La femminista salva Henry di Fabio Galvano

Erika Jong dalla parte del misogino Esce «Il diavolo in libertà», ribalta l'immagine di Miller La femminista salva Henry Erika Jong dalla parte del misogino LONDRA ÉÉli DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Che sia una femminista a spezzare una lancia in favore di un misogino dichiarato può sembrare strano; ancor più che a sostenere quella causa in apparenza perdente, con la stessa grinta con cui altre scrittrici si sarebbero invece scatenate in un atto d'accusa, sia Erica Jong. Ma non è di una misoginia qualsiasi che la scrittrice americana si fa paladina nel suo nuovo libro, che esce ora in contemporanea negli Stati Uniti e in Inghilterra. The Devil at Large, ossia il diavolo in libertà che le serve da titolo, è l'ingrediente essenziale di ogni polemica fra femministe e maschilisti, il sesso. Ma dietro il diavolo del sesso - il gioco di parole è allo scoperto - è in agguato un altro diavolo, il vero protagonista del libro: Henry Miller, 10 scrittore che da Tropico del Cancro in poi è stato esaltato e esecrato, genio libero della letteratura per gli uni e pornografo per gli altri. Erica Jong non si fa tanti scrupoli. E con un linguaggio senza tabù (si potrebbe dire anche da caserma, se non venisse da una scrittrice che sa essere raffinata) si. getta nella mischia per dire in sostanza che le forze di cui Henry Miller s'è fatto portavoce sono vere. Scrive la Jong: «Come molti profeti, da Gesù a Savonarola, egli è diventato la vittima delle sue profezie. Si è burlato della schizofrenia sessuale americana ed è stato premiato facendosi bandire, bruciare, pirateggiare, privare della sussistenza e persino del potere di raggiungere 11 suo pubblico». E ancora: «Quello che Henry aveva e gli altri non sopportavano era la completezza. La sua esuberanza, la felicità che emana dalle sue opere, erano visibili anche quando divenne vecchio e malato. La sua voce esprimeva l'abbondanza dell'uomo. Non era il sesso che i puritani odiavano e temevano: era l'abbondanza». Da 19 anni, da quando la Jong pubblicò il suo primo romanzo Paura di volare e Miller la difese dalle fustigazioni di un'America ancora puritana e impreparata a sentirsi dire che anche le donne possono avere forti stimoli sessuali e vivere sessualmente la loro esistenza, fra i due c'è stato un ricco carteggio, un dialogo che ha sempre superato le barriere delle contrastanti ideologie. Da quel sodalizio è nata un'amicizia; e il libro della Jong, che sfida l'Indice delle femministe, vuol essere in sostanza l'invito a togliere Miller dallo scaffale degli autori «proibiti». Da pupilla a protettrice, in una ricca miscela biografica e autobiografica, di critica letteraria e di polemica, corredata da un epistolario finora inedito. «I regali di Henry, cari amici», confessa la Jong nella sua dedica. E', in definitiva, un invito a rileggere Miller, perdonando come si perdona a un genio. Con tutta la buona volontà, tuttavia, la Jong non può sfuggire a un dato di fatto: per affascinate che fosse nei loro rapporti personali, Miller scriveva talora in modo estremamente offensivo nei confronti delle donne, per lui «trappole» sulla via della liberà assoluta. «Non era soltanto il sesso - lo difende la scrittrice ma l'amore a ispirare quelle cascate di veleno». E nel capitolo in cui si domanda se «dobbiamo bruciare Henry Miller» la Jong dà una risposta inequivoca, sfidando la crescente incompatibilità americana fra ciò che è politicamente corretto e ciò che è ufficialmente da sopprimere: «Dobbiamo tollerare certe fastidiose parole e immagini per proteggere le nostre più grandi libertà». E' una fandonia, insiste, che il sesso non sia più sexy: «E' una pia illusione da parte-di chi vedeva nel sesso una panacea e, scoprendo che non lo era, ha deciso di sposare il puritanesimo dei suoi antenati». Il sesso permea la vita e la società: è quel «diavolo in libertà)) di cui Miller si sentiva sofferente profeta. «Henry l'eroe», «l'ultimo uomo sulla Terra», «un cuore pieno di luce»: le lodi, gli apprezzamenti, l'ammirazione, anche le espressioni d'affetto sono a getto continuo. Il linguaggio di Miller, «così esplicito che avrebbe potuto prendere fuoco», può anche essere stato una forma di pornografìa; ma giustamente, dice la Jong, si può osservare che la pornografìa sta alla vita reale come Tom e Jerry stanno alla violenza. Ma tant'è: un paio di generazioni di femministe si sono indignate. E la Jong le rimprovera. Quell'uomo in grado di sopportare povertà è fame còme prezzo della libertà, ma incapace di resistere a «un qualsiasi tozzo di sesso» (ha avuto avventure disordinate e a non finire, da Anaìs Nin alle cinque mogli fra le quali una che ha aperto a Tokyo un locale notturno inevitabilmente chiamato Tropico del Cancro), sapeva «anche dire la verità». Nonostante «il suo antisemitismo, la sua velata omosessualità e il suo non così velato sessismo», scrive la Jong, Miller ha avuto un pregio che troppe femministe hanno ignorato o gli hanno volutamente negato: «Si è reso conto che tutta la letteratura maschile era congelata in confronto al fecondo delta della prosa femminile». Lui che aveva scoperto un passaggio all'«America dell'Eden» prima che essa cadesse vittima della «Compagnia Telegrafica Cosmodemonica» - la sua metafora per l'età delle macchine - aveva visto nella giovane Jong una nuova irrepressibile voce, fatta anche quella della «volgarità costruttiva» di cui la scrittrice va fiera. E lei, oggi, gli regala il biglietto per il paradiso del sesso. Fabio Galvano «Il sesso permea la vita e la società Il mio grande amico ne era il profeta sofferente Un eroe, un cuore pieno di luce» ÉÉli IH k£1 IH Erika Jong sotto ed Henry Miller Fra i due c'è stato un ricco carteggio iniziato 19 anni fa con la pubblicazione di «Paura di volare» Anaìs Nin, amante e musa dell'autore di «Tropico del cancro»

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