Bruciati vivi per una vendetta

Bruciali vivi per una vendetta Risolto dalla polizia ferroviaria il mistero dei due extracomunitari carbonizzati nel vagone Bruciali vivi per una vendetta Arrestati tre tunisini: erano amici Narcotizzati e poi bruciati vivi. Per vendetta. I due tunisini morti lunedì notte nel rogo di un vecchio carro ferroviario al deposito del Lingotto sono stati uccisi. La polizia ferroviaria li ha identificati dai pochi resti carbonizzati ed è riuscita a identificare gli assassini. Il delitto è stato commesso da tre tunisini «amici» delle vittime: insieme formavano una banda di spacciatori operante a Porta Nuova. I cinque erano conosciuti come molto «affiatati», dormivano da mesi sullo stesso vagone. E' stato questo elemento a permettere ai sovrintendenti Brutti, Mattina e Muscarello responsabili dell'inchiesta di compiere il salto decisivo nelle indagini: come mai quei tre si erano salvati dal rogo? Le vittime sono Mohamed Arfaoui, 21 anni, detto «Gaera», e Mhosen Boulares, 22 anni, detto «Romansiet», entrambi clandestini in Italia da un paio d'anni. I loro assassini Ben Ali Imed, 22 anni, Monder Ansi, 18, e Mohamed Hajammed, 27, anche loro illegali. Il vicequestore Filippo Dispenza ha spiegato come si è risolto il caso: «Abbiamo cominciato ad indagare nell'ambiente degli extracomunitari, fermando gente che frequenta bar e portici di Porta Nuova. Lentamente abbiamo raccolto elementi in un mondo dove l'omertà è legge. La parte più difficile è stata scoprire i nomi dei morti; il resto è venuto come logica conseguenza». «Gaera» e «Romansiet» sono sempre stati spacciatori di eroina. Al punto che i loro passaporti, precauzione abituale nel «sottobosco» degli extracomunitari, sono custoditi da italiani (pagati molto bene per il servizio) in modo che non vengano ritrovati dai poliziotti in caso di arresto. Come si fa ad espellere uno che non ha documenti? Non si sa se è tunisino, marocchino o egiziano. A quale frontiera lo si accompagna? L'altro lunedì sera «Gaera» e «Romansiet» hanno litigato, nella pizzeria Capolinea di via Nizza, con i tre «amici». Motivo? Dovevano due milioni e mezzo di lire per eroina non pagata agli altri tre, ma «Gaera» vantava a sua volta un credito di un milione e 200 mila da Hajammed. Difficile mettersi d'accordo. Il diverbio è proseguito sino al momento di andare a dormire - verso le due - sul vagone dietro il Lingotto attrezzato con materassini di gommapiuma. Un testimone, un marocchino che compie il giro dei carri ferroviari vendendo sigarette e candele agli extracomunitari, li vede insieme. Imed, Ansi e Hajammed comprano sigarette e candele. Poi offrono un'aran- ciata ai due amici, in segno di riappacificazione. Nella bottiglietta però è stato sciolto un tubetto di «Roipnol». E dopo mezz'ora, le due vittime designate giacciono incoscienti. Otto candele accese vengono piazzate agli angoli dei materassi. I tre assassini fuggono, mentre i pagliericci incominciano a prendere fuoco e in breve si scatena l'incendio. Molti vedono i tre allontanarsi correndo e chiedono cosa è successo. Rispondono: «Non sappiamo, stiamo andando a comprare candele; andiamo a dormire da un'altra parte». Due dei tre tunisini arrestati per l'omicidio dei loro connazionali Assassini e vittime erano in Italia clandestini da anni

Persone citate: Ben Ali Imed, Filippo Dispenza, Mohamed Arfaoui, Muscarello

Luoghi citati: Italia