Irpinia, il festival dello sperpero

Irpinia, il festival dello sperpero IL CASO LO STATO Irpinia, il festival dello sperpero C'è perfino il museo dellefabbriche-fantasma SALERNO DAL NOSTRO INVIATO Un capannone, un custode, qualche comparsa che al momento giusto si faccia vedere in giro con l'aria affaccendata, e finalmente ci siamo: è nata un'industria. L'Irpinia del dopo terremoto è piena di fabbriche-fantasma, scatole vuote create solo per drenare i finanziamenti statali per la ricostruzione: aprono i battenti per chiudere dopo qualche mese o, più semplicemente, non entrano mai in funzione. Sono talmente tante che qualcuno ha pensato di dedicare loro una mostra in piena regola: è Salvatore Casillo, docente universitario a Salerno, responsabile di un Centro studi sul falso e direttore di un museo interamente dedicato alla classica «patacca». Così, tra imitazioni di fustini di detersivo, di cosmetici e di elettrodomestici c'è spazio anche per la favola tragicomica dell'Irpinia ricostruita e industrializzata. Nelle bacheche sono messe in mostra le immagini di una storia che va avanti ormai da tredici anni, e accanto ad ogni foto c'è il fac-simile formato gigante di una carta di identità con le «generalità» della patacca in questione. Altro che «Sgai», la fabbrica mai aperta per la lavorazione delle patate che è costata l'arresto ai suoi proprietari e al fratello di Ciriaco De Mita, il geometra Michele: la mostra allestita nelle sale del Museo del falso di Salerno rappresenta la saga dell'assurdo imprenditoriale, il festival dello sperpero di danaro all'insegna dello stellone. E' addirittura grottesca la vicenda della «Iato», industria del fuoristrada sorta al confine tra i Comuni di Nusco e Lioni. Nata come Vecam Sud, una società che fa capo a un gruppo spezzino, ha ottenuto contributi per 2 miliardi e 99 milioni. Nell'88 ha cambiato ragione sociale, con l'impegno di assumere 65 addetti, ma nella relazione della Commissione parlamentare presieduta da Oscar Luigi Scalf aro ne risultano solo 61. La «Iato», in realtà, è una fabbrica-fantasma. Le auto prodotte sono state solo duecento, quasi tutte difettose, tanto che gli acquirenti le hanno restituite al mittente. Triste sorte, quella della «Iato»: il 30 marzo del '92 ha chiuso per fallimento, travolta da un crack di un'ottantina di miliardi. A piangere calde lacrime non sono stati solo i dipendenti e lo Stato italiano che ci ha rimesso i due miliardi, ma anche le autorità bulgare. Cosa c'entrano i Paesi dell'Est con una fabbrica del profondo Sud? E' presto detto: l'azienda, che aveva stipulato una joint venture con un'impresa dì Sofia per la produzione delle scocche, ha ordinato duemila pezzi che non ha mai pagato. L'elenco di quelli che Salvatore Casillo definisce «casi patologici», cioè quelli riguardanti le industrie aperte e subito chiuse o mai entrate in funzione, è ricco di nomi. C'è lo stabilimento Mulat di Calaggio: la società, fallita nell'agosto del '92, prevedeva l'assunzione di 98 persone, ma non ha mai avuto più di 27 dipendenti. Eppure le erano stati assegnati un bel po' di contributi: 19 miliardi. Non è invece mai entrata in produzione la «Irpinia Alimenti», stabilimento per la produzione di mangimi che annovera tra i suoi soci i fratelli Mario, Aurelio e Pietro Schiavone, buoni amici di Michele De Mita: ha incassato 11 miliardi e 400 milioni, ma non ha mai mantenuto l'impegno di assumere 45 disoccupati. L'organico dell'Irpinia Alimenti non ha superato le nove unità. Anche la storia della Fisa (fabbricazione di serbatoi a pressione) merita di essere raccontata. Dopo avere incassato contributi per 4 miliardi e 600 milioni, approntato un piano di investimenti da capogiro e previsto non meno di sessantatré posti di lavoro, ha cessato la produzione nel '91. Quanti dipendenti ha licenziato? Il custode, primo e ul¬ timo assunto dall'azienda-fantasma. «Certo, l'industrializzazione dell'Irpinia terremotata è stata per buona parte un falso clamoroso destinato a entrare nella storia del nostro Paese - dice Salvatore Casillo -. Ma sbaglia o è in malafede chi sostiene che i soldi sono finiti solo nelle tasche degli imprenditori meridionali: la mappa delle ruberie comprende il Sud, il Centro e il Nord di un'Italia ubriaca di tangenti e avida di danaro facile». Che possibilità avrà lo Stato di riappropriarsi dei soldi spesi? «Pochissime. Comunque non credo che i finanziamenti nelle zone terremotate abbiano prodotto solo caos e malaffare. Vi sono casi in cui i soldi sono stati spesi bene, per favorire lo sviluppo di imprese solide come la Ferrerò, che prospera con 394 addetti invece dei 127 previsti». Fulvio MHono Una scena del terremoto in Irpinia Lo Stato ha stanziato parecchi miliardi. I giudici indagano

Persone citate: Ciriaco De Mita, Fulvio Mhono, Michele De Mita, Oscar Luigi Scalf, Pietro Schiavone, Salvatore Casillo

Luoghi citati: Italia, Lioni, Nusco, Salerno, Sofia