Restano in carcere Mattioli e Mosconi
Restano in carcere Mattioli e Mosconi Restano in carcere Mattioli e Mosconi Agnelli: il giudice preoccupa come la sala operatoria MILANO DALLA REDAZIONE Richiesta respinta. Francesco Paolo Mattioli, direttore finanziario della Fiat, e Antonio Mosconi, ex vicepresidente della Cogefar-Impresit, restano in carcere. L'istanza di scarcerazione presentata dai difensori non è stata accolta dal giudice delle indagini preliminari Italo Ghitti. «Resta il rìschio di inquinamento delle prove e non è cessata l'esigenza di acquisire nuovi atti istruttori», queste, per Ghitti, le motivazioni che non rendono possibile, per ora, l'uscita dal carcere di San Vittore di Mattioli e Mosconi, entrambi già da cinque giorni agli arresti per l'inchiesta Mani pulite. Mentre i legali di Enzo Carra, l'ex portavoce di Arnaldo Forlani, anche lui tuttora a San Vittore, hanno fatto sapere di voler rivolgersi al tribunale della libertà per sollecitare la scarcerazione. Faranno ricorso in Cassazione dove contesteranno la validità dell'articolo 371 bis applicato, spiegano, dai magistrati milanesi per giusti- ficare la permanenza in carcere di Carra. Articolo che - sostengono sempre gli avvocati - varrebbe solo per le testimonianze e non durante i confronti tra le parti come quello tra Carra e il de Graziano Moro sulle mazzette per Enimont che ha fatto scattare le manette per Carra. Sul capitolo Cogefar-Fiat, aperto con le dichiarazioni rese a Di Pietro dal de Maurizio Preda, l'inchiesta va avanti. Così lasciano intendere, con la loro decisione di non scarcerare i due dirigenti del gruppo, i giudici di Tangentopoli. E intanto, da Berlino, il presidente della Fiat, Giovanni Agnelli, ha commentato per la prima volta pubblicamente l'arresto di Mattioli e Mosconi: «Si tratta di vedere quale credibilità viene data alla gola profonda milanese». Intende parlare di Preda?, gli chiedono i giornalisti. Risposta di Agnelli: «Sì, mi pare di sì». I giornalisti insistono, vo¬ gliono sapere se e quanto il presidente della Fiat sia preoccupato. «Le vicende giudiziarie sono sempre preoccupanti spiega Agnelli -, è come quando uno è sul tavolo operatorio, deve fare l'anestesia e spera che tutto vada bene». Ma, è l'ultima domanda, è d'accordo Agnelli con il detto tutto milanese secondo il quale se un giudice ti accusa di aver rubato la madonnina del duomo è meglio scappare? «No, non si deve fug¬ gire», è la risposta decisa di Agnelli che ha anche fatto sapere di valutare positivamente le iniziative del ministro Conso per disciplinare l'azione della magistratura. E l'avvocato Vittorio Chiusano, legale sia di Mattioli sia dell'ex amministratore delegato della Cogefar-Impresit Enzo Papi, ha deciso: costretto a scegliere chi difendere, ha fatto sapere d'aver rinunciato suo malgrado, per evitare rischi di incompatibilità, alla difesa di Papi mantenendo quella di Mattioli. Chiusano era stato invitato dalla procura milanese a scegliere la difesa di uno dei due suoi assistiti entro cinque giorni. E ieri, in una lettera spedita ai magistrati, ha spiegato il perché della sua decisione. A suo avviso non esistono problemi di incompatibilità tra le due difese ma, spiega Chiusano, la rinuncia alla difesa di Papi (che gli aveva scritto una lettera per esprimergli «la più ampia fiducia» ma anche per lasciarlo libero «di decidere come meglio ritiene») è maturata per evitare possibili strumentalizzazioni del caso. (r. i.] L'aw. Giovanni Agnelli
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