Il caldo in tv non fa più gol di Maurizio Caravella

Il caldo in tv non fa più gol Cala l'audience delle trasmissioni sportive più note di Rai e Fininvest Il caldo in tv non fa più gol Campana, Soldati, Tommasi: che noia UGA precipitosa, dice qualcuno; tradimento, dicono altri. Le trasmissioni che hanno per oggetto il dio pallone non sono più la calamita di una volta, anzi: per molti sono diventate quasi una calamità. Arriva il calcio sul video e molti, magari sbuffando, cambiano canale. Basta, non se ne può più. Indigestione da pallone? Nausea? Un fatto è certo: c'è un calo preoccupante, diffuso, sia per le reti Rai che per quelle berlusconiane. A braccetto, anche se a denti stretti, verso la sconfitta: se si perde in due, si ha l'impressione di perdere un po' di meno. E chi non cambia canale si sorbisca pure la solita minestra. Una bocciatura in massa. Stando ai numeri (ma solo a quelli) si salva soltanto il «Processo del lunedì», che riesce persino ad aumentare l'ascolto. I tifosi continuano a seguirlo, magari per criticarlo: vediamo se stasera qualcuno grida, o dice parolacce; vediamo fin dove si arriva con il cattivo gusto. Solo colpa del super-Milan? Con quell'abisso che lo separa da inseguitori che non inseguono, ha ammazzato il campionato e quindi anche il pallone televisivo: lo fai a spicchi, ci guardi dentro con la lente d'ingrandimento e trovi sempre i marziani rossoneri. Se non c'è dualismo, nello sport manca il sale e il pepe. Questo Milan ammazzatutti ha dato spettacolo, ma ha sparso anche un po' di sonnifero: è vero. E il calo non c'è solo fra chi vede il calcio in salotto, ma anche fra chi va allo stadio: in media, oltre mille spettatori in meno per partita. Se la tendenza continuerà si arriverà a fine torneo con un calo di 355 mila unità. Milan colpevole di vincere troppo, quindi? Sentiamo un addetto ai lavori, quelli televisivi: Rino Tommasi, direttore dei servizi giornalistici di Tele+2, la rete sportiva per eccellenza. «Io non credo - dice che vincere tanto sia una colpa. Certo, lo strapotere dei rossoneri non giova alle trasmissioni calcistiche, ma non incide neppure in modo netto. Il guaio è un al- tro: ci sono troppi programmi simili, ne segui uno e ti sembra di averli visti tutti. Passi da Pressing alla Domenica Sportiva e magari ti accorgi che sta andando in onda, contemporaneamente, un servizio sulla stessa partita. Occorre differenziarsi di più. C'è bisogno di idee nuove». «Non sono d'accordo - continua Tommasi - con chi sostiene che in tv c'è troppo calcio e in genere troppo sport. Non è questione di quantità, ma di qualità. Un esempio? All'Appello del martedì, dopo Agroppi, hanno chiamato Falcao che è alla ricerca di un contratto come allenatore e quindi, non volendo inimicarsi nessuno, dà un colpo al cerchio e uno alla botte. L'ex campione, scelto solo perché ha un nome, in genere non si prepara, non ha professionalità, è banale. Quante volte ho sentito dire dai calciatori: giocheremo la nostra partita. Bravi: da una vita aspetto invano che giochino quella degli altri». Tommasi rincara la dose: «Il Processo del lunedì? I tempi sarebbero maturi perché andasse in onda già la domenica sera, a botta calda. Così com'è, è una bella idea realizzata male: ha un successo di pubblico, ma non certo di critica. Anche un film porno, se fosse trasmesso per tivù, avrebbe dei dati di ascolto straordinari, ma non per questo potremmo definirlo un'opera d'arte. E poi, che senso ha chiudere la porta a tutto quello che non è calcio?». «Per recuperare spettatori davanti al piccolo schermo e anche allo stadio - conclude il giornalista di Tele+2 - il campionato dovrebbe cambiare formula. Sedici squadre anziché diciotto, le prime otto classificate in un tabellone tipo quello del tennis, con tanto di teste di serie. Eliminazione diretta, ma con partite di andata e ritorno ed eventuale bella sul campo della squadra che ha più punti. Così ci sarebbe lotta fino alla fine. Ora in troppi incontri, nel finale di campionato, una delle contendenti non ha più incentivi. Sono partite a rischio, con possibilità di pastette e corruzione anche psicologica. Così capita che un attaccante dica al suo marcatore: non ti serve a niente, perché lotti così, ce l'hai con me?». E i calciatori che cosa ne pensano? La parola al presidente della loro associazione, l'avv. Sergio Campana: «Non riesco più a seguire le trasmissioni sul calcio perché hanno smesso da tempo di darmi emozioni. Sul piccolo schermo, ormai, siamo a livello di overdose. Se vai matto per una pietanza ma te la propinano tutti i giorni e cucinata allo stesso modo, alla fine ti dà la nausea. In tivù ogni episodio viene vivisezionato, rivisto da tutte le angolazioni. Il padre di Gigi Agnolin, ex arbitro anche lui, mi ha detto che se la doménica dirigeva una partita del Grande Torino, il giorno dopo i tifosi lo attorniavano, gli chiedevano mille cose. Anche questo era il bello del calcio. Adesso non c'è più mistero, i tifosi sanno già tutto, anche troppo. Il calcio è come una bella donna: se si spoglia sùbito e di colpo, completamente, ti frena il desiderio, non c'è più mistero». «Il fatto che il Processo sia l'unica trasmissione a non aver perso telespettatori non è consolante - aggiunge Campana -. E' fatta soprattutto di scontri folcloristici. Mi hanno chiesto di andarci, non l'ho mai fatto. Spero che il Processo abbia molti telespettatori solo perché il lunedì, abitualmente, la gente passa la sera in casa. Solo una questione di grandi numeri». Sentiamo ora un tifoso eccel¬ lente - e anche atipico, visto che è juventino e anche un po' granata - lo scrittore Mario Soldati, 87 anni. «I tifosi fanatici sono rimasti, ma molti di quelli tiepidi non vanno quasi più allo stadio e, nelle proprie case, quando viene trasmesso il calcio in tv cambiano canale. Anch'io faccio così, per due motivi: innanzitutto perché le trasmissioni sul calcio si assomigliano tutte, mi annoiano e mi indispettisce il fatto che giocatori miliardari debbano sempre lamentarsi quando ci sono famiglie che turano a campare con meno di due milioni al mese, con l'ombra della cassa integrazione e dei licenziamenti; in secondo luogo, perché in questa Italia dilaniata dalle tangenti e dagli scandali ci sono cose più importanti a cui pensare. Il Processo del lunedì? E' solo un festival del cattivo gusto». Ma Aldo Biscardi, re di questo tipo di festival, se ne infischia. Conta solo l'auditel, l'importante è che lo guardino, lui aizza e ride, quel che pensano della sua trasmissione non gli interessa, non fa numero. Sorridente e pacioso fino all'ultima rissa da cortile. Maurizio Caravella ■7,91 LA PERCENTUALE DI TELESPETTATORI. POSITIVA E NEGATIVA. E' RELATIVA ALLE PRIME 20 GIORNATE DEL CAMPIONATO IN CORSO RISPETTO ALLE CIFRE DELLO SCORSO TORNEO - 10,88 ■ 10,89 -15,69

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