Oggi confronto col giudice

Oggi confronto col giudice Oggi confronto col giudice BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Uno, il giudice, napoletano del Vomere L'altro, l'imputato, avellinese di Nusco. Il primo con sorriso da scugnizzo, il secondo malmesso e affatto sereno: appesantito da due notti in cella, un ordine di cattura lungo dieci pagine e sei accuse, mesi di intercettazioni telefoniche, mesi di indagini bancarie e quel cognome: «Essere mio fratello significa rimetterci», diceva Ciriaco De Mita quand'era segretario de. Per Mancuso, al contrario, cognome a parentela, amicizie e e tressette, hanno ben aiutato il geometra Michele: ma dai grandi appalti a una piccola cella. S'incontrano oggi pomeriggio, imputato e giudice. Signor De Mita intende rispondere? Più no che sì, al momento. Vincenzo Siniscalchi, il suo difensore, ha già preparato un'istanza di incompetenza territoriale: ammesso che esista quest'associazione a delinquere, ammesso che De Mita ne faccia parte, per quale motivo indaga Bologna se i reati sono stati commessi tra Napoli, Avellino, Nusco, Roma, Parma e Padova? «Con il mio assistito non ho potuto parlare - dice Siniscalchi -, posso soltanto notare che non esistono elementi per sostenere quelle accuse. Risponderà? Decideremo al momento». Già, le accuse. In dieci pagine Mancuso e il giudice per le indagini preliminari Leonardo Grassi ne hanno messe assieme almeno sei. L'associazione a delinquere, tra il 24 maggio '89 e l'altro ieri si sarebbe dedicata, nell'ordine, a: corruzione di pubblico ufficiale, falso, ricettazione, truffa, fatturazione per operazioni inesistenti, intestazione di beni a persone di comodo. Avrebbero incassato 10 miliardi, soldi destinati alla ricostruzione del dopo- terremoto. Altri 6 miliardi e 500 milioni erano pronti all'incasso: ma nulla è accaduto «per il sopravvenuto intervento dell'autorità giudiziaria». Il giudice Mancuso è rientrato da Roma ieri pomeriggio. Subito in carcere per iniziare gli interrogatori. In Tribunale, per la convalida degli arresti, il gip Grassi. Poco o niente ha da dire, solo una precisazione sull'incompetenza territoriale: «Esiste una connessione tra un'associazione a delinquere già da noi scoperta, quella della truffa sul latte, e questa; e poi, in base al nuovo codice, la legge dice che è competente la sede che per prima iscrive il reato». Più o meno quel che è accaduto tra Milano e Roma con le inchieste su Anas ed Enichem: sono rimaste a Milano, che si era mossa per prima. Soltanto questa sera, dopo l'interrogatorio di Michele De Mita, si potrà capire qualcosa di più. La sensazione (degli avvocati) è che i giudici vogliano tenere le loro carte ben coperte, finché possibile. Ai difensori, prima ancora della data dell'interrogatorio, è stato comunicato che tutti gli atti e verbali dell'inchiesta sono «segre tati»: termine che sta per segreto assoluto. Ed è scontato il motivo: se questa associazione è riuscita ad ottenere finanziamenti illeciti bisognerà pur vedere chi li ha concessi e perché. E questa è storia vecchia, sulle stranezze della ricostruzione in Irpinia ha indagato anche la commissione parlamentare, presidente Oscar Luigi Scalfaro, Per la Legge 219, quella sulla ricostruzione, sentenza politica di condanna. Caso tipico è questa vicenda, con lo stabilimento della società Sgai, quello per la lavorazione delle patate, che a quattro anni dall'inizio dei lavori ancora non c'è. E Michele De Mita ne è il costruttore. Giovami Corniti I giudice Libero Mancuso