La folla a De Michelis: ladro di Giuliano Marchesini

La folla q De Michelis: ladro La folla q De Michelis: ladro L'ex «doge» inseguito fugge in motoscafo RITORNO A VENEZIA GVENEZIA IANNI De Michelis inseguito per le calli dai veneziani, dopo essere stato sentito a palazzo di Giustizia sulle tangenti. Quasi duecento persone, che hanno sorpreso il vicesegretario del psi all'uscita da una porta secondaria, a fianco della Basilica di San Marco. Il «doge» che cercava di distanziare la folla, protetto dai carabinieri, ma la gente a incalzarlo. E poi le grida: «Ladro», «Bandito», «Buffone», «Venduto», «Delinquente». Infine lui è saltato sul motoscafo che lo ha sottratto all'assalto, poco distante dal Ponte dei sospiri. Giornata veneziana terribile per De Michelis, ascoltato dal sostituto procuratore Carlo Nordio, alla presenza del capo della Procura Vitaliano Fortunati. Prima della fuga, parlando con i giornalisti, l'ex ministro degli Esteri ha detto di aver «chiarito alcuni aspetti che sono oggetto dell'autorizzazione a procedere». «Il patto tra me e Carlo Ber- nini non esisteva. E non c'era una struttura di corrente del psi che dipendesse da me, ma le campagne elettorali e anche i finanziamenti facevano capo al partito». Il vicesegretario socialista, raggiunto da diversi avvisi di garanzia, ha aggiunto di aver chiesto «un giudizio unico» nei suoi confronti. De Michelis era arrivato in piazza San Marco verso le 16,30. Impermeabile bianco, viso tirato, passo svelto. Si era infilato sotto le Procuratie, accompagnato da due agenti di scorta e dai suoi avvocati, Giovanni Flik di Roma e Gaetano Pecorella di Milano. Gruppetti di turisti assistevano alla marcia frettolosa del vicesegretario del psi verso il palazzo di Giustizia. Un veneziano aveva interrotto la passeggiata gridando al doge socialista: «Poca gloria, eh?». Lui non ha voltato nemmeno lo sguardo, tirando diritto incontro alla barriera di fotografi. Qui si è mostrato un attimo spazientito. Ha allargato le braccia e ha detto: «Ragazzi, ne avete tante di foto mie». Poi si è ricomposto e ha suonato il campanello del portone del Tribunale. Attimi d'imbarazzo, infine l'ex ministro degli Esteri è entrato nell'androne come se provasse sollievo. Non sapeva ancora cosa lo avrebbe atteso all'uscita. Così Gianni De Michelis è tornato nella sua Venezia, per raccontare al giudice Nordio una storia di intrecci tra politica e imprenditoria, di presunte tangenti, di centinaia di milioni. Egli stesso aveva chiesto di essere ascoltato, dopo che la Camera aveva concesso l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Il vicesegretario socialista ha messo insieme tre avvisi di garanzia: uno qui a Venezia, un altro spedito dalla Magistratura romana per via di un appartamento che avrebbe regalato all'ex fidanzata, il terzo emesso dai giudici milanesi dopo le dichiarazioni di Ottavio Pisante, il quale ha sostenuto di aver pagato fino al 15 gennaio scorso gli stipendi a cinque dipendenti della segreteria demichelisiana. De Michelis ha trovato sul tavolo del magistrato le carte che compongono una' lunga storia. Ecco quello che i giudici veneziani hanno scritto nella richiesta di autorizzazione a procedere: «Questa Procura sta procedendo ad indagini preliminari su Gianni De Michelis in relazione ai reati di corruzione e violazione del finanziamento pubblico dei partiti, poiché, nell'ambito di un accordo che prevedeva l'imposizione e la spartizione tra le correnti dorotea della de e demi enei isi ana del psi del Veneto delle tangenti, da incassare dagli imprenditori prescelti per l'assegnazione degli appalti relativi alla bretella autostradale Marco Polo, in particolare tramite il suo segretario personale Giorgio Casadei, riceveva, sulla base delle attuali cono¬ scenze processuali, lire 340 milioni (dei 440 milioni concordati) dagli amministratori della Ccc (Alessandro Merlo), della Sacaim (Aldo Drigo) e della Schiavo (Giuseppe Musso)». La Magistratura di Venezia contesta ancora a De Michelis di aver ricevuto «acconti di vario ammontare» dagli amministratori della Ccc di Musile del Piave sulla richiesta di una tangente dell' 1,50 per cento per gli appalti che sarebbero stati assegnati con i fondi della legge speciale per Venezia: l'affare si riferisce alla vasca di raccolta delle acque meteoriche della Rana e alla quarta linea del depuratore di Fusina. «Tali reati commetteva in concorso, oltre che con il proprio segretario personale Giorgio Casadei, con Carlo Bernini, leader della corrente dorotea del Veneto, e con il segretario Giorgio Ferlin, con Gianfranco Cremonese, già presidente della Autostrade Venezia-Padova e presidente dimissionario della Giunta regionale del Veneto». Tra una cosa e l'altra, sarebbero stati incassati 405 milioni, su 600 concordati. Come sembra lontano il tempo in cui il doge socialista traversava piazza San Marco al culmine dell'ascesa, il codazzo di portaborse e di estimatori a tenergli dietro. Adesso l'entourage s'è dissolto e il suo posto è stato preso da una folla che grida «Ladro». Giuliano Marchesini Tensione in piazza San Marco dopo l'interrogatorio dell'ex ministro degli Esteri sotto inchiesta per corruzione «Nessun patto con Bernini» L'ex ministro Gianni De Michelis all'uscita dal Palazzo di giustizia