«Un nero qui a Vidor Non si vedeva dal'20»
«Un nero qui a Vidor? Non si vedeva dal '20» Texas, un uomo di colore va a abitare nel feudo del «KKK» «Un nero qui a Vidor? Non si vedeva dal '20» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO «Ma perché tante storie? Io ho semplicemente affittato un appartamento»: John DecQuir, un ex operaio edile di 58 anni, recita da ingenuo mentre scarica le sue cose da un camioncino sotto gli sguardi non precisamente festosi dei vicini; ma sa benissimo che quelle «storie» vengono dal colore nero della sua pelle e dall'indirizzo in cui si trova il suo nuovo appartamento, 530 National Drive, Vidor, Texas. Questa cittadina ha poco più di diecimila abitanti ed è nota essenzialmente per due cose: che alla fine del secolo scorso fu fondata dal padre di King Vidor, il regista di «Guerra e Pace», e che gli ultimi neri che ci vivevano furono espulsi nel 1920. John DecQuir, quindi, è il primo che «pretende» di abitarci, da oltre 70 anni. Lui non ha la tempra del combattente. All'epoca delle grandi lotte per i diritti civili era un giovanotto e come tale «sentiva» quello che stava accadendo, ma il suo impegno nelle marce, nei boicottaggi e nelle grandi manifestazioni non fu particolarmente intenso. Ora però, dopo che un divorzio e la crescita dei figli lo hanno lasciato solo, a vivere di un assegno di invalidità (soffre di diabete), ha pensato di imbarcarsi in questa avventura e di affrontarla con l'atteggiamento sornione che si diceva. E qualche risultato l'ha ottenuto. Ad esplodere, più che la rivolta contro di lui sono state «le contraddizioni in seno ai bianchi». Già perché Vidor ne ha anche una terza di ragione per essere nota: quella di aver fatto parte per anni del «KKK Territory», il territorio del Ku Klux Klan. I vari gruppi che lo compongono, lì sono sempre stati rappresentati tutti e uno di essi fino a qualche tempo fa aveva perfino il suo quartier generale nella «Main Street». Ai suoi ingressi gli striscioni con l'avvertimento «Negri, non fatevi cogliere dal tramonto a Vidor», era una tradizione. Acqua passata? Sì. Ma l'arrivo di John DecQuir ha fatto fare a quell'acqua, o almeno a una parte di essa, un po' di percorso a ritroso. «Farà bene a non venire qui per fare conoscenza dice Marie Johnson, una sua vicina - perché tutto quello che troverà sarà un colpo di mazza da baseball». E se un giorno viene a chiedere un uovo in prestito?, azzarda un cronista. «Gli mostrerei l'uovo nella mia mano - interviene la figlia di Marie, Joyce Pearson - e gli direi che niente da fare, non ci sono uova per lui». A portare lì John DecQuir è stato un programma di «desegregazione» avviato dal governo del Texas che consiste nell'assegnare gli alloggi popolari - quelli destinati ai poveri e il cui affitto si basa non sui prezzi di mercato, ma sul reddito - a un certo numero di persone di «altro colore». Nel complesso al numero 530 di National Drive, per esempio, ci sono 74 appartamenti, e in base al programma 8 di essi devono essere occupati da neri. Per mesi e mesi non s'è trovato nessuno disposto ad andarci. Le migliaia di persone presenti nelle «graduatorie» della contea preferivano aspettare ancora piuttosto che andare nel «KKK Territory», ma John DecQuir si è detto che tutto ciò «era ridicolo» ed ha deciso di aprire la strada. «Si dice che la fede smuove le montagne, ma qui si tratta al massimo di un montarozzo», afferma sempre con la sua aria da tanto-rumore-per-nuUa. Ed è stato premiato da quelli che con Marie Johnson sono in completo disaccordo. Come Roxcie Setzer, impegnata nelle attività della Chiesa Battista, che l'altro ieri ha forzato la sorveglianza dei poliziotti (sono stati messi lì 24 ore su 24, non si sa mai) ed ha infilato sotto la porta di John un messaggio. C'era scritto: «Gesù ti ama, e noi anche». Franco Farfarelli Una delle lugubri cerimonie del Ku Klux Klan, l'organizzazione razzista dei bianchi americani La setta è ancora attiva, per quanto in declino, in alcuni Stati del Sud
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