«Fidel ci hai ancora sconfitti»
Solo i profughi parlano di brogli. Un leader dei dissidenti: ma adesso è il momento giusto per le riforme Solo i profughi parlano di brogli. Un leader dei dissidenti: ma adesso è il momento giusto per le riforme «Fidel, ci hai ancora sconfitti» L'opposizione ammette il successo del regime L'AVANA NOSTRO SERVIZIO Avevano previsto che le schede bianche e nulle, l'unico voto di protesta possibile in queste elezioni su lista unica, sarebbero arrivate almeno al 40 per cento, ed invece non sono state più del 5 per cento. Le radio di Miami avevano invitato a disertare le urne, e la percentuale di astensioni si è fermata sotto il 3 per cento. Speravano che qualcuno dei 589 candidati all'assemblea nazionale potesse non essere eletto, e ce l'hanno fatta tutti senza difficoltà, e quasi sempre con oltre il 95 per cento dei voti validi. Quello del trionfo elettorale di Fidel Castro e della sua «revolución» è il giorno più amaro per i tanti, piccolissimi gruppi della dissidenza cubana. Quando ci apre la porta della sua vecchia villetta Liberty in un quartiere centrale di L'Avana, Elizardo Sanchez ha il volto stanco di uno sconfitto. «Abbiamo sbagliato tutte le previsioni ammette il presidente della piccola ma importante Commissione cubana di riconciliazione nazionale -, dobbiamo riconoscere che la maggioranza assoluta del popolo cubano ha rinnovato al governo il suo mandato». Nella sua «guayabara» azzurra, Sanchez dimostra più dei suoi 48 anni, di cui quasi dieci passati in galera per reati di opinione. Insegnava storia del marxismo al- l'università, ma le sue idee troppo liberali, da «comunista dissidente, alla Occhetto», gli hanno valso la sistematica persecuzione da parte del regime. L'hanno arrestato l'ultima volta agli inizi di ottobre, e poi rilasciato in libertà provvisoria. Due mesi dopo, una piccola folla di uomini armati di bastoni, probabilmente agenti di polizia in borghese, gli hanno invaso casa, gli hanno distrutto la biblioteca e lo hanno quasi massacrato di botte. Non parla mai con odio, Sanchez, il tono didattico prevale sulla passione. «Le elezioni municipali del 20 dicembre erano andate male per il governo - dice - e quindi Castro si è impegnato a fondo, personalmente, per il voto del 24 febbraio. I media del regime hanno anche scatenato una campagna incredibile, ma è stato il suo intervento diretto che ha fatto la differenza: Castro è certamente la figura politica più rilevante e carismatica della storia di questo Paese». Almeno nella capitale, secondo i suoi calcoli, i voti di protesta sarebbero più di quelli ammessi ufficialmente: intorno al 15-20 per cento del totale. Il governo deve riconoscere che la dissidenza politica cubana è composta da più di un milione di elettori, e non si limita a piccoli gruppi di scontenti, come ha sempre ripetuto la propaganda del regime - dice Sanchez -. Invece di fare facili trionfalismi sul trionfo elettorale, il governo dovrebbe ora propiziare e guida- re un processo di graduali riforme economiche e politiche, in un'atmosfera di riconciliazione nazionale, che possa permettere di trovare una via di uscita alla grave crisi economica». Una posizione sotto fuoco incrociato, attaccata tanto dal regime - che finora ha sempre rifiutato qualsiasi ipotesi di seppur parziale apertura politica e di reale democratizzazione della vita interna del partito comunista - che dai cubani di Miami, il cui obiettivo è la caduta pura e semplice di Castro ed il ritorno allo status quo anteriore alla rivoluzione. Dalla Florida, sulle onde di «Radio Marti», arrivano le parole dure del «falco» Jorge Mas Canosa, uno dei leader della comunità cubana, in stretti rap¬ porti con i repubblicani e l'ex presidente Bush: «I voti di protesta sono stati oltre il 50% - urla -, il regime ha manipolato i dati». Ma gli scrutini sono stati pubblici e nessuno, tra i diplomatici accreditati e i quasi 200 giornalisti stranieri arrivati all'Avana per le elezioni, ha ricevuto una sola denuncia di brogli. Dopo trentaquattro anni, insomma, il popolo cubano ha dimostrato di credere ancora alla «revolución» ed al suo «lider màxìmo». Castro può tirare il fiato, ma cosa succederà nei prossimi mesi? E' molto difficile che la situazione rimanga ferma. Sanchez e gli altri dissidenti moderati continuano a sperare in una possibile apertura e nella fine delle ostilità da parte americana, mentre i duri di Miami fanno il tifo per un rapido peggioramento della situazione interna dell'isola, che possa portare ad un rapido, e forse sanguinoso, collasso del regime. Molto, in ogni caso, dipenderà dall'evoluzione della crisi economica, e su questo fronte le notizie sono assai preoccupanti per il governo. L'allarme lo ha lanciato un recentissimo studio del «Centro de estudios sobre America», una istituzione ufficiale del governo: il prodotto interno lordo dell'isola è in caduta libera e «nulla suggerisce» che la situazione si invertirà quest'anno. Gianluca Bevilacqua Sostenitori del regime cubano festeggiano la vittoria di Castro [FOTOAP] I presidente Fidel Castro
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