni importanti, presenti nel corso degli anni Berlinguer, Natta e, recentemente, Occhetto. Qui il popolo pidiessino, adesso come un tempo, gioca a carte, beve un bicchiere e discute. Argomento principe, ammette Daniela Costantini dietro al banco del caffé, «tangentopoli, il fantomatico conto svizzero, il partito». Confessa di non essere mai stata iscritta al pds. E' tuttavia «immersa», da mattina a sera, tra i compagni della Quercia che, afferma, «vengono qui per incontrarsi, per giocare, rilassarsi, ma anche per parlare di politica» Lunedì, quando si è diffusa la notizia dell'arresto di Primo Greganti e dello «sconforto» (lei lo definisce così) del vertice di via Botteghe Oscure, il «Garibaldi» era chiuso. La gente si è sfogata ieri. Per tutto il giorno, sino a sera: «E' una cosa che ha lasciato tutti increduli - racconta Daniela -, che butta una cattiva luce sulla quercia, su fronde di un albero che sino a ieri pareva toccato solo marginalmente dal malaffare». «Io non mi sono stupito» afferma deciso Canavera, iscritto al pei (ed ora al pds, con simpatie per la Lega Nord) dagli anni delle Ferriere. «Ho fatto parte di un gruppo di volontari che davano tutto al partito. Ad un certo punto feci i turni di vigilanza notturna alla sede di via Chiesa della Salute. Erano tempi difficili, c'era la battaglia contro i "padroni". Temevamo attacchi della destra, dei fascisti. Attacchi che non arrivavano mai. Le notti erano lunghe e noi discutevamo. Un compagno mi disse che il pei investiva i proventi delle sottoscrizioni, dei Festival dell'Unità in immobili che venivano intestati a questo o quel compagno, oltre che a società. Ecco fra gli intestatari c'erano i Greganti». E il conto in Svizzera? Qui le certezze di Adulile Canavera vacillano: «Non lo so. Ma è possibile che ci fosse...». Serviva per le tangenti? «No, questo no. Il pei era in attivo. Allora - ancora oggi - una sottoscrizione in questo circolo rende milioni. Immaginiamo le Feste dell'Unità. No, il pei non aveva bisogno di tangenti. Poi c'era una moralità... Altro che mazzette. Le abbiamo sempre lasciate ad altri». La gente parla, si sfoga. Ma c'è anche chi di fronte al cronista non riesce a vincere l'antica diffidenza. Un anziano si schermisce. Parla solo in dialetto per dire che, lui, non commenta proprio un bel niente. Si apre invece Franco Chessa, comunista dall'immediato dopoguerra, ora pidiessino: «Per me non esistono tangenti. No, lo scriva, non esistono proprio». Greganti? «Sì, lo conoscevo un po'. Ma è tutto incredibile». Poi parte: «Il pds deve cambiare politica, deve battersi contro l'immigrazione selvaggia degli stranieri che ci portano via il lavoro». E il conto svizzero? «Che cosa c'entra? Quello degli stranieri è un problema politico, che ci tocca tutti». Lo interrompe Claudio Delzetti, 32 anni, autotrasportatore che si definisce «esponente della classe operaia». Delzetti non è iscritto al pds. Precisa: «ho fatto attività politica con Lotta comunista quand'ero giovanissimo» spiega. Sul conto svizzero sembra avere idee chiare: «Esiste, è sempre esistito». Per raccogliere mazzette? «Non lo so. Lo dovranno scoprire i giudici». «Eh sì - commenta sotto il ritratto di Berlinguer, Daniela Costantini - per il partito è un gran brutto colpo». Poi si prepara a chiudere. E' l'ora di cena, i soci del «Garibaldi» sfollano. Giuseppe Sangiorgio «Niente tangenti Sappiamo che il pei faceva investimenti» Sottoscrizione al Circolo Garibaldi

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