Lavoro obbligato col tumore
Milano, altrimenti perderebbe il posto e i tre bambini Milano, altrimenti perderebbe il posto e i tre bambini Lavoro obbligato, col tumore Portata all'ufficio in ambulanza MILANO. La gente, probabilmente, ha creduto che quell'ambulanza fosse stata chiamata per dare aiuto a qualcuno che stava male. Invece no. L'autolettiga, che ieri mattina ha attraversato Milano, trasportava una donna quasi paralizzata da un male che non dà scampo. Ma non andava all'ospedale, bensì all'ufficio del Registro milanese. Qui lavora Patrìzia Guerci, trentacinque anni. La donna, da tempo affetta da tumore alla spina dorsale, si è presentata in questo modo ieri alle 8 nell'ufficio dove lavora da più di dieci anni. L'ha fatto per necessità, per non essere licenziata. La donna, prima di ieri mattina, aveva usufruito di tutti i permessi per malattia a disposizione dei dipendenti pubblici, e ieri, terminate anche le ferie relative a quest'anno a sua disposizione, ha deciso di presentarsi in ufficio accompagnata con l'ambulanza perché se non si fosse recata al lavoro, con le sue gambe o in altro modo, sarebbe stata licenziata. L'odissea della signora Guerci, che è madre di tre bambini e non ha marito, non è finita così, anzi è destinata a proseguire chissà per quanto tempo ancora: la donna deve infatti lavorare per almeno tre mesi consecutivi per riottene- re il diritto ad una nuova tranche di permessi di malattia. Costretta su una sedia a rotelle dal tumore che molti mesi fa l'ha colpita alla colonna vertebrale, Patrizia Guerci non vuole desistere dalla sua battaglia perché, ha detto al barellieri che l'aiutavano a scendere dall'autolettiga, «se perdessi il lavoro molto probabilmente i miei bambini sarebbero affidati a un'altra famiglia, perché io non ho altre fonti di reddito». Ieri mattina, inoltre, una volta raggiunto il lavoro, la donna si è trovata di fronte alla richiesta di affrontare una «visita fiscale», chiesta dal¬ l'amministrazione per appurare se potesse svolgere le sue mansioni: Patrizia Guerci, però, affiancata da colleghi e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, si è opposta alla richiesta definita «assolutamente arbitraria», oltre che di dubbio gusto. La donna, accompagnata alla sua scrivania da un collega ha quindi lavorato regolarmente e, finito il suo orario, è stata riaccompagnata a casa. Non è del tutto autosufficiente al lavoro, e nella giornata a turno i colleghi si sono alternati per darle una mano. «Domani - ha detto Patrizia - tornerò regolarmente al lavoro. Posso contare sull'aiuto dei miei compagni di lavoro, che mi sorreggono quando mi devo spostare. Ho già perso la salute, e, se perdessi il lavoro, potrebbero togliermi i bambini. Una cosa che non permetterò mai». All'uscita dall'ufficio, nonostante la stanchezza, ha accettato di spiegare le ragioni del suo gesto ai cronisti che l'aspettavano: «Se le autorità e i vertici dell'ufficio dove sono impiegata non decideranno in tempoi di intervenire io andrò avanti in questo modo finché avrò fiato. Non posso permettermi di perdere il posto di lavoro, unica fonte di guadagno per me e i tre bambini che ho avuto. Io credo anche che il lavoro abbia una sua dignità, e in tutte le maniere possibili va data la possibilità ad ogni cittadino di mantenersi decentemente. Costringere una donna che ha un tumore che non le dà scampo ad andare in ufficio ogni mattina con la barella mi sembra assurdo. Ma se la mia sorte è questa, io sono pronta». Le organizzazioni sindacali si sono attivate già ieri pomeriggio, ma il caso di Patrizia Guerci, ieri sera, non era ancora risolto. Anche stamattina, dunque, poco prima delle 8 un'ambulanza attraverserà Milano. Per portare una donna malata di cancro a lavorare. [r. cri.] Patrizia Guerci alla sua scrivania
Persone citate: Guerci, Patrizia Guerci
Luoghi citati: Milano
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