Andreotti nel «giallo Castellari» di Giovanni Bianconi

«Era preoccupato per le carte che gli avevano portato via» Prima di suicidarsi, l'alto dirigente ebbe un colloquio con il senatore de Andreotti nel «giallo Castellari» «Strano che si sia ucciso» ROMA. Molti lo indicano come il crocevia dei misteri d'Italia, e adesso il suo nome compare anche nell'ultimo «giallo» nostrano, il suicidio dell'ex direttore generale delle Partecipazioni statali Sergio Castellari. Giulio Andreotti, ex presidente del Consiglio e oggi senatore a vita, incontrò Castellari nel proprio ufficio la mattina di giovedì 18 febbraio. Poche ore più tardi, dopo aver consegnato alcune «lettere d'addio», il maganer di Stato raggiunse la campagna di Sacrofa no e si sparò. 11 settimanale II Mondo scrive che proprio Andreotti avrebbe detto a Castellari che se non avesse raccontato tutto ciò che sapeva sull'affare Enimont e sui documenti che la Finanza gli aveva trovato in casa, sarebbe finito in galera. Molto probabilmente il leader de sarà ascoltato come testimone dal giudice Davide lori, titolare dell'inchiesta sulla morte di Castellari. Per adesso Andreotti conferma quell'incontro del 18 febbraio e parla dei suoi rapporti con la vittima. L'ex presidente del Consiglio è stato ministro delle Partecipazioni Statali ad interim per un anno, e in quella veste conobbe Castellari. «E' vero - dice Andreotti - mi aveva chiesto un appuntamento la settimana precedente. S'è presentato per ricordarmi il modo in cui s'era dimesso da direttore generale, l'anno scorso, e per raccontarmi che gli erano stati proposti due buoni incarichi di consulenza: uno all'Eni e l'altro alla Deutsche Bank. Mi disse però di temere che si potesse mettere in relazione il lavoro all'Eni con eventuali favoritismi che lui poteva avergli fatto in passato. E io: "Ma lei ha favorito l'Eni?", "No", mi rispose, "anzi io dell' Enimont non mi sono mai occupato direttamente"». Andreotti, secondo la sua ricostruzione, seguitò a guardare quell'uomo senza capire. «Era preoccupato - continua -,e gli chiesi perché. Lui parlò'allora della perquisizione che gli avevano fatto, disse che s'erano presi delle carte che lui aveva portato con sé dal ministero, e di non ricordare nemmeno che cosa ci fosse perché non aveva ancora aperto gli scatoloni. "Io non ho niente da rimproverarmi", aggiunse, "ma in questo momento questa storia potrebbe provocarmi dei fastidi". Cercai di tranquillizzarlo, anche se non mi pareva certo uno che di lì a poco si sarebbe suicidato. Devo dire però che avevo di lui una conoscenza molto superficiale, perché alle Partecipazioni statali trattavo sempre col sottosegretario e col capo di gabinetto». Ma perché quell appuntamento, senatore Andreotti? Castellari non era nemmeno de, ma socialista. «Guardi, lui venne da me per ricordarmi che quando se ne andò dalle Partecipazioni Statali non fu cacciato, si dimise spontaneamente. Ed era vero. Mi chiese se me ne rammentavo, forse perché intendeva riferirlo al magistrato e chiedeva una conferma preventiva, non so». E' vero che proprio Andreotti disse a Castellari che se non avesse parlato davanti al giudice sarebbe finito in galera? «No, è falso - risponde l'ex presidente del Consiglio -. Tra l'altro non conosco bene la vicenda in cui era coinvolto, né che cosa Castellari sapesse. Del giudice Savia non mi ha fatto neanche il nome. Lui era preoccupato per le carte che gli avevano preso, anche se è strano che uno non sap- pia che cosa gli hanno portato via da casa. Molto strano poi che proprio quel giorno si sia ucciso». In questo suicidio di «stranezze» ce ne sono molte, anche per gli inquirenti. E Andreotti, che di «gialli» è un amatore, che cosa ne pensa? «Ho letto qualcosa sui giornali, dice che aveva addirittura la pistola in tasca e mi sono meravigliato, ma non mi sento di fare commenti. Certamente mi era apparso un po' teso, ma non ho da dare dei lumi su questa tragica vicenda». Qualche lume può darlo invece una delle lettere scritte da Castellari, ricevuta e pubblicata sempre da II Mondo. Parlando del pubblico ministero Savia che avrebbe dovuto interrogarlo il giorno in cui s'è tolto la vita, l'ex direttore generale dice fra l'altro: «Intendo denunciare l'ingiustizia e respingere il ricatto del dott. Savia perché mi si chiede di compiere un'azione abietta e vile, quale sia il settore politico coinvolto, ed anche perché non ho elementi concreti per denunciare episodi delittuosi: non posso accettare di barattare la mia libertà con la mia dignità». Savia e gli avvocati di Castellari hanno già precisato che non fu fatto alcun ricatto. I legali volevano spiegarlo al loro assistito nell'incontro che avevano fissato con lui due ore prima dell'interrogatorio, ma Castellari, che aveva appena visto Andreotti, telefonò ad uno dei due avvocati per disdire l'appuntamento. «Ormai è troppo tardi», disse. Giovanni Bianconi «Era preoccupato per le carte che gli avevano portato via» Giulio Andreotti e Sergio Castellari, il manager statale suicida

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